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Targa ricordo per Chet Baker nel trentennale della morte

Omaggio al grande musicista jazz americano, a cui è dedicato il "Forlì Jazz Festival" in svolgimento in vari punti e locali della città. Il ricordo del passaggio nel 1984

Nell'ambito del Forlì Jazz Festival, per il 30° anniversario della morte di Chet Baker (13 maggio 1988), nella notte tra sabato 13 e domenica 14 maggio, e precisamente alle 3 del mattino, presso il Petit Arquebuse, con la partecipazione di alcuni trombettisti jazz che suoneranno un breve omaggio per il loro mito-maestro, verrà scoperta una targa-ricordo, in memoria del grande trombettista, "volato" dal quarto piano dell'Hotel Hendrik di Amsterdam proprio a quell'ora, quando il cielo della ancora insonnolita città olandese cominciava ad imbiancarsi.
La targa ricorderà anche il passaggio di Baker da Forlì, l'1 marzo 1984, quando si esibì al Naima jazz club accompagnato da Michel Grailler al pianoforte, Enzo Pietropaoli al contrabbasso e Nicola Stilo al flauto.
Il direttore artistico del jazz club forlivese, Michele Minisci, ricorda che quando si recò nell'albergo del centro dove alloggiava il musicista per portarlo nel club dove la sua band stava già facendo il sound check, si trovò di fronte ad un'amara sorpresa.

Ecco il suo racconto: "Arrivato in albergo, colpo apoplettico: il portiere mi dice che «il signor Baker è appena uscito». Sull’ansia si accumula altra ansia, momento drammatico, spasmodico. Dove sarà andato? Mi precipito fuori, guardo a destra e a sinistra, con l’angoscia che mi si spande sempre più nel petto e mi prende la gola, ma non vedo nessuno con una custodia nera per tromba sotto l’ascella, un giubbottino grigio sulle spalle ricurve, jeans di velluto a coste un po’ scoloriti, il passo incerto e ciondolante, dentro i sui stivaloni da cow boy. La paura mi attanaglia le gambe: paura di averlo perso, infilato in chissà quale bar a bere un altro cicchetto, e di non ritrovarlo in tempo per il concerto, con tutte le conseguenze del caso. Il mio angelo custode, però, forse l’angelo di tutti i jazzisti, mi dice che devo andare a destra, verso Corso Garibaldi e non verso piazza Saffi. Mi incammino frettolosamente facendo capolino dentro i pochi bar del corso e… finalmente lo vedo: è dentro al piccolo barettino, oggi Petit Arquebuse, che sorseggia un bicchiere di Trebbiano, seduto con l’astuccio della tromba tra le gambe, lo sguardo fisso sul bicchiere, come se aspettasse qualcuno o dovesse solo far passare il tempo! Mi viene voglia di piangere, per un po’ mi si annebbia la vista e poi, dopo due o tre forti sospiri, mi avvicino con fare goffo e impacciato e dico a Chet, col mio inglese approssimativo, che sono il promoter del Naima club e che ci aspettano per il concerto. Lui fa solo un lieve si…con la testa, sussurra qualcosa che non capisco e si alza per seguirmi. Il resto è storia. Storia della musica in questa città, anche se non è stato un concerto «storico». Chet stava certamente bene, stava attraversando un buon momento, ma quello magico era già passato".

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