Tornano gli appuntamenti con L’Abbejazzario: si parte da un viaggio nel cinema con Stefano Zenni
In questa Quarta edizione, L’Abbejazzario, che finora ha indagato i movimenti e gli stili dei “giganti” che hanno costruito la storia della musica afroamericana, si apre all’universo poliedrico dell’arte in un intenso dialogo che ha portato il jazz in osmosi con altri mondi espressivi, il cinema, la letteratura, la danza, la pittura, un moderno quadrivio che anima suggestioni di senso, genera una dialettica di poetiche, canta un’esperienza umana ed artistica. Fin dalle origini il jazz ha calcato il proscenio della celluloide.
Stefano Zenni con «La leggenda del trombettista bianco», da colto Virgilio, accompagnerà musicisti, appassionati e curiosi in un viaggio tra Hollywood e il cinema italiano, inoltrandosi in un mondo in cui il jazz è stato spesso rappresentato secondo il cliché del trombettista bianco, bello e maudit, il quale dalla pagina scritta ha occupato lo schermo, finzione o documentario che fosse. Gregory Corso col suo «Requiem for “Bird” Parker» è una delle tante voci che hanno narrato con la modulazione metrica del verso un’ispirazione condivisa, come la pulsazione bop della prosa di Kerouac, la jazz poetry di Huges, seguendo il lirismo di un “albatros” che veleggia sull’orizzonte, in uno sfaccettarsi di linguaggi in cui la pagina si fa accordo armonia parola nella bellezza creaturale dell’hic et nunc. Liberare i corpi: la cultura afroamericana ha generato una tangibile relazione fra danza e jazz, dagli ottocenteschi Minstrel show, fortemente caricaturali e denigratori nei confronti del black people, al Foxtrot, scandito dal ragtime, allo swing del Lindy Hop, al jazz moderno, che è sembrato sostituire l’incedere coreutico con un movimento interiore, fin quando le avanguardie hanno ri-emerso nuove arcaiche figure di danza, a cui il funk ha dato contemporaneità e azione. Da questa partitura aperta Miles Davis ha tratto il pennello e ha portato i colori del suo fraseggio sulla tela, in una “corrispondenza di amorosi sensi” che ha legato fin dalle origini musica e arte: come Leonardo si dilettava col liuto, Kandinsky, Matisse, i futuristi italiani hanno creato opere di grande carica emotiva legate al jazz, fino all’instant painting, che al Verdi si ispirerà all’incedere delle note. Narratori - Zenni, Antolini, Pintori, Serrazanetti - e musicisti daranno spessore ad un’azione che genera un pentagramma di libertà espressiva, vera anima/soul di una musica che ha nell’improvvisazione la sua essenza fondativa.
Il gioco fra narrazione e musica sarà inaugurato lunedì 11 dicembre al Verdi di Forlimpopoli da Stefano Zenni, che, da colto Virgilio, guiderà musicisti, appassionati e curiosi ne «La leggenda del trombettista bianco». Sarà un viaggio tra Hollywood ed il cinema italiano, un inoltrarsi in un mondo in cui il jazz è stato spesso rappresentato secondo il cliché del trombettista bianco, bello e maudit, il quale dalla pagina scritta ha occupato lo schermo, finzione o documentario che fosse.
Stefano Zenni è uno dei maggiori musicologi italiani, specializzato in jazz e musiche africano americane. Fondatore e presidente della Società Italiana di Musicologia Afroamericana (SIdMA), insegna “Storia del jazz e delle musiche afroamericane” e “Analisi delle forme compositive e performative del jazz” presso il Conservatorio G. B. Martini di Bologna. È direttore artistico del Torino Jazz Festival e di MetJazz al Teatro Metastasio di Prato (dal 1998). Ha pubblicato, fra i tanti, libri su Louis Armstrong, Herbie Hancock, Miles Davis, Charles Mingus, “I segreti del jazz: una guida all’ascolto” (2008), una vasta e innovativa “Storia del jazz. Una prospettiva globale” (2012, in ristampa), e “Che razza di musica. Jazz, blues, soul e le trappole del colore” (2016). È stato consulente per i film “Io sono Tony Scott” di Franco Maresco (2010) ed “Enrico Rava, Note necessarie”, di Monica Affatato (2016). È stato collaboratore di Musica Jazz ed è tuttora conduttore di programmi di RaiRadio3 dedicati alla musica, non solo jazz.
Con lui sul palco ci saranno: Francesco Lento, talentuoso trombettista, dal mondo della sinfonica è approdato al jazz passando prima per Roma e poi per New York, portando, poi, la sua ricerca musicale e strumentale su prestigiosi palchi (Londra, Ronnie’s Scott), tanto che Paolo Fresu lo ha definito uno dei più brillanti talenti dell’attuale jazz italiano; Claudio Vignali, pianoforte, definito dalla critica come un musicista dotato di una tecnica straordinaria e di un tocco colmo di colori, con grandi doti interpretative, ha collaborato a livello internazionale con Joe Locke, Gretchen Parlato, Shawnn Monteiro, Rob Mazurek (con cui ha inciso “Rach Mode On”, 2019), e tanti altri, ed è stato spesso in tour anche in piano solo (Giappone); Francesco Ponticelli, uno dei contrabbassisti jazz più attivi in Italia, dotato di una cavata intensa, di un grande interplay ed in grado di costruire architetture musicali di raffinata caratura, è la colonna ritmico-armonica dei gruppi di Enrico Rava ed ha collaborato con Gianluca Petrella, Giovanni Guidi, Paolo Fresu, oltre a fondare gruppi a suo nome; Marco Frattini, batterista e compositore, possiede uno stile ricco e articolato, col gusto della poliritmia, si muove in diversi ambiti musicali, suonando sugli stages di importanti festival in tutto il mondo, e collabora a numerosi progetti, come C’mon Tigre, Mack, MightyQ (con Pasquale Mirra); “Empty Music” (2022) è il suo ultimo album da leader, dedicato alle songs di Chilly Gonzales.
BIGLIETTERIA: CONCERTO INTERO € 10, RIDOTTO € 8, UNDER 18 ingresso libero. ABBONAMENTO INTERO € 35, RIDOTTO € 25, UNDER 18 ingresso libero. RIDOTTO: soci Ass. Culturale dai de jazz APS - under 20
Gli abbonamenti potranno essere sottoscritti scrivendo a nicolacataldo@alice.it, oppure con SMS o WhatsApp al 340 5395208 o presso la biglietteria la sera del primo concerto.