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La neve è sempre più rara, "è un inverno sconcertante". C'è lo zampino del global warming

Della neve è rimasto infatti solo il ricordo, anche nelle cime dell'Appennino. Perchè questo inverno non è altro che un autunno prolungato

C'era una stagione fredda, chiamata inverno. C'era una volta la neve. Che in questi giorni viene ricordata con più frequenza sui social per il "nevone" del 2012 e per l'ondata di gelo di inizio febbraio del 1991. Della neve è rimasto infatti solo il ricordo, anche nelle cime dell'Appennino. Perchè questo inverno non è altro che un autunno prolungato. Nessun ruggito freddo del Generale, nessuna nevicata degna sulle vette. E il mese di gennaio, dopo aver ereditato il dicembre più mite dal 1950, si è distinto, manco a dirlo, per le sue temperature a tratti primaverili. "Le temperature medie in Romagna - spiega Pierluigi Randi, tecnico meteorologo di Emilia Romagna Meteo e vicepresidente dell'Ampro (Associazione Meteorologi Professionisti) - sono state decisamente superiori alla norma (1971-2000) con una anomalia di temperatura media di +2,3°C che lo colloca al sesto posto tra i più miti dal 1950, preceduto dai mesi di gennaio del 2014 (ben +3,9°C); 2018 (+3,5°C); 1988 (+3,3°C); 2007 (+3,0°C) e 2015 (+2,8°C)".

"Se notiamo, ad eccezione del gennaio 1988, tutti gli altri appartengono all’epoca recente o se vogliamo al nuovo millennio - chiarisce Randi - anche questo è un segnale piuttosto forte. Da notare come avere una anomalia termica su base mensile superiore ai 2°C, è comunque aspetto di notevole rilevanza climatologica, sufficiente a definire il mese come notevolmente mite". Ma è stato anche un mese assai poco piovoso: "In Romagna gli accumuli non hanno superato i 20 millimetri, ma in qualche caso sono stati anche inferiore ai 10 millimetri come in alcune aree del cervese, cesenate e riminese, quando ne dovrebbero cadere tra i 35 ed i 45 (pianure e costa). Questo corrisponde ad una anomalia climatica in termini percentuali di -65%, ovvero un mese secco oltre che mite, con soli 2 giorni con precipitazioni. Tuttavia, a livello stagionale, occorre tenere presente che in dicembre la piovosità fu del 63% superiore alla norma, per cui attualmente la stagione 2019-2020 viaggia si accumuli di precipitazione tutto sommato entro la norma. A patto ovviamente che nel corso di febbraio tornino le piogge".

Randi, è un autunno infinito per l'Appennino romagnolo. Che fine ha fatto la neve?
La situazione per certi versi è sconcertante, ma del resto non è la prima volta che accade negli inverni recenti. Fino ad ora l’inverno 2019-2020 è stato caratterizzato da precipitazioni anche consistenti in dicembre, ma con associate masse d’aria alquanto miti provenienti dall’atlantico o dal Mediterraneo occidentale con nevicate solo a quote elevate salvo una breve parentesi intorno alla metà del mese ma con accumuli modesti. Poi in gennaio ed in questo inizio di febbraio le alte pressioni sono state dominanti con scarse precipitazioni oltre alla presenza di aria ugualmente mite di origine sub-tropicale. Sta di fatto che in modo o nell’altro il nostro Appennino è in “sofferenza”.

Ricorda inverni così avari di neve?
In tempi recenti dobbiamo annoverare l’inverno 2015-2016, quello del 2013-2014 e quello del 2006-2007. Tuttavia alla fine degli anni ‘80 andò anche peggio, con gli inverni 1988-1989 e 1989-1990 che furono estremamente secchi per tutta la durata della stagione, per cui a quel tempo la situazione fu ancora peggiore di quella attuale, anche se il campo termico fu meno mite sebbene con temperature lo stesso superiori alla norma.

Cosa sta accadendo a questo inverno?
È un inverno completamente governato da un modello di circolazione che prevede l’ostinata presenza di una oscillazione nord-atlantica positiva (NAO+).

Cosa significa?
Che c'è una pressione più bassa del normale su nord Atlantico, Groenlandia ed Islanda, mentre è superiore al normale su Europa sud-occidentale e fino al bacino del Mediterraneo.

Quali sono le conseguenze?
In tal modo si stabilisce, tra i due centri barici, un intenso flusso di miti correnti da ovest o sud-ovest che respinge il freddo ben oltre il continente, o sulla calotta polare oppure sul comparto asiatico, senza che le masse fredde possano invadere l’Europa. Infatti l’inverno è stato fino ad ora assente su gran parte del continente e non solo in Italia. In altre circostante l’alta pressione sub-tropicale rimonta ancora più a nord invadendo tutta la penisola e portando lunghi periodi di stabilità e con circolazione di aria mite (eccetto le zone interessate dalle inversioni termiche che limitano un poco la mitezza di notte ed al primo mattino), come accaduto in gennaio ed in questo scorcio di febbraio.

Da un po' di anni a questa parte la stagione invernale è decisamente mutata.
Il perché tendano a prevalere inverni con NAO+ è legato al global warming, poiché in alta troposfera si ha un riscaldamento ai tropici (dovuto a un maggior rilascio di calore latente associato alla convezione) e un raffreddamento alle medie latitudini, dovuto a una maggiore emissività nella regione della tropopausa. Questo favorisce una corrente a getto d’alta molto forte e un vortice polare molto freddo compatto, come sta succedendo quest’anno. Tuttavia è difficile imputare al global warming un vortice polare robusto durante una sola stagione, se non fosse che negli inverni recenti sta accadendo sempre più spesso, a allora siamo in presenza di un segnale più confidente.

E anche nei prossimi giorni non ci saranno significative variazioni?
Sostanzialmente no, nel senso che proseguirà un tipo di circolazione simile a quelle delle ultime settimane, ovvero con prevalenza di alte pressioni interrotte saltuariamente da veloci onde depressionarie atlantiche; una di questa potrebbe giungere tra giovedì e venerdì della prossima settimana, associata ad un moderato peggioramento ma con calo termico assai modesto, tuttavia data la distanza temporale l’incertezza è inevitabilmente ancora elevata.

Qualche colpo di scena in extremis è possibile?
Certamente, basta ricordare quanto occorse tra fine febbraio ed inizio marzo del 2018, quando si ebbe una intensa ondata di freddo con nevicate anche in pianura e sulla costa. Attualmente non si scorgono segnali in questa direzione nella classica finestra temporale dei fatidici 7-8 giorni, ma l’inverno è ancora lungo.

C'è già una prima tendenza per la primavera?
Le ultime emissioni sugli scenari mensili e stagionali indicano una maggiore probabilità di un modello di circolazione primaverile simile a quello che sta caratterizzando la fase invernale attuale, quindi con temperature superiori alla norma e precipitazioni scarse, specie in marzo. Tuttavia occorre precisare che questo tipo probabilistico di scenario tende a mostrare una abilità di previsione superiore nelle stagioni principali (inverno ed estate), mentre quelle di transizione (autunno e primavera) caratterizzate da elevato dinamismo e maggiore variabilità, spesso mostrano un indice di affidabilità inferiore, dunque mai come in questo caso la prudenza è d’obbligo.

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