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Meteo, storia d'inverni d'altri tempi: il blizzard di Santa Lucia che paralizzò Forlì

Per tutti la data del 13 dicembre 2001 sarà ricordata per il "blizzard di Santa Lucia", storia di inverni d'altri tempi

Arrivò all'improvviso. In pochi minuti calò il buio, accompagnato da colpi di tuono e lampi. Fu quella che si può definire la "tempesta perfetta". E tanti forlivesi, e non solo, la ricorderanno per i notevoli disagi che comportò, paralizzando per molte ore la città. 13 dicembre 2001, data che resterà impressa nelle memorie degli appassionati di meteorologia. Per tutti quella data sarà ricordata per il "blizzard di Santa Lucia", storia di inverni d'altri tempi. Prima caddero pallini simili a pezzi di polistirolo (neve tonda), poi i fiocchi si moltiplicarono, spinti da violente raffiche di vento, imbiancando in pochi minuti la città e buona parte della Romagna con accumuli differenti. Era neve particolarmente polverosa, complice il gelo intenso e temperature al di sotto dello zero.

I GIORNI PRIMA DELLA TEMPESTA - L'arrivo della perturbazione nevosa era monitorato da una decina di giorni dagli esperti meteo, anche se fino all'ultimo non si sapeva con precisione dove avrebbe colpito. "Al di là dei quantitativi di neve caduta (nulla di eclatante), il fenomeno rimase impresso per la violenza dei fenomeni e l’intensità del vento di bora che accompagnò le precipitazioni - ricorda Pierluigi Randi, tecnico meteorologo di Emilia Romagna Meteo -. Il mese di dicembre 2001 fu alquanto freddo a partire dal giorno 7, quando lo sviluppo di un vasto anticiclone a tutte le quote sull'Europa centro settentrionale fece affluire sulla nostra penisola masse d'aria fredda e secca di origine polare continentale, le quali interessarono in particolare il versante adriatico e le regioni meridionali, laddove si ebbe un primo calo termico. La situazione rimase invariata fino al giorno 12, quando un'ulteriore pulsazione verso le latitudini artiche europee da parte dell'anticiclone, con isolamento di un massimo chiuso su Mare di Norvegia, favori la retrogressione in quota di un vortice di aria artica continentale, staccatosi già il giorno 8 dal comparto siberiano, su Russia occidentale".

IL 13 DICEMBRE - Chiarisce Randi: "Il vortice artico in quota (una goccia fredda in sostanza) continuò a muoversi verso ovest (effetto tunnel), determinando una struttura di blocco meteorologico a bicella (o rex block), e puntando verso il centro Europa ed arco alpino. Alle 19 locali del giorno 13 il vortice freddo di origine artica continentale in quota (circa 5200 metri) si portò, provenendo da Est-Nord-Est, su alto Adriatico e Triveneto proseguendo poi la sua corsa verso ovest, mentre su Europa occidentale e settentrionale rimase attivo un vasto promontorio anticiclonico all'origine della retrogradazione della goccia fredda. Ad essa furono associate correnti cicloniche da Nord Ovest che si disposero in seguito da Sud Ovest ed infine da Sud Est, apportando masse d'aria molto fredda ed instabile, favorevoli all'innesco di precipitazioni convettive (rovesci temporaleschi). All'interno del nocciolo artico si ebbero temperature di circa -41°C alla quota di circa 5200 metri, valore molto basso anche in relazione al periodo (inizio dell'inverno meteorologico)".

GLI EFFETTI - "Sul nostro territorio infatti si manifestarono temporali sparsi, talora anche di forte intensità, che dal ferrarese e fascia costiera si propagarono, tra il tardo pomeriggio e la serata, verso il resto della regione, accompagnati da forti venti di bora, con raffiche prossime ai 100 chilometri orari sulla costa e superiori ad 80 chilometri orari sulle zone interne - ricorda Randi -. I quantitativi di neve caduti in Romagna furono molto irregolari a causa della natura convettiva dei fenomeni (temporali), oscillando da un lieve accumulo al suolo inferiore ai 5 centimetri a massimi locali anche di oltre 15 centimetri".

La città rimanese paralizzata ore. Strade ghiacciate, complice il repentino crollo delle temperature sotto lo zero, e difficoltà negli spostamenti sull'intera rete viaria. "Il vortice si allontanò poi ulteriormente verso ovest lasciando spazio ad un miglioramento del tempo, ma nei bassi strati rimase una massa d’aria alquanto fredda che, in associazione alla copertura nevosa al suolo, favorirono temperature minime molto basse, fino a -10/-11°C sulle pianure del ravennate e del forlivese", conclude Randi nel suo ricordo. Il freddo rimase piuttosto intenso fino a fine mese, e tra i giorni 26 e 27 una perturbazione atlantica fece scorrere aria mite ed umida sopra lo strato freddo costituitosi in precedenza; si ebbero nuove nevicate (in questo caso da scorrimento) con depositi al suolo più omogenei.

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