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Altro che ottobre, è "l'82 agosto": continua il caldo anomalo. E l'inverno potrebbe essere mite e avaro di piogge

Il confronto con lo scorso anno è impietoso. Lunedì la punta massima tocca sul crinale, a quota 1658 metri, è stata di 14°C

Esattamente un anno fa sulle vette della Campigna arrivò la prima neve. Il confronto col 2019 è impietoso. Lunedì la punta massima tocca sul crinale, a quota 1658 metri, è stata di 14°C. L'ottobre romagnolo continua a vestire estivo, con t-shirt e camice ancora in voga e maglioncini e cappotti costretti alle ferie forzate negli armadi. Ironicamente si può dire che più che il 22 ottobre è l'82 agosto. Negli ultimi dieci giorni a Forlì la massima è stata costantemente oltre i 20°C, col picco registrato lunedì di 26,1°C, una temperatura che normalmente si respira ad inizio settembre. E la situazione non è destinata a cambiare. Uno scenario decisamente anomalo, che se da un lato può sembrare piacevole, con la possibilità di trascorrere più ore all'aria aperta, dall'altro è preoccupante per gli effetti che possono ripercuotersi sulla natura, ritardando le normali fasi vegetative e provocando un aumento degli insetti. 

Pierluigi Randi, tecnico meteorologo di Emilia Romagna Meteo e Meteocenter e vicepresidente dell'associazione Ampro, è un mese di ottobre che di autunno ha davvero poco, almeno qui in Romagna. Cosa sta accadendo e a cosa è dovuta questa anomalia?
Indubbiamente, a parte una temporanea e relativa fase fresca ad inizio mese, successivamente si sono osservate temperature anormalmente elevate per il resto del periodo. Lo sprofondamento in Atlantico di profonde aree di bassa pressione, ha attivato per un lungo periodo flussi di aria molto calda di origine sub-tropicale che hanno alimentato robusti anticicloni che dal nord Africa hanno poi invaso il Mediterraneo, apportandovi condizioni stabili e con temperature in progressivo aumento fino agli eccessi dell’ultimo periodo. Anche negli ultimi giorni lo scenario si è ripetuto: affondo depressionario su penisola iberica e Marocco/Algeria, con risposta di correnti molto calde che hanno invaso la penisola, coadiuvate in questo dalla presenza di un’alta pressione sui Balcani. È un modello di circolazione che non è anomalo in chiave autunnale, ma sono anomale le temperature osservate per l’affluire di masse d’aria molto calde in relazione al periodo.

Un caldo che può sembrare gradevole e che ritarda la fine di quella che può essere chiamata ancora estate. Ma è inevitabile che porta una lunga serie di problemi...
Esattamente. Un esempio lo abbiamo in queste ore sul nord-ovest italiano, laddove il passaggio di un ‘normale’ fronte perturbato atlantico, ma su bassi strati molto caldi e temperature dei mari italiani insolitamente elevate, ha innescato temporali rigeneranti e quasi stazionari molto severi causa eccesso di energia disponibile per la convezione, con ingenti quantità di pioggia. Ma poteva accadere anche il altre zone, compresa la nostra, anche se in queste circostanze e con questo tipo di circolazione sono sempre le aree nord-occidentali della penisola a rischiare di più. Se limitiamo lo sguardo alla nostra regione le conseguenze sono, per ora, concentrate su temperature troppo elevate, scarse precipitazioni (da noi prevale la componente anticiclonica dell’afflusso caldo) ed una alterazione dei cicli vegetativi, in un periodo nel quale la flora dovrebbe “prepararsi” per la dormienza invernale.

Quando è previsto un ritorno alla normalità?
Nonostante il picco di intensità sia stato toccato nella giornata di lunedì, con temperature massime comprese tra 26 e 27°C sulla Romagna interna e sui 24°C sulla costa (vale a dire 7/9°C al di sopra della norma climatologica della terza decade di ottobre), il campo termico rimarrà sopra la normalità ancora per alcuni giorni, almeno fino al giorno 28, con temperature sempre elevate a parte gli effetti di nuvolosità stratificata intermittente che potrà a tratti limitare il rialzo termico diurno. Poi si nota un segnale più freddo indicativamente a partire dal giorno 29, ma la cui entità e durata appare ancora incerta, necessitando quindi di conferme.

Ormai siamo a due terzi di autunno meteorologico e si sono viste davvero poche piogge. A quanto ammonta il deficit pluviometrico?
Nel mese di settembre abbiamo riscontrato un deficit pluviometrico (rispetto alla norma climatologica di periodo 1971-2000) di circa il 25%, cui va a sommarsi un ammanco di circa il 50% nel mese di ottobre fino al 22 ottobre, per cui, considerando fin qui l’autunno meteorologico, possiamo attribuire a questo scorcio di stagione 2019 un deficit medio compreso tra il 35 ed il 40% a seconda delle zone. In realtà è successo anche di peggio, come ad esempio negli anni 2001-2006-2009-2011 (per rimanere nel nuovo millennio), ma è evidente che fino ad ora l’autunno si sta dimostrando avaro di precipitazioni, peraltro nella stagione che dovrebbe essere quella più piovosa dell’anno.

Cosa possiamo attenderci per l'ultima parte della stagione?
Ad oggi i segnali che si notano sulle tendenze a lungo termine, riguardano scenari medi con un andamento termico più vicino alla normalità ed una ripresa delle precipitazioni, anche se è difficile al momento prevedere se esse potranno eventualmente riequilibrare l’ammanco fino ad ora accumulato. Ovviamente si tratta di “scenari” su scala piuttosto ampia, quindi vanno considerati con la giusta cautela.

E' già possibile avere una tendenza per l'inverno in arrivo?
Sempre in tema di scenari stagionali, il segnale predominante è su un inverno governato da Nao (oscillazione nord atlantica) positiva, quindi con pressione più bassa del norma su nord Atlantico (incluse Islanda e Regno Unito); e pressione più elevata su area mediterranea e centro-est Europa, il che implicherebbe una stagione mite e poco piovosa. Tuttavia esiste una notevole incertezza sull’esatto posizionamento (a livello medio trimestrale) della fascia delle alte pressioni sub-tropicali, le quali potrebbero, specie nella seconda parte della stagione, osservare una maggiore tendenza a migrare verso nord, il che esporrebbe i Balcani e le regioni centrali adriatiche e meridionali italiane, a rientri freddi continentali da nord-est. Non a caso molti inverni caratterizzati da Nao ampiamente positiva sono stati a volte anche relativamente freddi su queste zone, per cui l’incertezza appare maggiore proprio su area Mediterranea e settore balcanico, ove lo spread delle ensemble di molti modelli appare il più elevato.

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