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Agricoltura, l'allarme dell'Ugl: "Il capolarato è un problema anche in Romagna"

Mattei è stato impegnato in un tour nel territorio, incontrando i rappresentanti sindacali ed i lavoratori delle principali imprese del settore agricolo e avicunicolo

“Il cosiddetto caporalato, lo sfruttamento della manodopera in agricoltura è un fenomeno presente in tutto il territorio nazionale, non è più solo nel Sud, ma anche nelle regioni del Nord. A nostro giudizio bisogna intervenire in maniera urgente e puntuale su alcune questioni: riconoscere la responsabilità penale delle imprese che accettano di sfruttare manodopera irregolare, prevedere forme di tutela per i lavoratori dei campi privi di permesso di soggiorno che denunciano gli sfruttatori, estendendo anche a essi il diritto al permesso di soggiorno , in deroga alla Bossi/Fini” , in quanto vittime di sfruttamento da lavoro analogamente a quanto previsto nella legge per le vittime dello sfruttamento sessuale”. Sono queste alcune considerazioni del segretario nazionale dell’Ugl Agroalimentare, Paolo Mattei.

Il sindacato Ugl, spiegano Emanuela Del Piccolo, segretario dell’Utl dell' Ugl di Forlì-Cesena e Rimini e di Nicola De Blasio, segretario provinciale Ugl Agroalimentare di Forlì-Cesena, "è impegnato attivamente nella lotta al caporalato , al sotto-salariato ed al lavoro nero in agricoltura e questa estate si è distinto anche in Romagna attraverso la campagna #ilsilenziouccide con la mobilitazione – articoli, lettere aperte e tavoli in piazza - dell'Ugl di Forlì-Cesena e Rimini. Una recente inchiesta ha accertato l'utilizzo di immigrati clandestini utilizzati come manodopera in alcune aziende agricole romagnole , dell'area della provincia di Forlì-Cesena , per un compenso da 3/4 euro l’ora, con persone che per aver lavorato anche 16 ore al giorno hanno guadagnato 30 euro in tutto".

Del Piccolo e De Blasio citano il rapporto “Terra ingiusta” presentato quest'estate dall’associazione Medici per i diritti umani: "Il lavoro sommerso, da nord a sud della penisola, riguarda il 32 per cento del totale dei dipendenti del settore agricolo, di cui circa 100 mila sono sottoposti a gravi forme di sfruttamento e costretti a vivere in insediamenti malsani e fatiscenti. Stando ai dati aggiornati al primo ottobre dell’anno scorso il lavoro nero in Regione Emilia-Romagna si attesta al 52%. Per lo più l’ irregolarità riguarda giovani precari e stranieri e come dimostrato nell’ inchiesta contro le ‘ndrine in Emilia è inoltre emerso tra l’altro il fenomeno del “caporalato col pizzo mafioso” con imprenditori agricoli che truccavano le assunzioni con buste paga false, consulenti che organizzano le clientele bisognose di immigrati, professionisti che producono le false retribuzioni".

“Il fenomeno del lavoro nero e del sottosalariato che si sta diffondendo in maniera sempre più crescente e rappresenta la scorciatoia più diffusa per affrontare il delicato momento di crisi che sta vivendo il settore ortofrutticolo romagnolo. Troppi sono i lavoratori e braccianti agricoli vittime di questa situazione nella nostra provincia", ha chiosato Del Piccolo. “Auspichiamo - ha concluso il segretario nazionale dell’Ugl Agroalimentare Mattei – un rapito intervento del governo in materia, dopo i tanti annunci fatti, ad oggi dobbiamo purtroppo constatare che s'è dimostrato del tutto sordo al problema”. Mattei è stato impegnato in un tour nel territorio, incontrando i rappresentanti sindacali ed i lavoratori delle principali imprese del settore agricolo e avicunicolo. 

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