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Politica

L’Unione degli Universitari di Forlì a Roma al corteo della Cgil

"Perché non possiamo più permetterci un governo che ignori le nostre istanze, non possiamo permetterci di restare in silenzio davanti all’ennesimo massacro dei diritti in questo Paese"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

"Sabato l’Unione degli Universitari di Forlì scenderà in corteo a Roma, insieme alla Cgil di Forlì, per protestare contro le politiche di questo governo su lavoro e istruzione. Perché non possiamo più permetterci un governo che ignori le nostre istanze, non possiamo permetterci di restare in silenzio davanti all’ennesimo massacro dei diritti in questo Paese. Perché non si tratta di aderire a una sigla o un’altra, ma di scendere in piazza tutti insieme, giovani, universitari, studenti medi, ricercatori, tirocinanti, precari, disoccupati, meno giovani, pensionati, lavoratori di ogni tipo, tutti a difendere i nostri diritti, diritti alla dignità e al lavoro, e a lottare per il Paese che vogliamo, perché da questa crisi non ne usciremo se non tutti uniti.

Viviamo ogni giorno nei luoghi dell’istruzione e della formazione, nelle nostre scuole e nei nostri atenei, sempre più chiusi, più vuoti e dequalificati, lentamente prosciugati da anni di tagli e riforme devastanti. Vediamo aumentare le tasse universitarie, i contributi “volontari” delle scuole e contemporaneamente ridursi le borse di studio e i servizi. Viviamo in case con affitti esorbitanti e spesso senza contratto, o in studentati che ogni anno rischiamo di perdere, o in convitti che non rispettano le norme di sicurezza sull’edilizia scolastica. Sappiamo che il mercato del lavoro da sempre meno importanza ai nostri diplomi e alle nostre lauree e stiamo perdendo anche solo l’ambizione di realizzarci nel lavoro che desideriamo, per il quale ci stiamo formando.
 
Attraversiamo luoghi di lavoro dove conosciamo quasi solo precarietà e sfruttamento: negli studi professionali degli avvocati, degli architetti o degli ingegneri, nelle università, nei centri di ricerca, nelle aziende e negli enti pubblici, nelle redazioni dei giornali e negli ospedali. Abbiamo conoscenze e competenze, titoli di studio ed esperienze lavorative, ma non abbiamo diritto al futuro. Siamo la generazione Erasmus: chi di noi ha potuto permetterselo, ha conosciuto coetanei di tutta Europa che sono già indipendenti, studiano e lavorano, hanno una casa o uno studentato, sconti, agevolazioni e sostegno. Giovani, come noi, che sono tutelati mentre studiano e hanno contratti e salari adeguati per il loro lavoro; hanno prospettive e futuro.

Ma siamo anche la generazione che diventa adulta nella Crisi, che vede la Grecia morire di Austerity e il nostro Paese perennemente minacciato, e che ormai rischia di guardare all’Europa come ad un entità estranea, più che ad una grande identità collettiva.
Viviamo in un Paese che negli ultimi 20 anni ci ha relegato ad una prospettiva di precarietà e disillusione, che ha creato sfiducia nel presente e paura del futuro. Un Paese che ha smesso di investire nell’istruzione e nella ricerca, a causa di una classe politica miope e incapace di comprenderne il ruolo fondamentale nello sviluppo complessivo della nostra società, nel formare cittadinanza attiva e nel creare e mettere in moto conoscenze, idee ed innovazione.

Governi di centrodestra, tecnici, economisti “illuminati” e illustri editorialisti hanno costruito sapientemente l’immagine di un Paese che non ha bisogno di laureati e ricercatori, perché “facciamo le scarpe più belle del mondo”, descrivendo le nostre scuole e università come fonti di spreco, i nostri insegnanti come parassiti dello Stato, noi, giovani e studenti, come bamboccioni svogliati e ostili al merito. Ci hanno raccontato per anni che il solo modo di creare lavoro per i giovani era renderlo precario, che non dovevamo essere “choosy” e accettare qualsiasi lavoro a qualsiasi salario, anche a 4 euro l’ora in nero, anche se abbiamo una laurea, un master, un dottorato.

Il premier Renzi ha promesso di cambiare verso, di ripartire dalla scuola e dai giovani, riempiendo i suoi slogan di parole come “speranza” e “futuro”, ha annunciato riforme epocali in nome e per conto delle nostre generazioni. Ma al di là degli annunci mediatici, il suo governo di larghe intese sta producendo nuovi tagli all’istruzione e una riforma del mercato del lavoro perfettamente coerente con le politiche fallimentari degli ultimi anni: Nascondendosi dietro i giovani e una falsa idea di cambiamento, si attaccano alcuni diritti fondamentali dei lavoratori, provando ad introdurre una totale libertà di licenziamento, demansionamento e controllo dei lavoratori e delle lavoratrici.

Si ripete che il mercato del lavoro è diviso tra pochi tutelati e una maggioranza di lavoratori, soprattutto giovani, privi di diritti. Ma ancora una volta invece di estendere a tutti diritti e garanzie e creare strumenti universali, si vogliono eliminare le tutele esistenti, precarizzando ulteriormente il lavoro. Se non si eliminano altre forme di contratto precario, il contratto unico a garanzie crescenti resterà uno strumento inutilizzato, perché non conveniente per le imprese; e solo qualche mese fa con il decreto Poletti si è reso il contratto a tempo determinato ancora più precario, eliminando l’obbligo di causale e prevedendone fino a 5 rinnovi e proroghe illimitate.

Le stesse “garanzie crescenti” possono facilmente tradursi in una totale assenza di garanzie nei primi anni di lavoro, il che, unito alla libertà di licenziamento, significherebbe dare altri strumenti alle imprese per assumerci e poi ”mandarci a casa” senza nessuna prospettiva reale di stabilizzazione. Fin da studenti sappiamo che entreremo nel mercato del lavoro senza prospettive di lungo periodo e soprattutto, senza la garanzia di diritti fondamentali come la maternità o la continuità di reddito nei periodi di disoccupazione involontaria, soprattutto per chi inizia la propria esperienza lavorativa con le forme contrattuali più precarie.

E molto poco si fa, nelle intenzioni del Governo, per dare tutele ai tanti e alle tante di noi che entrano nel mercato del lavoro con le Partite IVA, ormai dominanti in molti settori. Così strutturata, questa condizione si presta ad abusi continui, privando da un lato le vere Partite IVA di strumenti di tutela adeguati, e permettendo, dall’altro, di mascherare forme di lavoro dipendente come lavoro autonomo. Moltissimi giovani architetti, avvocati, ingegneri, infermieri o archeologi si ritrovano a dover aprire una partita IVA, nonostante siano a tutti gli effetti dipendenti di uno studio professionale. Mentre molti altri, dai grafici ai giornalisti free lance, dai traduttori a tutte le nuove professionalità legate al web, alla comunicazione, alla moda e alla cultura, lavorano effettivamente come professionisti autonomi, ma con condizioni retributive e contributive da fame.

Sul fronte dell’ istruzione si continua, invece, con le politiche di tagli e riduzione della spesa che rischiano di privare altre migliaia di studenti dei loro diritti: il Decreto “Sblocca Italia”, infatti, contiene una norma che consente alle Regioni di inserire i fondi per le borse di studio sotto Patto di Stabilità, il che significa mettere a rischio l’erogazione di quasi 50.000 borse di studio, mentre in legge di stabilità sarà inserita una spending review di oltre un Miliardo al Ministero dell’Istruzione, con tagli su università e ricerca a settori ancora da identificare. Nel tanto decantato Piano Scuola, poi, manca completamente la volontà di garantire un reale sistema di Diritto allo Studio a tutti gli studenti e le studentesse.

Non possiamo permetterci altri tagli all’istruzione e al diritto allo studio, perché scuole e università sono risorse indispensabili di tutta la società. Non possiamo permetterci un Paese che non ci da prospettive e non investe su di noi, sulla nostra formazione e sulle nostre capacità, perché non vogliamo scappare per poterci realizzare. Non possiamo permetterci di vivere nella precarietà, perché ci impedisce di investire sui nostri desideri e sulle nostre aspettative. Non possiamo permetterci di barattare i nostri diritti con quelli degli altri, perché li vogliamo per tutte e tutti. Non possiamo permetterci che qualcun altro parli e decida per noi, usandoci come uno slogan mediatico, perché abbiamo bisogno di un cambiamento vero. Per chiedere questo cambiamento, saremo in piazza il 25 Ottobre a Roma, al fianco dei lavoratori, e di tutti quei giovani come noi, che pretendono dal Governo ascolto e reale confronto. Perché non possiamo permetterci di non avere diritti, non possiamo permetterci di non avere futuro".

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