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Inaugura la chiesa di San Giacomo: "Ecco la storia del restauro, volevano farne un teatro"

Sabato sarà inaugurata la chiesa di San Giacomo, facente parte del complesso del San Domenico. L'associazione Italia Nostra saluta con gioia e favore questo evento, atteso da anni

Sabato sarà inaugurata la chiesa di San Giacomo, facente parte del complesso del San Domenico. L'associazione Italia Nostra saluta con gioia e favore questo evento, atteso da anni e intende manifestare  "l’orgoglio di avere contribuito, se non determinato, questo risultato straordinariamente importante per la nostra città". Nello stesso tempo intende narrare e rendere nota la vicenda che ha determinato questo evento, caduta nell’oblio o non conosciuta da molti cittadini, cresciuti negli anni successivi agli eventi che l’hanno preceduta, raccontando una storia che ha appassionato e coinvolto la città da ormai 40 anni.

"Fin dal lontano 1982 a Forlì, per molto tempo si è discusso di un progetto (fortunatamente poi abbandonato) per la costruzione di un teatro all'interno del complesso conventuale del San Domenico, che lo avrebbe devastato mettendo il palcoscenico nella chiesa, suddividendola in piani per realizzare i camerini nell'abside su più livelli,  collocando la platea nel primo chiostro cinquecentesco, ricoprendo e con una pesante copertura in acciaio e vetro - ricordano i membri di Italia Nostra -. Un forte movimento, dapprima locale, poi sostenuto da intellettuali, scrittori, architetti, storici tra i quali Benevolo, Cederna, Insolera, Salzano, Giuralongo, Cervellati, Elena Croce e tantissimi altri, promosso da Italia Nostra e dai Verdi, seppe contrastare fra mille difficoltà un intervento devastante che aveva ottenuto incredibilmente il parere positivo sia della locale Soprintendenza sia del Comitato di Settore e che era stato addirittura in parte finanziato. Si trattava di difendere non solo un monumento storico bensì  gli stessi principi del restauro che si  pretendeva di affossare affermando il diritto dei progettisti di "lasciare il loro segno"  scardinando norme di legge, prescrizioni di piani regolatori, Carta del Restauro e perfino il buonsenso".

"Il progetto fu alla fine bloccato dapprima da un provvidenziale intervento di Andrea Emiliani che impose, prima dei lavori, di restaurare gli elementi decorativi della chiesa piazzando a tale scopo un cantiere scuola al suo interno  e successivamente dalla Regione che con Felicia Bottino cancellò la previsione dell'inserimento del teatro nel complesso conventuale perché in contrasto con la legge regionale urbanistica. Dopo la clamorosa bocciatura l'amministrazione fu costretta a cambiare diametralmente propositi - ricordano gli esponenti dell'associazione - e ad avviare il tanto richiesto intervento di restauro, destinando chiesa e convento a musei e luogo espositivo per le annuali mostre. Il San Giacomo restaurato costituisce la seconda fase di un intervento generale che deve riguardare tutto il complesso conventuale e la sua area esterna di antica pertinenza, la piazza Guido da Montefeltro. La vittoria non è stata però completa: infatti inizialmente negli anni '82 - '85 accanto al San Domenico, su 11mila mq nell'area degli orti del convento, denominata Piazza Guido da Montefeltro, è stato costruito un  parcheggio, definito a suo tempo " bunker", che manomette una parte importante della città, altera la percezione della Chiesa e del convento impedendone la vista. L'amministrazione, dopo avere inizialmente approvato un Piano Particolareggiato che prevedeva la demolizione dell'intero manufatto, costituito da due parti, un parcheggio scoperto e uno seminterrato con sovrastante piazzale denominato "barcaccia" , ha cambiato idea e pretende di eliminare una parte sola del parcheggio scoperto conservando la "barcaccia" e il parcheggio seminterrato, cioè le parti che maggiormente manomettono i luoghi e invadono le antiche strade e impediscono la percezione e la visuale degli edifici circostanti. In città è diffusa e sostenuta l'idea di completare l'opera di restauro e di attuare un intervento di recupero urbano che riguardi l’intera area demolendo totalmente parcheggio e barcaccia e realizzando un giardino che ripristini idealmente gli antichi orti conventuali".

"Mentre ci complimentiamo per il completamento del restauro del San Giacomo, che si aggiunge e integra il San Domenico ed i musei, vogliamo ricordare chi ha contribuito, se non determinato,  questo risultato straordinariamente importante per la nostra città.  Al momento dell’inaugurazione del restauro del convento, nel 2006, il sindaco Masini così si espresse: “ Sono passati ormai quindici anni da quando, contestualmente ai primi cantieri di consolidamento delle strutture e degli apparati decorativi, fu pubblicato il volume sul San Domenico di Forlì, che oggi rinnova e perpetua la sua presenza attraverso l’iniziativa editoriale promossa da Comune. Andrea Emiliani, protagonista tenace e prudente non solo del vivace dibattito culturale ma anche della concreta realizzazione di quei primi restauri, colse ed interpretò lo spirito di quella architettura, e presentò alla città il primo studio sul grande complesso conventuale deomenicano, individuando nel legame fra il luogo e la città la giusta chiave per la lettura della storia e per la proposizione delle azioni future” - ricorda l'associazione  -. Lo stesso Andrea Emiliani nella prefazione alla seconda edizione del libro sul “Il San Domenico di Forlì” scrisse: “Dopo quindici anni, un tempo breve se messo a confronto con l’infinita odissea che tocca alle imprese pubbliche e soprattutto a quelle culturali, il grande convento di San Domenico a Forlì si mostra al vertice della sua restaurata perfezione strutturale e funzionale. L’eccezione va fatta per l’edificio della chiesa, quello dove il crollo parziale del 1978 richiede un altro metodo di lavoro ed anche altre risorse. Ritengo un fatto di straordinaria importanza che il percorso di restituzione del San Domenico alla comunità civica si sia concluso in modo tanto sollecito e per giunta nonostante la risacca di una certa quantità di discussioni in merito alla destinazione d’uso del luogo. A mio modo di vedere, e dopo un quarto di secolo in totale, si può ben dire che – per quanto acerbe – le discussioni di contenuto e di tono alto come furono quelle sostenute da Italia Nostra possono giovare al futuro del problema”".

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