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Morti in mare, Forlì Città Aperta: "Ci chiederanno perché siamo stati a guardare"

"170 persone lasciate affogare in mare. Un altro centinaio respinto in Libia, condannandoli ad altra prigionia, altri stupri, altre torture" si legge nel comunicato

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

170 persone lasciate affogare in mare. Un altro centinaio respinto in Libia, condannandoli ad altra prigionia, altri stupri, altre torture. 47 persone che si sono salvate dal mare, e che in queste ore sono bloccate in un porto in attesa che il governo dia il via libera allo sbarco. Oltre mille persone morte nel Mediterraneo solo nell'ultimo anno, meno partenze ma percentuali di morte che hanno sfiorato il 20 % nel mese di settembre. Persone volutamente lasciate a morire in mare nel tentativo di usare la morte di uomini donne e bambini come deterrente per chi ancora spera di riuscire a raggiungere la fortezza Europa.

Così la Libia viene descritta da chi ha avuto la sfortuna di doverla attraversare: "meglio morire in mare che stare in Libia. In mare si muore una volta sola, se stai in Libia è come se morissi tutti i giorni”. L'UNHCR parla di "atrocità indicibili" compiute in Libia e di persone vendute come schiavi. Ciò che è avvenuto in mare negli ultimi giorni non è solo illegale secondo le leggi internazionali e il diritto del mare, è totalmente immorale. Gli ultimi governi si sono macchiati di crimini terribili contro i migranti: a partire dal 2008 con il patto tra l’allora ministro dell’interno Maroni e il governo di Gheddafi, sino al famigerato Memorandum di intesa tra Gentiloni e il ministro del governo di unità nazionale Serraj del febbraio 2017, che ha scambiato la vita di migliaia di persone per una effimera concezione di “sicurezza”. E l’attuale "governo del cambiamento" usa in modo aperto e sguaiato la morte e la sofferenza delle persone come strumento di propaganda interna e di pressione internazionale.

Nessuna considerazione per la vita delle persone. Nessun sentimento di sgomento di fronte ai racconti di sofferenze inimmaginabili. Nessun rimorso di fronte alla consapevolezza di essere la causa diretta di morte e di crimini terribili. Crimini che al Consiglio di sicurezza ONU del novembre 2017 sono stati definiti da alcuni governi “crimini contro l’umanità”, e che rendono la collaborazione tra il nostro governo, l’Unione Europea e la guardia costiera libica un atto disumano.  All'interno dei tanto osannati confini italiani le cose non vanno meglio, la legge (in)sicurezza targata Salvini sta creando migliaia di irregolari, condannando all'esclusione sociale decine di migliaia di persone, tagliando all'osso i fondi per l'accoglienza, rendendo impossibile ogni tipo di lavoro per favorire l'integrazione, e arrivando a spostare persone in qua e in là per l'Italia come fossero pacchi. Poco importa se vivessero in un territorio da anni, se avessero costruito legami, trovato un lavoro: una mattina arrivano i soldati, dividono uomini, donne e bambini, e li caricano su di un bus senza alcuna spiegazione, senza nemmeno informarli su dove sono diretti.

Ma la parte peggiore di tutto questo è che il cinismo criminale dei Salvini, Toninelli, Di Maio, e senza dimenticare Minniti, sta ammorbando la società tutta.Leggiamo di bambini annegati e non ne veniamo sconvolti; leggiamo di torture e stupri in Libia e la cosa non ci tocca. Hanno disumanizzato i migranti, rendendoli non persone, entità astratte ed ostili per cui non è doveroso provare nessun tipo di empatia.

In questi giorni si celebra il giorno della memoria, si ricordano i crimini terribili compiuti dal nazi-fascismo, la strage di ebrei, omosessuali, popolazioni rom e sinti e dissidenti politici. In questi giorni sentiamo spesso persone chiedersi come sia stato possibile, a quel tempo,stare a guardare queste terribili atrocità senza reagire, senza ribellarsi. Se non ci opponiamo oggi a questa deriva razzista e disumanizzante, se non scenderemo nelle piazze a ribadire la nostra contrarietà, se in ogni strato della società non disobbediremo a queste leggi ingiuste, se non ci ribelleremo, tra trenta quaranta anni ci chiederanno come abbiamo potuto tollerare quello che i nostri governi stanno facendo ai migranti, come abbiamo potuto stare a guardare.


Roberto Grillini per Forlì Città Aperta

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