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Manifesti anti-aborto a Forlì, si accende il dibattito politico

"Paragonare la pillola abortiva RU–486 ad un veleno, oltre che una bufala, è un chiaro segnale della volontà di togliere la libertà di scelta alle donne", affermano i dem

Il Pd Forlivese sottoscrive convintamente l’appello delle associazioni del territorio per la rimozione dei manifesti prodotti dall’associazione “Pro Vita e Famiglia”. "Come già accaduto in altre città, anche a Forlì chiediamo al sindaco Gian Luca Zattini che non permetta un ritorno al Medioevo, lasciando affissi manifesti che vanno esplicitamente contro una legge dello Stato e anche contro ogni evidenza scientifica - affermano Daniele Valbonesi, segretario territoriale del Pd forlivese e Maria Teresa Vaccari, segretaria comunale Pd Forlì -. Paragonare la pillola abortiva RU–486 ad un veleno, oltre che una bufala, è un chiaro segnale della volontà di togliere la libertà di scelta alle donne: nell’appello viene ribadito infatti come l’Oms la includa tra i medicinali essenziali".

"Nel 2020, dopo gli sforzi fatti per arrivare nel 1978 all’approvazione della Legge 194, un messaggio di questo tipo, oltre che anacronistico, è violento ed inaccettabile, ancor più grave se considerata la laicità dello Stato italiano - proseguono i dem -. Speriamo che anche il Comune di Forlì voglia dare un’immagine di civiltà, tutelando i diritti di ogni cittadino, indipendentemente dalle proprie posizioni ideologiche, provvedendo al più presto all’eliminazione di quella pubblicità oscena. Ricordiamo che essere #dallapartedelledonne, come recita l’hashtag scelto per quella campagna pubblicitaria, non significa strumentalizzarne il corpo, non significa privarle di un diritto sancito dalla legge, né, tantomeno, metterne in discussione la libertà di scelta".

Forlì&co

Commenta invece il capogruppo di "Forlì&co", Federico Morgagni: "Se la violenza dell'immagine e la bieca strumentalizzazione del corpo femminile appaiono purtroppo in linea con i consueti metodi delle frange integraliste impegnate in crociate contro le donne e la legge 194, ciò che contraddistingue questi manifesti è la grossolana falsificazione della realtà e la scoperta disinformazione. Lungi dall’essere pericolosa per la salute, la Ru-486 è stata autorizzata dalle Agenzie sanitarie competenti a livello comunitario e italiano, ed è correntemente utilizzata in molti Paesi. La stessa Organizzazione mondiale della sanità l’ha inserita nella lista dei farmaci essenziali, poiché permette di ricorrere all'interruzione volontaria di gravidanza evitando l'intervento chirurgico e l’ospedalizzazione. Di conseguenza i manifesti in questione, oltre a rappresentare un ennesimo tentativo di minare la Legge 194, di cancellare l'inalienabile diritto di scelta delle donne e di resuscitare l’epoca degli aborti clandestini, costituiscono un grave caso di disinformazione antiscientifica, che non può essere minimizzato con richiami alla libertà di espressione. Alla luce di ciò, molti Comuni italiani nei quali tali manifesti sono stati affissi hanno provveduto alla loro rimozione".

"A Forlì la loro comparsa si inserisce in un clima di crescente attacco alla parità di genere e ai diritti civili che ha contrassegnato l'ultimo anno, anche a seguito di decisioni della Giunta come la revoca della convenzione con l’Associazione “Un Secco No” per la realizzazione di progetti di formazione contro la violenza di genere e per orientamento sessuale, e l’inserimento fra gli obiettivi dell’Amministrazione di un sedicente “diritto a non abortire” - prosegue Morgagni -. Chiediamo quindi che il sindaco provveda prontamente alla rimozione di questi manifesti, ascoltando la voce che proviene da una società civile forlivese, sempre più ampia e variegata, che richiede azioni per l'effettivo rispetto e promozione dei diritti civili e l'applicazione delle leggi che li tutelano. L'amministrazione comunale dimostri nei fatti di essere all'altezza delle aspettative civili e democratiche della nostra comunità".

Volt

Anche Volt Forlì-Cesena, per voce del coordinatore Francesco Marino, "aderisce all’appello delle associazioni che hanno segnalato i fuorvianti manifesti che in questi giorni sono stati affissi anche a Forlì, veicolando un messaggio falso, perchè la pillola abortiva è sicura e non costituisce un pericolo, piuttosto una pratica sicura e alternativa ad un più rischioso intervento chirurgico; illiberale, perchè agisce direttamente contro la libertà di scelta; ed ipocrita, col ridicolo hashtag #DallaParteDelleDonne".

Prosegue Marino: "Volt Europa, già impegnata nelle manifestazioni a sostegno della libertà di aborto anche in paesi dove questa è messa in discussione (come recentemente nel caso della Polonia) ribadirà sempre questo messaggio, anche a livello locale, contro campagne comunicative che mirano a togliere diritti, sostenendo pure di farlo a favore delle vittime.Chiediamo al sindaco Zattini e all’amministrazione di prendere provvedimenti per dimostrare di essere veramente “dalla parte delle donne”".

Articolo Uno

Cos Articolo Uno: "Numerosi comuni italiani si sono mossi contro la campagna di affissione di manifesti del movimento Provita che ritraggono la pillola ru486 come un veleno; in Romagna il Comune di Rimini ne ha impedito la pubblicazione mentre quello di Ravenna ne ha richiesto la rimozione". Articolo Uno Forlì si chiede "cosa aspetti il Comune di Forlì a prendere gli opportuni provvedimenti verso una comunicazione spregevolmente mirata a contrastare la libertà di scelta delle donne veicolando un messaggio diffamatorio ed antiscientifico sulla legittimità di un farmaco che ha superato tutte le fasi di autorizzazione. Condividiamo quindi la forte presa di posizione del sen. Vasco Errani sui manifesti affissi dai fanatici dell’Associazione Pro Vita e Famiglia:  "Il Comune provveda a rimuovere i manifesti anti-aborto dell'associazione Pro Vita e Famiglia, gravemente insultanti per le donne, strumentali e portatori di un messaggio falso e violento sull’aborto"".

Il Popolo della Famiglia

Queste le considerazioni del Popolo della Famiglia: "Come abbiamo già detto in altre occasioni di feroce alzata di scudi in tema di aborto, se anche nel caso della vicenda dei cartelloni di Pro Vita lo scontro si esaurisce nella polemica pro o contro l'utilizzo della pillola RU-486, non usciamo più dal mero conflitto ideologico. Incartarsi, come fa la sinistra, sulla difesa a oltranza dell'aborto senza fermarsi a riflettere se la perdita di tanti futuri cittadini sia veramente un bene da difendere in questo momento drammatico di inverno demografico e di giornalieri bollettini di morte, quando invece avremmo bisogno di vedere in ogni nascita un messaggio di speranza, dimostra miopia politica e distanza dalla realtà.  Non è tempo di battaglie ideologiche, come Popolo della Famiglia preferiamo porre con pragmaticità una questione fondamentale e chiederci perché oggi un bambino sia visto come problema e non come ricchezza, come qualcuno di cui disinteressarsi e non come opportunità di riscatto e di rinascita anche collettiva, iniezione di fiducia e di speranza, prospettiva per il futuro. Le leggi, si sa, fanno cultura: quarant'anni di L194 hanno prodotto nelle coscienze una perdita di consapevolezza del valore della vita nascente. Bisogna ammettere che nella società attuale la scelta di ricorrere all'aborto continua ad essere molto più favorita di quella di portare avanti la gravidanza, non essendoci la volontà di riconoscere in ogni concepito l'enorme valore di capitale sociale, oltre che umano, che rappresenta".

"Noi però poniamo la questione da laici, da cittadini interessati al bene della nostra comunità, e ci aspettiamo un atteggiamento altrettanto responsabile dalle parti politiche: è finalmente possibile dare alle donne la possibilità di sentirsi davvero libere di fronte alla propria gravidanza? I dati ci dicono che l'interruzione di gravidanza è spesso un passaggio obbligato a causa dell'incertezza e della precarietà in cui tante future mamme si trovano; così, anziché essere aiutate nel diritto a crescere il loro bambino, non trovano apparecchiato altro che il diritto a sbarazzarsene come fosse un problema - prosegue la nota del Pdf -. Tra i tanti diritti garantiti alle donne manca quello di essere aiutate anche economicamente a tenere il proprio bambino, se lo desiderano. Con la raccolta di oltre 50.000 firme sul progetto di legge del reddito di maternità, il Popolo della Famiglia si è attivato per garantire quel diritto in più alle donne, senza togliere quelli già esistenti ma aggiungendone uno in più, per ampliare la possibilità di scelta. Trasformando i figli da questione a ricchezza, costruendo le condizioni giuridiche per cui abortire sia meno conveniente attraverso l'intuizione normativa del reddito di maternità, si può incidere anche su un percorso di battaglia culturale che arriverà a cancellare la necessità abortiva, senza il ricorso a uno scontro ideologico che a molti oggi risulterebbe incomprensibile e al quale il Popolo della Famiglia intende sottrarsi. Un paese che scommette sulla vita è un paese che può guardare al domani con fiducia. Ci auguriamo che la politica, anche locale, abbia la libertà di questo sguardo lungo sul futuro, per il bene e l'interesse di tutti". 

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