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Uso del mosto concentrato rettificato: produttori di vino pronti a protestare

Da qui la scelta della Lega di sollecitare l'assessore regionale all'agricoltura Simona Caselli per chiederle "per quale motivo abbia preferito autorizzare, ancora una volta, l'utilizzo del MCR

"Basta alla proliferazione dell'uso del mosto concentrato rettificato nella produzione del vino, anche se Doc e Igt. Ascoltare la protesta e le controproposte dei 27 produttori vitivinicoli romagnoli che lo scorso 14 luglio hanno scritto alla giunta senza ottenere risposta". E' la sortita a difesa dei produttori avviata dal consigliere regionale della Lega Nord Massimiliano Pompignoli in un'interrogazione alla giunta, nella quale definisce "unilaterale e senza alcuna logica" la scelta della Regione di autorizzare l'uso del mosto, utile ad aumentare la gradazione dei vini in caso di stagione favorevole. Il punto- sottolinea il leghista è che "anche per quest'anno- nonostante una stagione meteorologica ancora migliore di quella dell'anno scorso- l'utilizzo del Mcr" è stato autorizzato. 

Pompignoli fa notare l'alterazione di mercato provocata dalla proliferazione dell'uso del mosto rettificato, col risultato di "rendere commerciabili prodotti altrimenti non all'altezza", col risultato di "peggiorare la qualità del prodotto" e ottenere "una minore redditività di tutta la produzione regionale". Dunque è opportuno che la giunta promuova "l'introduzione dell'obbligatorietà dell'indicazione dell'utilizzo del MCR nelle etichette dei vini" per non creare "confusione" sulle "differenti scelte produttive" che devono essere comunicate "in modo chiaro e diretto ai consumatori".

Nel Forlivese hanno firmato contro l'uso del mosto i titolari delle cantine Drei Donà di Vecchiazzano, Fiorentini Vini, La Pennita e Marta Valpiani di Castrocaro Terme, Il Teatro di Modigliana, la Pandolfa di Fiumana di Predappio, Stefano Berti di Ravaldino in Monte, Raffaella Bissoni, Tenuta la Viola e Terre della Pieve di Bertinoro.

Una soluzione più economica in caso di annate sfavorevoli e nefaste condizioni climatiche, e sollecitata dagli stessi produttori romagnoli, conclude Pompignoli, "prevederebbe l'applicazione di una norma che già c'è, e che permette alle Regioni, solo se necessario (cioè solo se l'andamento meteorologico compromette realmente la buona riuscita della vendemmia) di abbassare i limiti minimi delle gradazione previsti dai disciplinari per non più di 0,5 gradi alcolici".

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