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Dal campo... in tavola

Un gruppo di imprenditori lancia una sfida e punta - nel settore ortofrutticolo - alla filiera più corta che c'è

“Abbiamo le idee chiare. Sappiamo da dove veniamo e dove vogliamo andare. Sappiamo che la maggior parte di voi vuole fare questo viaggio e siamo pronti a farlo insieme”.  Così si presenta Kalulu, una nuovissima scommessa imprenditoriale che interessa anche il territorio forlivese e nasce con l’ambizioso obiettivo di mettere in contatto diretto produttori agricoli e consumatori, eliminando tutti i costi e gli sprechi dal campo alla tavola e servendosi del web.

La disintermediazione è la pietra miliare di Kalulu. Il motto è che il mangiar sano non solo sia possibile, ma sia persino un diritto, e con questo intento il servizio si propone di realizzare la filiera più corta che ci sia.

Il dibattito sugli sprechi alimentari durante il processo che conduce i prodotti agroalimentari dal campo al consumatore è ormai aperto e ampio. Non è solo una questione di cibo. Il rapporto targato WWF, “Quanta Natura Sprechiamo” analizza gli impatti ambientali lungo tutta la catena alimentare. Nei vari passaggi che vanno dalla produzione al consumo, lo spreco arriva fino al 50% del cibo: pari a circa 179 kg pro capite come media europea, senza contare gli sprechi a livello di produzione agricola o le catture di pesce rigettate in mare. Il tutto, mentre ancora 79 milioni di persone in Europa vivono al di sotto della soglia di povertà, con un 15% dei cittadini che percepisce un reddito inferiore al 60% del reddito medio del Paese di residenza. Nell'industria parte delle perdite è strettamente correlata alla natura del prodotto e risulta necessarie per esempio per trasformare la derrata da agricola ad alimentare. In altri casi invece - è sottolineato sul sito "One Planet Food" - lo spreco è connesso all'attività gestionale dell'impresa, che va dall'organizzazione della produzione e/o commercializzazione all'attività di marketing.

È stato stimato come il 90% di ciò che viene sprecato potrebbe essere ancora utilmente recuperato e utilizzato per l'alimentazione umana.
 La ricetta, secondo il WWF, consiste nel migliorare l'efficienza della catena agroalimentare: modelli di produzione e consumo più efficienti e sostenibili aiutano a ridurre il costo del cibo e ad aumentarne la possibilità di accesso. Ciò determinerebbe una riduzione degli impatti connessi allo spreco sia in termini economici, sia in termini ambientali e sociali
 È necessario e urgente, per l’associazione ambientalista, migliorare il rapporto del cibo con l’ambiente.
 
Kalulu, spiegano i fondatori, nasce per chi non vuole più mangiare pomodori con residui di pesticidi; per chi è stanco che un pomodoro percorra in media 354 km per arrivare sulla nostra tavola e che l’80% del suo prezzo sia dovuto a imballaggio, logistica e intermediazione. Il desiderio di fondo è volersi riappropriare dei prodotti della Terra. Il bisogno impellente è quello di ragionare su come riportare prodotti ottenuti dall’agricoltura tradizionale, quella più vicina a noi, sulle nostre tavole. Il principio in qualche modo “ribelle” scaturisce dal non voler più pagare oltre il doppio del valore reale un prodotto agricolo. Su kalulu.it sarà possibile conoscere la strada che ciascun prodotto avrà percorso prima di arrivare sulle nostre tavole, potendo così sapere quanto la nostra scelta può essere dannosa per l’ambiente.

Un gruppo di imprenditori lancia una sfida e punta - nel settore ortofrutticolo -  alla filiera più corta che c’è


“Abbiamo le idee chiare. Sappiamo da dove veniamo e dove vogliamo andare. Sappiamo che la maggior parte di voi vuole fare questo viaggio e siamo pronti a farlo insieme”.  Così si presenta Kalulu, una nuovissima scommessa imprenditoriale che interessa anche il territorio forlivese e nasce con l’ambizioso obiettivo di mettere in contatto diretto produttori agricoli e consumatori, eliminando tutti i costi e gli sprechi dal campo alla tavola e servendosi del web.

La disintermediazione è la pietra miliare di Kalulu. Il motto è che il mangiar sano non solo sia possibile, ma sia persino un diritto, e con questo intento il servizio si propone di realizzare la filiera più corta che ci sia.

Il dibattito sugli sprechi alimentari durante il processo che conduce i prodotti agroalimentari dal campo al consumatore è ormai aperto e ampio. Non è solo una questione di cibo. Il rapporto targato WWF, “Quanta Natura Sprechiamo” analizza gli impatti ambientali lungo tutta la catena alimentare. Nei vari passaggi che vanno dalla produzione al consumo, lo spreco arriva fino al 50% del cibo: pari a circa 179 kg pro capite come media europea, senza contare gli sprechi a livello di produzione agricola o le catture di pesce rigettate in mare. Il tutto, mentre ancora 79 milioni di persone in Europa vivono al di sotto della soglia di povertà, con un 15% dei cittadini che percepisce un reddito inferiore al 60% del reddito medio del Paese di residenza. Nell'industria parte delle perdite è strettamente correlata alla natura del prodotto e risulta necessarie per esempio per trasformare la derrata da agricola ad alimentare. In altri casi invece - è sottolineato sul sito "One Planet Food" - lo spreco è connesso all'attività gestionale dell'impresa, che va dall'organizzazione della produzione e/o commercializzazione all'attività di marketing.

È stato stimato come il 90% di ciò che viene sprecato potrebbe essere ancora utilmente recuperato e utilizzato per l'alimentazione umana.
 La ricetta, secondo il WWF, consiste nel migliorare l'efficienza della catena agroalimentare: modelli di produzione e consumo più efficienti e sostenibili aiutano a ridurre il costo del cibo e ad aumentarne la possibilità di accesso. Ciò determinerebbe una riduzione degli impatti connessi allo spreco sia in termini economici, sia in termini ambientali e sociali
 È necessario e urgente, per l’associazione ambientalista, migliorare il rapporto del cibo con l’ambiente.
 
Kalulu, spiegano i fondatori, nasce per chi non vuole più mangiare pomodori con residui di pesticidi; per chi è stanco che un pomodoro percorra in media 354 km per arrivare sulla nostra tavola e che l’80% del suo prezzo sia dovuto a imballaggio, logistica e intermediazione. Il desiderio di fondo è volersi riappropriare dei prodotti della Terra. Il bisogno impellente è quello di ragionare su come riportare prodotti ottenuti dall’agricoltura tradizionale, quella più vicina a noi, sulle nostre tavole. Il principio in qualche modo “ribelle” scaturisce dal non voler più pagare oltre il doppio del valore reale un prodotto agricolo. Su kalulu.it sarà possibile conoscere la strada che ciascun prodotto avrà percorso prima di arrivare sulle nostre tavole, potendo così sapere quanto la nostra scelta può essere dannosa per l’ambiente.

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