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Lunedì, 29 Aprile 2024
Ciclismo

La leggenda di Ercole Baldini, il Treno di Forlì: "Uomini come lui qui in Romagna adesso non ne abbiamo più"

E' stata una serata di sport e di storia, tra emozioni e commozione, quella di mercoledì all'Auditorium San Giacomo, per il secondo dei quattro appuntamenti dedicati al "Treno di Forlì" e collegati alla mostra "Ercole Baldini. Una leggenda italiana", visitabile al Museo Civico San Domenico fino al 7 gennaio, con ingresso libero"

Cosa si potrebbe chiedere oggi ad Ercole Baldini se fosse ancora qui tra noi? La risposta più toccante è nella voce di Davide Cassani, ex ciclista professionista e ct della Nazionale, commentatore tecnico in Rai e ora presidente dell’Apt della Regione Emilia-Romagna: "Uomini come lui qui in Romagna purtroppo adesso non ne abbiamo più, lo inviterei ad andare nelle scuole per fargli raccontare a bimbi e giovani cosa ha fatto in bicicletta e le sue imprese, perchè almeno uno di loro potesse diventare come lui". E' stata una serata di sport e di storia, tra emozioni e commozione, quella di mercoledì all'Auditorium San Giacomo, per il secondo dei quattro appuntamenti dedicati al "Treno di Forlì" e collegati alla mostra "Ercole Baldini. Una leggenda italiana", visitabile al Museo Civico San Domenico fino al 7 gennaio, con ingresso libero". "E' stato il mio mito", ha rimarcato il noto giornalista e scrittore forlivese Marino Bartoletti, direttore d'orchestra di una serata che ha avuto come ospiti oltre a Cassani gli ex ciclisti romagnoli Marino Amadori e Roberto Conti, quest'ultimo uno dei gregari fidati di Marco Pantani, Giovanni Salvarani, figlio del fondatore della famosa impresa di cucine e celebre squadra ciclistica, Renzo Salvarani, e Riccarda Casadei, figlia di Secondo Casadei, che ha ricordato il legame del padre con Ercole Baldini e come nacque la famosa canzone "Il treno di Forlì".

ALLA SCOPERTA DI ERCOLE BALDINI - La prima serata con Chiappucci, Bugno e Saronni

La gloria in musica

Secondo Casadei, il capostipite dell'orchestra "Casadei", compositore anche di 'Romagna mia', riuscì infatti a trasformare in musica la gloria e il soprannome che accompagnava la carriera di Baldini, con la voce di Pino Flamigni e Arte Tamburini. "Sono ancora emozionata pensando al giorno che l'ho conosciuto - la testimonianza di Riccarda -. Era il 1958 quando venne a Savignano, con una Piazza Borghesi gremitissima. Forse l'ho vista piena solo quel giorno, con gente che era arrivata dalla riviera e dalle colline. Fu per mio padre una grandissima soddisfazione, anzi fino all'ultimo non credeva che Ercole venisse. E' stato molto gentile, sembrava timido. E' stato molto disponibile con la gente. Anche le suore delle Maestre Pie si erano affacciate con le bandierine con scritto "Evviva il Treno di Forlì". Se fossi qui tra noi gli chiederei se sapeva ballare". 

Baldini e la Salvarani

Baldini concluse la sua indimenticabile carriera alla Salvarani, squadra attiva tra i professionisti fra il 1963 e il 1972 e che può vantare nel suo palmares tre vittorie al Giro d'Italia, nel 1965 con Vittorio Adorni, nel 1967 e 1969 con Felice Gimondi, una al Tour de France e anche ala Vuelta a España, rispettivamente nel 1965 e nel 1968, sempre con Gimondi. Nella squadra diretta dal ds Luciano Pezzi c'erano tra gli altri Arnaldo Pambianco (vincitore del Giro d'Italia 1961), Diego Ronchini (campione italiano 1959), Vito Taccone, Vittorio Adorni, Renato Longo e Livio Trapè (campione olimpico nella cronosquadre a Roma 1960). "Quello che è accaduto dopo il 1964 lo si deve a Ercole, che ha portato la mentalità vincente - il ricordo di Giovanni Salvarani -. La prima vittoria fu di Pambianco, che consideravo il fratello maggiore. Ricordo il senso di amicizia e della collaborazione che caratterizzava quel gruppo. Il valore della famiglia e del lavoro sono stati sempre alla base della squadra. Il 1965 fu un anno memorabile per la nostra squadra, con l'accoppiata Giro Tour con Adorni e Gimondi. Se lo avessi davanti gli chiederei come si è trovato con mio padre, che cosa ha trovato in lui e viceversa".

Ercole visto dal mondo del ciclismo 

Baldini eccelleva nella sfida contro il tempo, ma era anche un gran passista e sapeva difendersi quando la strade cominciavano a salire. Nel 1958 vinse il Giro d'Italia prevalendo su Charly Gaul, poi terzo, sia in salita – nella tappa dolomitica e in quella di Bosco Chiesanuova – che a cronometro (a Comerio e a Viareggio); si aggiudicò inoltre per la seconda volta la maglia tricolore di campione italiano su strada e poi dettò legge al campionato del mondo su strada di Reims, staccando Louis Bobet, Gastone Nencini e Gerrit Voorting. "Posso pensarlo ad un corridore come Miguel Indurian, fortissimo a cronometro e che non si faceva staccare in salita dagli scalatori - l'analisi tecnica di Cassani -. Era veramente un corridore completo e in quel 1958 fu straordinario. Andava forte dappertutto e doveva sfidare altri fenomeni. In tanti pensavano che Ercole fosse il nuovo Fausto Coppi e che potesse ripercorrere la stessa carriera". 

Quanto al legame con la leggenda forlivese, "sin da piccolo sentivo parlare di Baldini e sono ricordi che non si dimenticano più, perchè si cresce con nomi di campioni che risuonano nella mente. Quando iniziai a correre li prendevo come punto di riferimento, pensando che sarei voluto diventare come loro. Quando mi allenavo sulla via Emilia e transitavo per Villanova guardavo sempre verso la casa di Baldini. Era come toccare come il cielo con un dito. Poi l'ho conosciuto, mi ha sempre sorpreso la sua modestia e umiltà. Sembrava che non avesse vinto nulla. Parlava sempre sottovoce e con garbo, con una certa classe, la stessa di quando correva in bicicletta. La mia ultima immagine di Ercole risale al 2021, quando il Giro d'Italia passò da Forlì ed Ercole era li seduto fuori fuori da casa ad assistere al passaggio".

"Sono cresciuto ciclisticamente a Forlì, iniziando con la Glauco Servadei e le mie pedalate le ho vissute con la presenza di Ercole - il ricordo di Amadori -. E' stata una persona molto presente nei miei confronti, con un rapporto di stima reciproca. Quando sono passato professionista nel 1978 so benissimo che chiamarono Ercole Baldini per chiedere di me. Era una persona molto generosa, che ha dato tantissimo al mondo del ciclismo e la sua presenza manca". Baldini è stato tra i pionieri di un ciclismo moderno: "Era fortissimo a cronometro e anche sulle salite facilmente pedalabili faceva la differenza", l'analisi di Amadori. "Aveva una posizione sulla bicicletta dinamica e perfetta, aveva una bellissima pedalata - la fotografia di Conti -. Chissà che velocità avrebbe fatto con la bici di Filippo Ganna, sarei proprio curioso. Quando si chiacchierava diceva sorridendo che il suo difetto era l'essere romagnolo perchè gli piaceva mangiare".

Bartoletti e il mito Baldini 

Non aveva i baffi Marino Bartoletti quando vide Baldini, un incontro a distanza che lo segnò per sempre, indirizzandolo verso una carriera ricca di soddisfazioni. "Era il 28 agosto del 1956, quando mio babbo mi disse "Andiamo a Porta Schiavonia, sta per arrivare Ercole con la maglia da campione del mondo". Credo che sia stata una delle emozioni più forti vissute in vita mia. Forse quel giorno, vedendo questo ragazzo con la maglia iridata, mi venne voglia di raccontare le emozioni dello sport. Io vidi Marte su un carro alato, invece era Ercole su una 1.400 cabriolet, che percorse tutto corso Garibaldi. Arrivò in Piazza Saffi, poi si affacciò al balcone del municipio. Prima di lui si era affacciato un altro personaggio una ventina di anni prima e li ebbi la percezione che il mondo fosse cambiato. Anzi, mi disse mio padre: "Hai visto come è migliorato il mondo?". Ercole è stato il mio mito dello sport. Per me il 1956 è l'ante e il post Ercolem Natu. Sono impazzito di gioia quando l'ho conosciuto e mi dichiaro fortemente orgoglioso di essergli stato amico e di aver ricevuto la sua amicizia". E poi un aneddoto simpatico: "Quando il 27 agosto del 1958 vinse il titolo mondiale a Rems, scrissi una lettera ad una Madonna, affidandola poi ad un palloncino chiedendolo di regalarmi una bicicletta 'Legnano'. Quella bici l'aspetto ancora". 

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