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Lunedì, 29 Aprile 2024
Ciclismo, la storia

Saronni, Chiappucci e Bugno celebrano le imprese di Ercole Baldini: "I ciclisti di quell'epoca erano veri eroi"

A dialogare con i tre grandi campioni di ieri i giornalisti Beppe Conti, curatore della mostra “Ercole Baldini. Una leggenda italiana”, allestita dal Comune di Forlì con la collaborazione della casa editrice Minerva di Bologna, Leo Turrini e volto della Formula Uno su "Sky Sport"

Prima di prendersi la scena dell'attenta e curiosa platea del San Giacomo, la macchina del tempo del Museo San Domenico li ha proiettati verso un ciclismo che non c'è più. Non c'erano radioline, non c'erano cardiofrequenzimetri o altre 'diavolerie' tecnologiche; in gara in strade tutt'altro che biliardo si faceva ciò che volevano cuore e gambe. Follie al sapore d'impresa, esaltate da immagini in bianconero e fogli di giornali, come quelle firmate dalla leggenda Ercole Baldini. E una parata di stelle che hanno scritto pagine di storia di ciclismo ha aperto mercoledì sera il ciclo di quattro appuntamenti dedicati al "Treno di Forlì": Beppe Saronni, Gianni Bugno e Claudio Chiappucci. Saronni, come Baldini, ha vinto il Giro d’Italia (però due volte) e il Mondiale a Goodwood, 24 anni dopo Ercole. Bugno, invece, è stato il primo italiano ad aggiudicarsene due consecutivi di titoli iridati, nel ’91 e nel ’92, anche lui in trionfo al Giro d’Italia 1990 vestendo la maglia rosa dalla prima all’ultima giornata. Infine Chiappucci, che tutti conoscono come “El Diablo”, ha avuto in comune con Baldini il gusto per l’impresa. Ha vinto la Sanremo ’91 attaccando addirittura nella discesa del Turchino, lontanissimo dal traguardo, così come la spettacolare tappa del Tour de France ’92 a Sestriere in maglia a pois di miglior scalatore.

VIDEO - Chiappucci, Saronni e Bugno affascinati dalla mostra su Baldini

Il ricordo personale

A dialogare con i tre grandi campioni di ieri i giornalisti Beppe Conti, curatore della mostra “Ercole Baldini. Una leggenda italiana”, allestita dal Comune di Forlì con la collaborazione della casa editrice Minerva di Bologna, Leo Turrini e volto della Formula Uno su "Sky Sport". "Io sono di Sassuolo, mio padre del 1923 era un grande tifoso di Baldini e ne parlava spesso - ha esordito la penna emiliana -. Era il 1971 quando vidi il mio vicino di casa uscire con un signore dalla grossa stazza e mi sembrava di averlo riconosciuto. "Ma quello è Ercole Baldini", pensai. Avevo 11 anni. Attraversai la strada, mi avvicinai e gli dissi: "Ma lei è Ercole Baldini?" E questo signore, sul massiccio fisicamente, mi guardò e mi disse: "Si piccolino, sono io. Come fai a conoscermi?" E gli raccontai che mio padre era un suo tifosi. Insomma, la mia prima intervista la feci a Baldini, che fu di una gentilezza squisita. Poi ci siamo conosciuti e ogni volta che lo incontravo gli raccontavo di questo episodio. Lui faceva finta di ricordarsi dicendo che aveva tenuto a battesimo la mia carriera. Un ricordo dolcissimo. Nel vedere la mostra mi sono commosso, perchè ci sono reperti straordinari. Nel seguire il percorso della mostra si ha la sensazione di vivere un tratto della storia d'Italia, forse l'ultima Italia ottimista, quella del boom economico. Ed Ercole Baldini fu una grande star di quel periodo". Conti invece conserva gelosamente una biglia, amica fedele in un passato nemmeno remoto delle estati in spiaggia. "Gli facevo vincere tutte le corse sulla sabbia e quando non vinceva più mi mettevo a piangere".

Il confronto col passato

"I ciclisti di quell'epoca hanno fatto qualcosa di eccezionale, erano veramente degli eroi - le impressioni di Saronni dopo aver visitato la mostra -. Hanno dei sacrifici, delle fatiche. Non c'era tecnologia, non c'era scienza, eppure hanno fatto delle grandissime cose ed io mi sono sentito piccolo di fronte a questi grandi campioni. Da giovane, appassionato di ciclismo, mi è sempre interessata la loro storia, perchè la storia vuol dire apprendere dall'esperienza di questi campioni. Ho letto libri su Bartali, Coppi e tutti i corridori importanti, perché volevo capire, sapere e imparare. E questo mi ha aiutato, trovando entusiasmo. Il ciclismo di oggi ahimè è cambiato, perché quel rapporto umano di un tempo oggi non c'è più". Incantato dal San Giacomo Chiappucci: "E' raro parlare di ciclismo in un ambiente così bello", definendo "un pregio" la possibilità di visitare la mostra perché "quello che ho visto in questa occasione non sempre si vede". Un'esposizione, ha rimarcato Bugno, che permette di "capire le difficoltà di una volta. Col ciclismo iniziai per caso, quindi non conoscevo la storia. Poi mi sono appassionato e ho cominciato a conoscere i grandi". 

Le curiosità

Durante il talk show si è scherzato sulla rivalità tra Beppe Saronni e Francesco Moser, che insieme hanno vinto il Trofeo Baracchi, corsa vinta da Baldini insieme a Fausto Coppi, ma anche su quella tra Chiappucci e Bugno, in particolare al Tour del 1992 quando "El Diablo" fece sua la Saint-Gervais – Sestriere di 254,5 chilometri dopo una lunga fuga in solitario. Il grande favorito era Miguel Indurain grazie alle due cronometro disegnate su misura per il campione spagnolo. "Ho cercato di far saltare il banco, andando oltre i limiti di quello che avevo programmato - ha rimembrato -. Ancora oggi si parla di quell'impresa. E' cambiato il ciclismo e il modo di correre e tappe così non ci sono più, perchè non c'è la possibilità di stravolgere la situazione". Chiappucci non presa la maglia gialla perchè alle spalle Bugno mise la sua squadra in testa al gruppo: "Pensavo alla mia corsa, ma Claudio è nel 1990 che ha buttato via il Tour per correre dietro alla maglia a pois".

Quanto alla rivalità con Chiappucci, "c'era antagonismo, ma abbiamo sempre mantenuto un rapporto di rispetto. In questi ultimi anni ho riconosciuto in Claudio un vero amico". Lo stesso Bugno ha poi ricordato la vittoria da brividi al Giro delle Fiandre nel 1994, alzando le braccia mentre stava sopraggiungendo con un colpo di reni il favorito Johan Museeuw. "L'Italia era il paese del ciclismo - la chiosa di Saronni -. In Nazionale i primi avversari erano i compagni di squadra, perchè erano tutti corridori forti e capitani nelle loro squadre. E capisco le difficoltà del commissario tecnico di allora Alfredo Martini nel metterci d'accordo e a trovare una strategia che potesse accontentare tutti. E se perdevamo i campionati del mondo è perchè c'erano delle rivalità interne. Purtroppo oggi non siamo competitivi ed è la cosa che più mi rammarica".

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