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Il personaggio

Ha rivoluzionato il calcio italiano, mister Sacchi incontra gli studenti: "Per sfondare serve determinazione"

Arrigo Sacchi ha parlato dell'importanza del gioco di squadra in un incontro svolto mercoledì mattina all'Istituto Tecnico Industriale “G. Marconi”

E' l’allenatore che più di ogni altro ha modificato il calcio di fine secondo millennio. Arrigo Sacchi ha parlato dell'importanza del gioco di squadra in un incontro svolto mercoledì mattina all'Istituto Tecnico Industriale “G. Marconi”. La partecipazione degli studenti è stata molto numerosa, tanto che si è dovuto suddividere l’evento in due tornate di un’ora ciascuna. Sacchi è stato gentile e sorridente con tutti, si è lasciato fotografare e ha firmato autografi. Uno, addirittura, sulla giacca di una tuta sportiva nuova fiammante: il mister, stupito per la richiesta, prima di impugnare il pennarello nero, ha chiesto sorridendo se la mamma del ragazzo fosse d’accordo.

L’ex tecnico del Milan ha risposto con dovizia di particolari alle domande dei presenti. "Non è possibile giocare da soli, non ho mai voluto nelle mie formazioni degli individualisti - le parole di Sacchi -. Ci vuole la strategia vincente, che è quella di attaccare l’avversario, non quella di ritirarsi negli ultimi venti metri del campo per difendersi. La vittoria deve essere raggiunta con il bel gioco, non con la tattica". Il mister non ha nascosto la sua soddisfazione quando, con evidente orgoglio, ha ricordato che il suo Milan del 1989 è stata considerata la miglior squadra di sempre a livello mondiale, proprio perché dava spettacolo ed era vincente.

"Tutti si chiedevano da dove venisse quella squadra e nessuno poteva capacitarsi che fosse italiana, perché la nostra tradizione calcistica fino ad allora era sempre stata quella di giocare in difesa per poi puntare sul contropiede - ha ricordato -. Quanta fatica ho fatto per riuscire ad imporre quella che, a tutti gli effetti, è stata una vera e propria rivoluzione".

Non sono mancati i consigli ai ragazzi: "Se si vuole sfondare nello sport, occorre avere determinazione e perseveranza, ma bisogna anche essere disposti a lavorare duramente. Se si riesce a dare tutto se stessi, si può anche non vincere però si è ugualmente degli eroi. Penso al nostro secondo posto ai mondiali americani del 1994. Fu preso come una sconfitta, invece per me i miei giocatori in quella circostanza hanno fatto tutto quello che potevano e, dunque, li ho ringraziati". E poi ha raccontato un aneddoto: "Quando ero giovane come voi non mi piaceva andare a scuola, non ero un bravo studente, tutt’altro. Mi pareva di perdere tempo. Ma questo errore mi è costato caro, perché ancora oggi sono costretto a studiare".

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