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Entro la fine dell'anno Benedetta Bianchi Porro potrebbe essere dichiarata beata dal Papa

Manca ancora il voto dei cardinali e dei vescovi presenti nella Commissione della Congregazione dei Santi incaricata di esprimersi sull’autenticità del miracolo occorso a Genova nel 1986

“Entro l’anno Benedetta Bianchi Porro potrebbe essere dichiarata beata”. L’annuncio è stato dato domenica mattina nella Badia di Sant’Andrea a Dovadola dal postulatore della causa di beatificazione, padre Guglielmo Camera, al termine della Messa presieduta dal vescovo di Forlì-Bertinoro mons. Livio Corazza in occasione dell’82° compleanno virtuale della Venerabile. “Manca ancora il voto dei cardinali e dei vescovi presenti nella Commissione della Congregazione dei Santi, incaricata di esprimersi sull’autenticità del miracolo occorso a Genova per intercessione di Benedetta, ma è questione di mesi. Dopodiché toccherà a papa Francesco verificare il lavoro svolto e procedere con l’eventuale promulgazione del decreto di riconoscimento del prodigio”. Nel 1986, la madre di un giovane di Genova rimasto gravemente ferito in un incidente stradale, chiese agli amici di pregare Benedetta e il ragazzo guarì. Il processo sull’autenticità del miracolo è partito nel 2013: la commissione di 7 medici incaricata di ristudiare i referti si è già pronunciata da tempo sulla vicenda, definendo inspiegabile la guarigione dal punto di vista scientifico. Alla liturgia eucaristica celebrata nella chiesa che dal 22 marzo 1969 custodisce le spoglie della Bianchi Porro, hanno preso parte circa 150 persone, fra cui due fedeli provenienti dall’Olanda.

“Se ci pensiamo – esordisce il vescovo Livio nel corso dell’omelia – Benedetta non fa certamente parte di quei modelli che la cultura odierna tenta di offrirci: non era particolarmente ricca, non era fisicamente sana tanto che fin da piccola era “zoppetta”, come la chiamavano gli amici; e alla fine si è ritrovata sorda, cieca e paralizzata in un letto, tanto – come direbbe papa Francesco – da divenire a tutti gli effetti “uno scarto” per la cultura del perfezionismo di oggi”. Nonostante abbia trascorso gli ultimi anni di vita in un letto, privata di tutte le facoltà sensoriali ad eccezione del palmo della mano sinistra e di un filo di voce, è stata per tanti strumento d’incontro e conforto. Prendendo spunto dalla Parola del giorno, mons. Corazza prende atto che Benedetta, nella sua breve e dolorosa esistenza ha percepito che “l’unica via per saziare la fame di cibo, la fame di senso, la fame di amore… è proprio il con-dividere, il dividere con gli altri quanto abbiamo”. La cameretta della casa di Sirmione del Garda dove la giovane ha chiuso per sempre gli occhi il 23 gennaio 1964, divenne per mesi un crocevia di vite: “La vita in sé e per sé mi sembra un miracolo – scrive Benedetta - e vorrei poter innalzare un inno di lode a Chi me l’ha data ... Certe volte mi chiedo se non sia io una di quelle cui molto è stato dato e molto sarà chiesto...”.

Per la giovane dovadolese, l’incontro con Cristo si è rivelato pane vivo e nutriente che ha dato significato pieno alla vita. “Ciò che porta gli amici – continua il vescovo Livio - ad andare a trovare Benedetta a casa, attorno al suo letto, è proprio il gustare la sua amicizia, la sua fraternità fatta di autenticità illuminata dal vangelo, come lei stessa scrive all’amica Paola: “Io sto bene, Paola, e sento una serenità nel mio cuore… non saprò mai ringraziare abbastanza il Signore di tutto quello che mi ha dato: perché tutto ciò che dà è grazia” (25 ottobre 1963)”. Il vescovo Livio conclude con le parole con cui Benedetta rispose alla mamma Elsa, quando le disse che tutti ormai la ritenevano una santa: “Se lo dite e non ci credete, siete solo degli ipocriti. Se lo credete, allora poche chiacchiere, e imitatemi!”. L’invito ai presenti è dunque di provare ad imitare la Venerabile: “Benedetta, prega per noi e la chiesa che è in Forlì, perché sappiamo imitarti, come tu hai imitato Gesù che tanto amavi. E impariamo da te cosa vuol dire testimoniare la fraternità”.


 

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