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Un medico di famiglia: "Col Pnrr si va verso l'abolizione del medico di famiglia?"

"Meraviglia il fatto che in queste settimane si parli così poco del progetto, contenuto nel PNRR e sostenuto da varie forze politiche, di una abolizione, di fatto, della medicina di famiglia"

Nota- Questo comunicato è stato pubblicato integralmente come contributo esterno. Questo contenuto non è pertanto un articolo prodotto dalla redazione di ForlìToday

Meraviglia il fatto che in queste settimane si parli così poco del progetto, contenuto nel PNRR e sostenuto da varie forze politiche, di una abolizione, di fatto, della medicina di famiglia. Nella proposta infatti si parla della sostituzione di quello che attualmente è il medico di medicina generale convenzionato, con un medico dipendente, che svolgerebbe la sua attività oraria all’interno di centri che si chiameranno “case della comunità”, una evoluzione di quelle che adesso chiamiamo “case della salute”. Sembra una trasformazione quasi indolore infatti: a noi cosa importa se il medico che ci cura è un libero professionista convenzionato o un dipendente? In realtà cambia moltissimo! Il medico convenzionato ha un contratto che gli impone di soddisfare un certo numero di bisogni sanitari della popolazione che assiste e quindi è costretto ad adattare il suo modo di lavorare e la quantità di lavoro che produce, a questi bisogni.

Pensate alla rivoluzione che c’è stata in questi ultimi due anni con l’utilizzo delle piattaforma elettroniche! In questi mesi, quasi la metà del tempo che il medico di famiglia dedica ai suoi pazienti è speso rispondendo a quesiti, dubbi, anche paure, espressi attraverso queste piattaforme elettroniche. Anche l’uso della videochiamata ormai è sempre più diffuso. Questa duttilità e adattabilità della medicina di famiglia è anche legata al fatto che è il paziente il datore di lavoro del medico, che può sceglierlo, ma anche cambiarlo, qualora il rapporto con lui non lo soddisfi. Questo legame medico paziente è ciò che rende affascinante e complesso il lavoro del medico di famiglia e completamente diverso da quello di tutte le altre professioni sanitarie. In un contratto di dipendenza il datore di lavoro del medico diventa la struttura sanitaria, ad a questa il medico risponderà. Il paziente rimarrà solo un utilizzatore, che potrà esprimere un giudizio sul servizio che riceve, ma non cambiarlo.

Non potrà più neanche scegliere il medico che lo cura, perché in questa struttura i medici dipendenti ruoteranno, per coprire gli orari di apertura dell’ambulatorio e saranno intercambiabili fra loro. Questo tipo di organizzazione ad “ambulatorio divisionale” funziona bene per la medicina specialistica, chiamata a risolvere problemi specifici, seguendo linee guida e protocolli precisi, ma non per un medicina che dovrebbe seguire la “salute della persona nella sua globalità”. Un sistema simile è in uso in Svezia dove la persona non è associata ad un medico, ma ad un poliambulatorio, il Vårdcentral, simile ad una clinica, che può essere piccolo ma anche molto grande, con decine di medici. Non sai mai chi ti visiterà, non esistono le visite domiciliari, ed ogni accesso costa 17 euro. Questo tipo di servizio non è molto gradito e solo il 45% degli svedesi è iscritto ad un Vårdcentral, la maggior parte preferisce farsi curare da un medico specialista in privato. Parlavo tempo fa con un medico svedese, molto stupito da come sia organizzato il lavoro del medico di medicina generale in Italia.

Mi ricordo il suo commento sulla difficoltà a contattare telefonicamente i medici di medicina generale in Italia: “in Svezia nessuno si lamenterà mai di questo, perché nessuno si aspetta che un medico abbia tempo di rispondergli al telefono e poi anche gratis!”. E’ ovvio che la medicina del territorio ha bisogno di essere ristrutturata, perché c’è mancanza di medici ed il sistema così com’è non potrà mantenersi, ma ci sono tantissimi provvedimenti che potrebbero essere presi, come, ad esempio, l’alleggerimento delle procedure burocratiche (molti ammalati sanno quanti documenti vanno compilati per avere l’accesso a certe cure), il potenziamento della diagnostica nelle “case della salute”. Anche lo sviluppo delle stesse “case della salute”, gestite da medici di famiglia, convenzionati, che coprono l’orario della giornata per le urgenze e dove operano altri professionisti sanitari ed ausiliari, potrebbe consentire ai cittadini di non perdere questa loro figura di riferimento. Un’ultima considerazione, non si pensi che il fatto di essere medici di medicina generale convenzionati costituisca una situazione contrattuale privilegiata; la dipendenza con le sue 14 mensilità più una per il TFR, ferie e malattia pagate, sarebbe molto più vantaggiosa per i medici di medicina generale, ma, a questo punto, verrebbe perso quel particolare rapporto con i propri pazienti di cui parlavo, ed allora per quale motivo un giovane medico dovrebbe essere attratto da una professione divenuta generica e minore, ripetto ad un incarico specialistico? La “cancellazione del medico di fiducia” mi sembra un argomento troppo importante perché non se ne discuta, senza frasi fatte e slogan, con i cittadini, gli ammalati e le loro associazioni.

Dott. Marco Ragazzini Nucleo di cure primarie Forlì 2 – Casa della salute Risorgimento

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