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Spopolamento dei piccoli comuni, Russo (Azione Cattolica): "Senza lavoro non si crea famiglia"

Le osservazioni di Russo vanno oltre, ragionamento sullo spopolamento dei piccoli comuni

Con il lockdown innescato dall'epidemia da covid-19 non si è registrato il cosidetto "baby boom". "Ma come si fa a metter su famiglia se non c’è lavoro, se non c’è una prospettiva di futuro che tradotto in termini di infrastrutture significa che non c’è nemmeno un bene ormai primario come una connessione a internet", si chiede Edoardo Russo, presidente di Azione Cattolica della diocesi di Forlì-Bertinoro. Ma le osservazioni di Russo vanno oltre, ragionamento sullo spopolamento dei piccoli comuni.

"Tecnicamente si chiama “spopolamento” ma se parli con i giovani che ancora resistono ti dicono che è “una fuga in piena regola” che da anni, da una generazione almeno, colpisce i 5.521 comuni italiani con meno di 5000 abitanti (dato Istat del primo gennaio) e che rapidamente sta mettendo in ginocchio le comunità e “desertificando” i territori - afferma Russo -. Si fanno le valige da luoghi il più delle volte bellissimi dove le case costano poco, ma come si fa a metter su famiglia se non c’è lavoro, se non c’è una prospettiva di futuro che tradotto in termini di infrastrutture significa che non c’è nemmeno un bene ormai primario come una connessione a internet. E poi perché aprire un’attività dove non c’è mercato, dove nessuno compra perché soldi non ne girano".

"È un’Italia fatta di piccoli borghi e comunità montane che da Sud a Nord sembra essere accumunata dall’oblio della grande politica. Sono i tanti piccoli e piccolissimi paesi che hanno intessuto il Paese Italia - prosegue Russo -. Abbiamo il dovere di salvaguardare tutto ciò, di cercare con tutte le nostre forze di invertire la rotta. Lo scorso mese di gennaio la Legge 158 sui piccoli Comuni - approvata all’unanimità dalle Camere nel 2017 - finalmente ha intravisto una luce. La Conferenza Unificata, Stato ed enti locali, ha approvato l’elenco dei comuni con meno di 5000 abitanti che potranno beneficiare dei finanziamenti previsti dalla legge (15 i comuni della nostra provincia) - 160 milioni di euro, a oggi - e di altre risorse che nel tempo si spera si aggiungeranno. È una goccia importante in attesa di una vera politica nazionale per i territori e le piccole comunità. Sempre più necessaria per i circa 10 milioni di italiani, un sesto della popolazione, che vive e magari vorrebbe continuare a vivere dove è nata e cresciuta".

"La pandemia ci sta abituando a nuove modalità di lavoro e di produzione, che pongono in discussione il modello degli addensamenti urbani per come li abbiamo conosciuti. In discussione è l’alta concentrazione di risorse umane, intellettuali e finanziarie in spazi relativamente ristretti, per passare a una riorganizzazione residenziale su basi diverse che può interessare altri territori - conclude -. I nostri centri abitati sono, in realtà, creature viventi: nel corso del tempo crescono, si espandono, si assottigliano; si modifica la loro stessa vocazione prevalente. Chi sa che da quanto sta avvenendo non si possa trarre la spinta per un rilancio e per un miglioramento del nostro sistema sociale, del nostro essere comunità locale e nazionale ad un tempo".

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