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Venerdì, 19 Aprile 2024
Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Caprifoglio

Nel mese di maggio, in molti giardini privati o parchi pubblici, ma anche allo stato spontaneo nei boschi di collina, c’è un rampicante che attira l’attenzione su di sé per l’intenso profumo che emana: è il Caprifoglio

Nel mese di maggio, in molti giardini privati o parchi pubblici, ma anche allo stato spontaneo nei boschi di collina, c’è un rampicante che attira l’attenzione su di sé per l’intenso profumo che emana: è il Caprifoglio.

In realtà con il termine caprifoglio ci si riferisce, comunemente, ad un genere (Lonicera) comprendente circa 200 specie diverse, provenienti da Asia, America settentrionale ed Europa: di queste, una decina appartengono alla flora spontanea italiana, mentre in Cina si trova la maggioranza di specie presenti (circa 100).

Lo stesso genere Lonicera, per via del suo estremo polimorfismo, è stato suddiviso dai botanici in sezioni e sottogruppi: le specie rampicanti di tipo lianoso, le specie cespuglianti (a portamento arbustivo o cespuglioso); le specie rampicanti e sempreverdi con rami cavi. Tutte le specie si caratterizzano per cicli vegetativi intermedi, che comportano un quasi totale essiccamento della pianta, con sviluppo di nuovi polloni, che dopo qualche anno si disseccano, e così via.

Fra le specie spontanee italiane che appartengono alla prima sottosezione è presente il Caprifoglio comune o madreselva (Lonicera caprifolium), un arbusto legnoso di medie dimensioni, con fiori profumati di tipo “labiato”, colorati di bianco e rosso. La fioritura di questa specie va da maggio a luglio e l’impollinazione è “entomogama”, cioè avviene grazie a farfalle (diurne e notturne). Questi fiori attraggono soprattutto grossi imenotteri (come i Bombi) e le farfalle della famiglia delle Sfingidi, che con la loro lunga proboscide (chiamata “spiritromba”) riescono a raccogliere il nettare contenuto, fino a metà altezza, nel lungo tubo corollino. Il frutto di questa specie è una bacca non commestibile di circa 8 millimetri, carnosa e ovale, di colore dal rosso vivo all'arancione, a seconda della varietà, e contenente alcuni semi discoidi: la sua tossicità è dovuta alla presenza di alcaloidi che, se ingeriti, provocano nausea e attacchi diarroici.

Molte delle specie presenti in Italia sono ad uso ornamentale, per lo spiccato portamento rampicante: i rami, dalla rapida crescita (anche 1 metro e mezzo l’anno) non sono in grado di reggersi autonomamente, pertanto hanno bisogno di un sostegno a cui attorcigliarsi. Possono essere utilizzati in giardino e in terrazzo per rivestire muri, colonne, archi, e per coprire pareti.
Pianta molto rustica, il caprifoglio vive bene in vari tipi di terreno, con preferenza per quelli ben drenati e calcarei. Predilige suoli calcarei e ombrosi del sottobosco, le macchie, i vigneti, le boscaglie e i margini dei querceti e castagneti, sino a 1.200 m; si adatta comunque anche alla mezz’ombra o addirittura all’ombra completa, sebbene ciò provocherà una fioritura più tardiva e meno abbondante. È in grado di resistere anche a temperature di -10/-20°C.

Il termine del genere (Lonicera) fu coniato da Linneo nel 1753, adattando al latino il cognome "Lonitzer", in memoria del botanico Adam Lonitzer (italianizzato in Lonizer); il nome comune (caprifolium) deriva dal latino ed è composto da due termini: “capra” e “folium” (capra e foglia). Probabilmente questa dizione deriva dal fatto che le capre sono solite brucare le foglie di alcune specie di questo genere oppure perché questa pianta ha la stessa capacità delle capre di arrampicarsi verso l’alto.

I greci invece chiamavano queste piante "periclymenon", che significa “accerchiamento” (termine che probabilmente deriva dal verbo “perikleio”, “io mi intreccio”), perché la pianta ha la tendenza ad intrecciarsi e ad arrampicarsi sulle superfici a lei vicine. Un'altra versione dell’etimologia di questa pianta fa derivare questo nome dal personaggio di Periclimeno, figlio di Neleo, descritto da Omero nell'Odissea. Altri nomi comuni sono: Madreselva comune, Abbracciabosco, Vincibosco, Succiamiele, Legabosco, Uva di San Giovanni, Manicciola, Manine.

Ma il caprifoglio è anche protagonista di leggende e di opere letterarie: da Shakespeare nel “Sogno di una notte di mezza estate” [… così dolcemente il caprifoglio al soave convolvolo si allaccia. Così l’edera cinge le dita rugose dell’olmo...] a Emily Bronte in “Cime tempestose” […Non fu il rovo a chinarsi verso il caprifoglio, ma il caprifoglio ad abbracciare il rovo…]
Celebre è la leggenda di Tristano e Isotta: Tristano affida al caprifoglio, avvinghiato al nocciolo, il suo messaggio a Isotta: “Assieme possono durare a lungo – dice Tristano – ma se uno li separa, allora il nocciolo subito muore e il caprifoglio lo stesso. Mia bella amica, così è di noi: né voi senza di me, né io senza di voi”.

Curiosità: nel mese di febbraio stormi di pettirossi americani arrivano in California, riposandosi su piccoli alberi chiamati California holly, ovvero il Caprifoglio della California, rifocillandosi con i suoi frutti. Uno studio ha dimostrato che i pettirossi ingeriscono più di 30 bacche a pasto, rispetto alle 4-5 necessarie: il motivo è legato all’effetto inebriante che le bacche di caprifoglio esercitano su di essi. Diversi esemplari di California holly, che crescono spontaneamente sulle colline intorno a Los Angeles, hanno dato il nome alla famosa città di Hollywood (il cui nome si traduce proprio in Foresta di Holly).

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