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Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Il potere è delle donne: quando in natura il genere femminile è un carattere vincente

Che si tratti di uccelli, insetti o altri animali, parafrasando una famosa canzone di Patti Smith, “Women have the power”!

Proprio oggi ricordiamo la Giornata Internazionale della Donna (ricorrenza che ormai passa sotto forma di “festa”, ma che in realtà nasce in seguito ad una manifestazione, condotta da moltissime donne russe a San Pietroburgo, per chiedere la fine della guerra) e spesso ci viene alla mente la nota frase “Dietro ad un grande uomo si nasconde una grande donna” (attribuita alla scrittrice britannica Virginia Woolf). Se per il genere umano questo è certamente vero (come del resto è vero pure il contrario), anche nel restante regno animale spesso abbiamo esempi di come il genere femminile sia un carattere vincente all’interno della specie.


Se vogliamo parlare letteralmente di “grandezza”, possiamo notare come in diverse specie di rapaci (sia diurni che notturni) la femmina abbia dimensioni maggiori del maschio, a volte anche di un terzo superiori: alcuni esempi dei territori romagnoli sono l’Aquila reale (Aquila chrysaetos), lo Sparviere (Accipiter nisus), il Gheppio (Falco tinnunculus), il Falco pellegrino (Falco peregrinus), il Gufo reale (Bubo bubo) o l’Allocco (Strix aluco), che hanno femmine con apertura alare e peso superiori ai maschi. Una motivazione potrebbe essere che avere maggiore massa possa aiutare la femmina a proteggere più efficacemente le uova e i pulcini quando si trova ferma al nido, nella fase di cova e di cura della prole. Un’altra ipotesi attribuisce la differenza di dimensioni ad una diversificazione della taglia delle prede, con una minore competizione per il cibo, anche fra individui dello stesso nucleo famigliare. Un’ulteriore tesi ipotizza che femmine più grandi abbiano la capacità di competere meglio con eventuali altre femmine per la conquista di territori e di compagni e, al contempo, di sottomettere i maschi più piccoli o di difendersi da partner troppo aggressivi.


Ricordo infatti che nel regno animale, spesso, sono le femmine che scelgono il compagno con cui accoppiarsi (e rammento che in questo regno ricade anche il genere Homo…). Anche su quest’ultimo aspetto le differenze fra maschio e femmina sono evidenti e legate a motivazioni biologiche ed evolutive: il gamete maschile (spermatozoo) deve contenere solo le informazioni genetiche maschili ed è quindi più piccolo e mobile rispetto al più statico gamete femminile, l’uovo, che contiene non solo il patrimonio genetico della madre ma anche il nutrimento necessario alle prime fasi di sviluppo dell’embrione. Questo implica un maggior investimento energetico da parte della femmina per la produzione di un uovo, rispetto a quanto investe un maschio per la produzione di un solo spermatozoo: un maschio pertanto può “permettersi” di produrre un numero elevatissimo di gameti, in numero esageratamente superiore al numero delle uova prodotte dalla femmina della medesima specie. Questa situazione implica un diverso comportamento in fase riproduttiva, in quanto i maschi tenderanno ad una forte competizione fra loro per accedere ad una risorsa limitata (le uova e quindi le femmine), mentre quest’ultime non si accontentano del primo che passa, ma operano una forte selezione, scegliendo l’individuo più adatto e migliore: in ultima analisi, da un punto di vista evolutivo, il successo riproduttivo del maschio sarà rappresentato dalla quantità di accoppiamenti, mentre per la femmina dalla qualità del maschio scelto.


In natura ci sono poi diversi esempi di organizzazioni sociali a carattere matriarcale: due esempi su tutti, osservabili anche nei territori di Romagna, sono le api e le formiche. Questi due gruppi di insetti hanno una struttura sociale molto simile: a guidare l’intero “popolo” c’è una regina, che con i suoi feromoni (sostanze biochimiche) è in grado di comunicare con gli altri individui o, addirittura, inibire la fertilità degli altri esemplari femmine. La regina è dotata di ali (la formica le perderà dopo la fecondazione e la successiva fondazione di un nuovo formicaio) ed effettua il cosiddetto “volo nuziale”, durante il quale si accoppierà con numerosi maschi, i quali hanno come unico scopo nella loro breve vita proprio quello di fecondare la regina, al fine di garantirle la possibilità di deporre uova.


Dopo l’accoppiamento il destino dei maschi, che oramai hanno terminato il loro compito, è il medesimo: la morte. Mentre per le formiche la fine sembra essere più graduale (probabilmente la morte sopraggiunge per inedia, visto che le operaie si occuperanno solo della nuova regina, ignorando i maschi), la dipartita dei fuchi delle api è invece più macabra: terminato l’accoppiamento e la fecondazione, nel momento di staccarsi dal corpo della regina, il fuco lascia parte del proprio apparato riproduttore dentro il suo corpo, morendo a terra “evirato”. 


Anche nell’ordine degli uccelli ci sono esempi di poliandria (accoppiamento di una femmina con più maschi). Fra questi c’è la Passera scopaiola (Prunella modularis), un passeriforme di montagna che nidifica in cespugli e siepi e che ha un curioso sistema di accoppiamento: i maschi della specie becchettano la cloaca della femmina per farle espellere il seme del partner precedente e poterla a sua volta fecondare e trasmettere il proprio DNA alla progenie.  Come dire… chi ultimo arriva, meglio alloggia.


Insomma, che si tratti di uccelli, insetti o altri animali, parafrasando una famosa canzone di Patti Smith, “Women have the power”!
 

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