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Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Peste suina africana, anche il cinghiale non se la passa bene: ma in Romagna per ora nessun focolaio

Il Cinghiale (Sus scrofa) è un selvatico monogastrico (cioè con un solo stomaco, quindi non ruminante) e ungulato (che cammina sulle unghie delle dita, corrispondenti al nostro medio e anulare)

Nel folto della boscaglia o fra le strade di una città, ai margini di un campo coltivato o mentre si attraversa una strada, numerose sono le probabilità di incontrare questo massiccio animale selvatico, ultimamente sotto i riflettori anche a causa di alcuni focolai di Peste Suina Africana scoppiati in Piemonte e Liguria.

Il cinghiale

Il Cinghiale (Sus scrofa) è un selvatico monogastrico (cioè con un solo stomaco, quindi non ruminante) e ungulato (che cammina sulle unghie delle dita, corrispondenti al nostro medio e anulare): quasi scomparso dall’Italia nel secondo dopoguerra, grazie alla sua estrema adattabilità e plasticità alimentare è riuscito a riconquistare e colonizzare praticamente tutto il territorio italiano (anche se, a dir la verità, i ripopolamenti a scopo venatorio hanno dato una bella mano!)

Il cinghiale è un animale corpulento e dagli arti corti, dotato di un grugno pronunciato e di lunghi incisivi inferiori a scalpello (che nel maschio fuoriescono dalla bocca), utilissimi nell’attività di scavo e di ricerca del cibo. Il maschio adulto (verro) può arrivare a pesare anche 200kg, mentre la scrofa raggiunge al massimo i 150kg.

La stagione riproduttiva si svolge normalmente tra novembre e gennaio, con le nascite fra aprile e maggio, ma in anni di particolare abbondanza di risorse alimentari è possibile assistere a due riproduzioni stagionali (aprile-maggio e settembre), con parti dopo i consueti 3 mesi abbondanti di gestazione. Alla nascita i cuccioli hanno il mantello striato longitudinalmente di giallo-bruno (chiamato simpaticamente “pigiama”), livrea che viene perduta dopo i 4-5 mesi quando, con la muta della pelliccia, spunterà un manto rossiccio. I giovani (definiti porcastri) manterranno questa colorazione per un anno e mezzo, quando in seguito a periodica muta stagionale (due all’anno, a fine settembre e a maggio) vestiranno il colore grigio-nerastro degli adulti. La pelliccia è formata da setole ispide (giarra) e da un sottopelo (borra), quest’ultimo con funzione termica e quindi più fitto in inverno.

Famiglia e habitat

I gruppi familiari sono matriarcali, formati da femmine adulte con cuccioli e giovani dell’anno precedente: come in moltissime specie animali, anche nel cinghiale l’istinto e la protezione della prole sono forti, pertanto si è diffusa la leggenda metropolitana che le femmine “attacchino” anche l’uomo quando hanno i piccoli al seguito. In verità, come ogni animale selvatico, anche il cinghiale preferisce la fuga di fronte all’uomo, ma se, sfortunatamente, ci troviamo sull’unica via di scampo, avremo la sensazione che l’animale ci stia “caricando”, mentre invece ha una dannata fifa e sta cercando di allontanarsi il più possibile da noi.

I maschi giovani fanno raggruppamenti a parte, unendosi alle femmine solo nel periodo degli accoppiamenti; i maschi adulti invece sono generalmente solitari o, al massimo, accettano la compagnia di uno/due giovani sottoposti (scudieri).

L’habitat preferito dal cinghiale è costituito da boschi misti di latifoglie che producono frutti (come faggiole, castagne o ghiande) e da radure dove poter ricercare tuberi o radici, grufolando nel sottobosco. L’alimentazione però non è caratterizzata solo da vegetali: il cinghiale è, di fatto, onnivoro e una quota variabile della sua dieta (a seconda della stagione) è costituita da invertebrati, insetti, carogne, funghi. Data la sua struttura fisica, che gli rende difficoltosi gli spostamenti su copertura nevosa molto alta, preferisce versanti assolati, dove in inverno la neve solitamente resiste per poco tempo.

In foresta uno dei segnali della sua presenza più facili da identificare sono gli insogli, pozzanghere di acqua e fango (una specie di SPA per ungulati), entro cui il cinghiale si rotola per intrappolare nel fango che si rapprende parassiti e setole vecchie, da cui poi si libererà strofinandosi sui grattatoi (tronchi di alberi nei pressi delle pozze).

La PSA, Peste Suina Africana

Il maggior predatore del cinghiale è il Lupo, che attua una formidabile selezione su individui malati, vecchi o feriti. Alcuni studi lo hanno anche indicato come uno dei fattori di limitazione della Peste Suina Africana (PSA), parassitosi che colpisce cinghiali e maiali, con conseguenza letali.

Ma se da un lato il lupo contribuisce in maniera naturale a far sparire eventuali carcasse contaminate da PSA, dall’altro potrebbe contribuire a diffondere la malattia tramite contatto, in quanto le sue zampe potrebbero aver pestato feci, sangue o carne infetta. Infatti la PSA si trasmette sia per contatto diretto fra gli animali infetti che per contatto indiretto (indumenti venuti a contatto con liquidi corporei).

La PSA non è una zoonosi, cioè non si trasmette dall’animale all’uomo, ma è letale per i suini quasi nel 100% dei casi e, purtroppo, ancora non è stata scoperta la cura. Inoltre la particella virale è molto resistente (anche oltre 7gg al di fuori dell’ospite) e sopporta temperature molto alte o basse, nonché resta vitale anche dopo eventuale stagionatura delle carni.

Per arginare i focolai, in alcuni comuni di Liguria e Piemonte sono state vietate per alcuni mesi attività come trekking, caccia e pesca, raccolta di funghi e tartufi, mentre il Ministero della Salute e alcune organizzazioni hanno pubblicato delle brochures, evidenziando le buone pratiche di comportamento in caso di avvistamento di carcasse di cinghiale (https://www.alimenti-salute.it/sites/default/files/n3%20PSA%20locandina%20ESCURSIONISTI.pdf). Al momento nel nostro territorio romagnolo non ci sono evidenze di focolai di PSA, ma se avete visto carcasse di cinghiale durante una passeggiata fate una segnalazione seguendo le indicazioni riportate nella brochure che trovate al link sopra menzionato.

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