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Lunedì, 2 Ottobre 2023
Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Un colibrì in giardino

In Italia è conosciuta anche col nome di “falena colibrì” o “sfinge colibrì” o “sfinge del galio”: questi nomi sono dovuti ad alcune sue caratteristiche morfologiche o comportamentali.

Nei giardini di Romagna spesso si vede volare una farfalla che, a differenza di altre, per bere il nettare non si posa sui fiori, ma rimane sospesa in volo librato, come se fosse un colibrì: è la Sfinge del galio. La Sfinge del galio (Macroglossum stellatarum) è un lepidottero appartenente alla famiglia Sfingidi, diffusa in tutta l’Europa meridionale e America del Nord, con abitudini diurne e crepuscolari.

In Italia è conosciuta anche col nome di “falena colibrì” o “sfinge colibrì” o “sfinge del galio”: questi nomi sono dovuti ad alcune sue caratteristiche morfologiche o comportamentali. L’appellativo “sfinge” deriva da un tipico atteggiamento che hanno i bruchi della famiglia degli sfingidi, i quali hanno l’abitudine di sollevarsi, quando disturbati, e di restare immobili come una sfinge egizia; “galio” indica invece le piante del genere Galium, una delle principali nutrici delle larve; “colibrì” è invece utilizzato per la sua somiglianza da adulta, sia nell’aspetto che nel modo di nutrirsi, con questo uccello tropicale. Se guardiamo al significato etimologico del nome, il termine generico “macroglossum” deriva da “makros” (= lungo) e “glossa” (= lingua), per via del suo lunghissimo organo boccale di suzione del nettare, simile ad una proboscide, che la farfalla estroflette nel momento in cui deve nutrirsi (quando invece è a riposo resta arrotolata). Il nome specifico “stellatarum” invece si riferisce al desueto nome “Stellatae”, riferito alla famiglia di piante che comprende quella che è la più importante fonte alimentare del bruco.  Farfalla migratrice, in Italia è ubiquitaria e presente dal livello del mare fino a circa 2000 metri. In estate compie migrazioni verso l'Europa nord occidentale mentre in inverno si sposta verso l'Africa. 

Dotata di un volo velocissimo (può raggiungere anche i 50km/h), alla stregua dei colibrì riesce a restare in volo librato (in gergo tecnico “hovering”), tecnica che le permette di aspirare il nettare dei fiori senza posarsi su di essi e di spostarsi rapidamente da un fiore all'altro. La particolare morfologia della lingua (spiritromba) è un adattamento evolutivo, che le permette di raggiungere fiori inaccessibili ad altri insetti: è infatti particolarmente attratta dai fiori ad alto contenuto nettarifero e dotati di calice "a trombetta", quali verbena, valeriana rossa, caprifoglio, buddleja (di cui abbiamo parlato in un precedente articolo, che trovate qui), primula, syringa e tanti altri. La spiritromba è formata da due lobi (esterni alle mascelle) molto allungati, con i margini conformati in modo da potersi accollare fra loro e formare un tubo.

Il parallelismo comportamentale e alimentare tra questa sfinge e il colibrì delinea il concetto di “convergenza evolutiva”, fenomeno per il quale specie diverse che vivono nello stesso tipo di ambiente, o in nicchie ecologiche simili (anche a migliaia di km di distanza), sulla spinta delle stesse pressioni ambientali, si evolvono sviluppando, per selezione naturale, determinate strutture o adattamenti che li portano ad assomigliarsi moltissimo: in questo caso, insetto e uccello hanno sviluppato un battito d'ali velocissimo con hovering e un apparato boccale allungato e affusolato, proprio per soddisfare una stessa esigenza, ovvero la dieta nettarivora .Fra i segnali di questa convergenza evolutiva rientra anche la particolare estremità dell'addome della falena colibrì, su cui è posizionato un ciuffo di peli, bianco e nero: queste strutture hanno la stessa funzione di timone e stabilizzatore del volo, assolta dalle penne timoniere della coda degli uccelli.

La deposizione delle uova si verifica almeno 2 volte all’anno (nella fascia meridionale dell'areale possono aversi fino a quattro deposizioni): gli adulti sono visibili in qualsiasi periodo dell'anno, in giardini, parchi, prati, cespugli e macchie ai margini dei boschi, dove crescono le piante su cui si alimentano. Svernano negli interstizi di rocce, alberi ed edifici, ed in caso di giornate invernali particolarmente temperate possono emergere per nutrirsi. Le uova sono lucide, colore verde pallido e sferiche (diametro circa 1 mm), a imitazione delle gemme di Galium, pianta ospite su cui la femmina depone fino a 200. La schiusa richiede dai 6 agli 8 giorni e, appena fuoriuscite, le larve sono giallo chiaro: con la successiva muta assumono la colorazione verde con due strisce chiare ai lati e il corno posteriore, tipico delle sfingidi. Il corno è rosso porpora, per divenire blu con l’estremità arancione nell'ultima muta. Brucano sulla sommità delle piante e riposano nel folto dei rami. Possono permanere nello stadio di larva anche solo per 20 giorni, per poi metamorfosare in pupe bruno-pallido, con una proboscide prominente e due spine acuminate all'estremità della crisalide. Sono avvolte in bozzoli setosi tra i residui della pianta ospite o tra i resti delle foglie cadute al suolo. Nella fase adulta invece hanno ali anteriori brune, attraversate da ondulate linee nere, mentre quelle posteriori sono arancioni orlate di nero. L'addome è piuttosto ampio e termina con una breve coda a ventaglio. L'apertura alare è di 45–100 mm e fino a 200mm, mentre il corpo può raggiungere una lunghezza da 4 a 6 centimetri.

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