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Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

L’Upupa: da “uccello calunniato” a simbolo dalla Lipu

Il suo verso è caratteristico: un trisillabico “up-up-up” che gli è valso anche il nome onomatopeico di Upupa (anche i latini la identificavano con questo termine)

L’upupa (Upupa epops) è un uccello migratore insettivoro, presente nel territorio romagnolo dai primi di aprile fino alla fine di agosto-metà settembre quando, con l’accorciarsi delle giornate, riprende la rotta migratoria, per passare l’inverno in Africa meridionale e Madagascar. È lungo circa una trentina di centimetri, compreso il becco (lungo, sottile e leggermente incurvato), che utilizza come una pinza, per estrarre dal terreno i lombrichi di cui va ghiotto o per penetrare nelle minuscole fessure delle cortecce e delle rocce, alla ricerca degli insetti che sono alla base della sua dieta. Il grillotalpa è la sua preda preferita, sebbene riesca a catturare anche lucertole: la caccia avviene principalmente camminando sul terreno, sondandolo col becco.

Il suo piumaggio è inconfondibile: il corpo è color marrone rosato, con ampie ali arrotondate, di colore nero a strisce bianche; il vertice del capo è dotato di una cresta bordata di nero, che in condizioni normali è abbassata sulla testa, mentre viene eretta quando l’uccello è in allarme. La coda è nera, con un’evidente barra bianca al centro. Il volo (battuto, irregolare e sinuoso, simile al ritmo discontinuo di una farfalla) mette in evidenza il piumaggio bianco-nero delle ali, che serve sia come segnale di marcatura territoriale, sia come richiamo per il partner. 

Durante il periodo del corteggiamento il maschio segue insistentemente la femmina, con le penne della testa arruffate ed emettendo il suo ritmico verso; inoltre, come atteggiamento rituale, il maschio le offre anche doni di prede. Nidifica all’interno delle cavità degli alberi da frutto e di vecchi gelsi, ma sfrutta anche fessure nei muri dei vecchi ruderi; frequenta con preferenza gli spazi aperti, con alberature nelle vicinanze, castagneti o boschetti ripariali, mentre evita i boschi estesi.

Durante il periodo riproduttivo, nella femmina l’uropigio (ghiandola posta vicino alla coda) aumenta rapidamente le proprie dimensioni e comincia a secernere un liquido nerastro dall'odore nauseabondo, che ricorda la carne marcescente: l'animale spande periodicamente questo liquido oleoso sul proprio piumaggio, probabilmente allo scopo di tenere alla larga eventuali intrusi, sebbene non siano escluse proprietà antiparassitarie e battericide. La quantità di liquido secreta aumenta proporzionalmente all'eccitazione dell'animale, ma resta nell'ordine delle poche gocce: al di fuori del periodo riproduttivo, la ghiandola dell'uropigio riprende le sue funzioni ordinarie, secernendo un liquido oleoso inodore e giallastro, che l'animale utilizza per toelettare le piume. 

L’upupa può deporre fino a 12 uova, che sono incubate esclusivamente dalla madre per circa 2 settimane, mentre il maschio ha il compito di alimentare la compagna per tutto il periodo di cova. La schiusa è asincrona, con differenze di sviluppo nei pulcini anche di 15 giorni. I giovani restano nel nido per circa 5 settimane, durante le quali sono imbeccati dai genitori. In natura l’upupa può vivere fino a circa 11 anni. Spesso l'upupa può essere osservata anche fare bagni di sabbia o di polvere, arruffando le penne ed aiutandosi col becco ai bordi delle strade sterrate: questi hanno lo scopo di aiutare l’animale a liberarsi degli eventuali parassiti che possono infestare le penne.

Il suo verso è caratteristico: un trisillabico “up-up-up” che gli è valso anche il nome onomatopeico di Upupa (anche i latini la identificavano con questo termine). Il nome specifico “epops” deriva invece dal greco classico “epi” = sopra, e “ops” = voce, cioè che grida forte, probabilmente per il tono molto alto del suo richiamo, che si riesce a sentire anche da molto lontano. Ferrante Foschi, nel suo libro “I nomi dialettali degli uccelli di Romagna” la chiama “Pópla”, probabilmente dal termine “Lópla” = ciuffo, per via della cresta che porta sul capo, come un cimiero. Altro nome dialettale è “Bóbla”, derivato dal verbo bubbolare, che indica il suo verso.

Certamente l’upupa è un uccello presente da sempre nella cultura dell’uomo: nella civiltà egizia e minoica era considerata un animale sacro, nella Bibbia è annoverata fra gli animali da non mangiare (probabilmente a causa del forte odore che femmine e nidiacei emanano durante la cova), nel Corano è descritta come messaggero che porta a Salomone la notizia dell'esistenza della Regina di Saba e viene a questa rispedita dal re d'Israele per chiederle di convertirsi.

Soggetto molto rappresentato, la ritroviamo nella pittura, nella numismatica e perfino nell’araldica di diverse città, ma è nella letteratura che trova ampio spazio, fin dai tempi antichi. Nelle sue “Metamorfosi”, Ovidio racconta di Tereo, re di Tracia, e di quando la moglie Procne (venuta a conoscenza dello stupro della sorella Filomela da parte del marito) gli serve delle pietanze cucinate con la carne del loro figlio Iti: il re tenta di ucciderla, ma viene tramutato in upupa. Nel poema “Il Verbo degli uccelli”, antico testo persiano, il capo degli uccelli è proprio un'upupa e per questo considerato simbolo di virtù. Ampiamente celebrata anche nella letteratura italiana, l’upupa viene descritta da Giuseppe Parini (ai primi dell’Ottocento) come uccello lugubre, che assieme ai gufi “…con ferali stridi portavan miserandi augùri…”; non da meno è Ugo Foscolo che, ne “I Sepolcri”, la descrive dedita a “…uscir del teschio, ove fuggìa la Luna, […] e svolazzar su per le croci sparse per la funerea campagna…”.

Fortunatamente, molti anni dopo, Eugenio Montale ha riabilitato la triste fama dell’Upupa con questi versi contenuti nella raccolta di poesie “Ossi di seppia”: “Upupa, ilare uccello calunniato dai poeti, che roti la tua cresta sopra l’aereo stollo del pollaio e come un finto gallo giri al vento; nunzio primaverile, upupa, come per te il tempo s’arresta, non muore più il Febbraio, come tutto di fuori si protende al muover del tuo capo, aligero folletto, e tu lo ignori”. Più recentemente, nel 1971, l’upupa viene scelta come simbolo della LIPU – Lega Italiana Protezione Uccelli mentre, da maggio del 2008, è l'uccello nazionale dello Stato d'Israele.

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