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Briciole di natura

Briciole di natura

A cura di Riccardo Raggi

Il vischio, la pianta dai due volti: 'attira i baci', ma è velenosa per l'uomo

Il vischio è una pianta emiparassita: significa che, pur avendo clorofilla e quindi facendo la fotosintesi, ha necessità di prelevare alcuni elementi nutritivi . Ma fate attenzione: è velenosa per l'uomo!

Passeggiando nei parchi cittadini o nei boschi, a volte è possibile osservare sui rami degli alberi (in particolare conifere o latifoglie quali salice, robinia, pioppo, acero, melo o tiglio) dei “cespugli” di forma più o meno globosa ed espansa, formati da piccole foglie sempreverdi oblunghe (in inverno è più facile vederli perché in assenza della chioma risultano più evidenti): stiamo parlando del Vischio (Viscum album)

Il vischio è una pianta emiparassita: significa che, pur avendo clorofilla e quindi facendo la fotosintesi, ha necessità di prelevare alcuni elementi nutritivi (di solito acqua, sali minerali e azoto) da una pianta ospite. Per fare questo il vischio sviluppa delle sottili radici modificate (chiamate austori) che penetrano nella corteccia dell’albero ospite fino ad arrivare ai vasi conduttori dove potrà captare le preziose risorse vitali. Normalmente è un arbusto cespuglioso di poche decine di centimetri, ma che in casi particolari, può raggiungere anche dimensioni ragguardevoli (su un tiglio nei pressi della mia abitazione c’è una formazione globosa di quasi un metro di diametro)!

I suoi frutti sono costituiti da piccole bacche tonde e color madreperla: gli uccelli, ghiotti di queste piccole sfere chiare, se ne cibano durante l’inverno e contribuiscono a diffondere la pianta con le loro deiezioni, deponendole sui rami: in tal modo i semi ingeriti assieme alla bacca, inizieranno a germinare dando vita a una nuova piantina. Ma se per gli uccelli è risorsa alimentare per noi uomini, in forma concentrata, è pianta tossica: nonostante ciò era utilizzata nella medicina popolare, sotto forma di polvere, per la cura della gotta oppure come diuretico, antiepilettico o per ridurre il battito cardiaco.

Era pianta anche conosciuta dagli “uccellatori”, coloro che erano dediti alla cattura degli uccelli vivi: con la polpa gelatinosa si ricavava la “pania”, un collante naturale che veniva cosparso sui rametti degli alberi ricchi di frutti (uno di questi è proprio il Sorbo degli uccellatori, ricco di grappoli di frutti arancioni) per catturare tordi, merli cesene ed altri passeriformi da utilizzare come richiami vivi (pratica ora vietata) o per essere messi in pentola.

Il vischio fiorisce da febbraio a maggio con piccoli fiori giallo-verdi ed è diffuso fino a circa 1200m di quota in tutte le regioni italiane. Il nome deriva dal latino “viscum” che significa viscido/viscoso (per via della proprietà della sua polpa) e da “albus” cioè bianco, dal colore delle sue bacche.

Questa pianta è diventata anche simbolo tradizionale del periodo natalizio: usanza vuole che gli innamorati debbano baciarsi quando si trovino a passare sotto ad una pianta di vischio.  Ma da dove nasce questa tradizione? La leggenda è legata alla mitologia norrena e alla morte di uno dei figli di Odino e Frigg, il dio della luce Baldr (non a caso sovrapponibile alla figura di Cristo, nella religione cristiana). La dea Frigg, per proteggere il figlio dalla morte ed assicurargli l’immortalità, fece promettere a tutte gli oggetti del creato di non nuocere mai in nessuna maniera a Baldr. Ma nel fare questo Frigg si dimenticò di una piccola piantina, il vischio.  Il dio Loki, invidioso di tanta benevolenza, fabbricò una freccia di legno di vischio e la fece scoccare al dio cieco Höôr: il dardo colpì al petto il dio Baldr, che morì all’istante.

Una versione della leggenda vuole che la dea Frigg, addolorata per la perdita del figlio, pianse sul suo corpo e che le lacrime, cadendo sulla freccia di vischio, si trasformassero in bacche color madreperla che riportarono in vita Baldr. Da quel giorno, come ringraziamento per questa rinascita, la dea Frigg baciava chiunque si trovasse a passare sotto una pianta di vischio, augurando pace e amore. Il vischio è una pianta che da tempo si accompagna alla storia dell’uomo: già Virgilio scrive che Enea, per poter scendere negli inferi e poter rivedere il padre Anchise, si sarebbe dovuto procurare un rametto di vischio, stratagemma che gli permise di essere traghettato da Caronte al di là dello Stige. Plinio racconta che, nelle popolazioni celtiche, i sacerdoti Druidi si recavano in foresta alla ricerca delle piante di vischio che crescevano sugli alberi di Rovere (pianta sacra) e che raccolto al sesto giorno di luna, fosse in grado di guarire ogni malanno.

Anche a causa delle proprietà delle sue bacche, il vischio è entrato nel parlare comune: quante volte abbiamo sentito o usato il termine “invischiato” che in termine figurativo significa “restare coinvolto in situazioni dalle quali è poi difficile liberarsi” (dalla Enciclopedia Treccani). Chissà dunque se dopo la lettura di queste poche righe, passeggiando durante le festività natalizie, riusciate a vedere un bell’arbusto di vischio, può essere l’occasione per una bella osservazione naturalistica… e per schioccare un bel bacio.
 

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