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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Alla scoperta della Casa del Palmezzano e della Loza de’ Pont de’ Brocch

Storicamente il pittore non vi abitò mai: “Accorto investitore dei suoi guadagni - scrive Vittorio Mezzomonaco nel libro “C’era una volta la Via Bagnola” - comprò soprattutto case, terreni e bestiame”

E’ uno degli scorci più popolari del centro storico di Forlì. La “Loza de’ Pont de’ Brocch”, con la soprastante casa che appartenne al grande Marco Palmezzano, allievo di Melozzo degli Ambrogi, dopo averla acquistata da un tal Vesio Taroni da San Varano (fonte Archivio di Stato), ha attraversato almeno sei secoli di vita urbana. Eretto nel XV secolo su strutture preesistenti, con tutta probabilità duecentesche, l’edificio costituisce uno degli esempi più appariscenti in città di architettura medievale. “A Forlì - scrive Antonio Paolucci - l'arte figurativa assumeva aspetti distinguibili rispetto a quelli pur simili e fraterni presenti nelle città vicine. Il responsabile della differenza, l'artista che ha dato alla Forlì del Rinascimento una specifica identità, è stato proprio Marco Palmezzano”. Alla sua morte, nel 1539, casa e loggia passarono agli eredi Palmeggiani.

“La facciata – scrivono Marco Viroli e Gabriele Zelli nel volume “Forlì. Guida alla città” - è composta da quattro grosse colonne che sorreggono le tre campate del portico: una presenta un doppio arco ribassato, mentre le altre due racchiudono una coppia di archetti pensili che si fondono al centro su di un capitello a goccia di spungone, decorato con una rosa a quattro petali. L’interno ha perso totalmente i suoi connotati peculiari e originari a causa dei numerosi interventi di ristrutturazione, cui l’edificio è stato sottoposto nel corso dei secoli. La complessità delle soluzioni adottate porta a pensare che, alla fase costruttiva, abbia partecipato un maestro molto abile ed esperto”. Storicamente, nella casa che pure porta il suo nome, il Palmezzano non vi abitò mai: “Accorto investitore dei suoi guadagni - scrive Vittorio Mezzomonaco nel libro “C’era una volta la Via Bagnola”, edito nel 1984 con disegni di Sauro Rocchi – comprò soprattutto case (aveva una villa piuttosto bella nel sobborgo Ravaldino sulla strada per San Martino), terreni e bestiame. Di questa oculata attività restano all’Archivio di Stato numerosissimi contratti”. Confinante con Casa Parmeggiani sorge Casa Fusaroli, già Brocchi.

Dalle cronache cittadine si apprende che Caterina Sforza, nel 1495, in seguito all’uccisione di Giacomo Feo, suo secondo marito, fece incarcerare alcuni componenti della famiglia Brocchi. Dal loro cognome deriva la denominazione del porticato sottostante, prolungamento della “Loza d’ e’ Pont d’ e’ Broch”. Oltre che pregevole reminiscenza medievale (a Forlì è rimasto molto poco), la “Loza” vanta anche un’interessante tessuto di umanità. “Bottoncini primo giornalaio ambulante della città - scrive Giuliano Missirini nella straordinaria e pionieristica opera “Guida raccontata di Forlì” - aveva bottega proprio lì sotto. Piccolissimo, vestito sempre di scuro, bianca la lunga barba, una bracciata troppo voluminosa di giornali. All'alba è già in giro, annunciandosi con un suo grido che aveva la sonorità di un canto di un gallo. Gli rispondeva la Veneranda, l’unica sua concorrente, che strascinava, cantilenandoli, i titoli dei giornali”.

Dell’antico fervore commerciale persistono un macellaio, una rivendita di giornali, un’atelier di moda e un bar-caffetteria. Che “loza” in dialetto significhi porticato è fuori discussione, mentre non è chiaro il riferimento che la lingua dei nostri padri fa a “e’ pont”. “Sulla possibile esistenza del nostro ponte – illumina Vittorio Mezzomonaco nel volume sopra citato – abbiamo una testimonianza di Pietro Reggiani, il quale, osservando lavori di sottomurazione eseguiti nel 1929 all’angolo fra Corso Garibaldi e Via Albicini, notò sotto uno strato di materiale vario di riporto relativamente recente, un denso strato di sabbia e sotto questo un limo nerastro con fittili romani in frantumi. Ne concluse dovesse trattarsi del fossato di protezione e recinzione del primitivo Foro Romano”.

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