Chiesa dei Romiti: risparmiata dall’alluvione del 16 maggio, fu profanata dai tedeschi nel corso dell’ultima guerra
L’imminente avvio dei lavori per la nuova chiesa dei Romiti, con posa della prima pietra prevista per il prossimo 21 giugno, porta a rivolgere il pensiero alla vecchia parrocchiale, dedicata a Santa Maria in Voto
L’imminente avvio dei lavori per la nuova chiesa dei Romiti, con posa della prima pietra prevista per il prossimo 21 giugno, porta inevitabilmente a pensare alla vecchia parrocchiale, dedicata a Santa Maria in Voto. Le sue origini si perdono nell’antichità: Fusconi e Calandrini nel primo dei tre volumi dedicati a “Forlì e i suoi Vescovi”, citano una stipulazione del 1467 dove si parla di alcuni eremiti dimoranti “extra portam Forlilivii in lateribus Sancti Augustini, iuxta uiam comunis”, ossia fuori le mura sulla pubblica via. Don Romeo Bagattoni, nella pubblicazione “La Madonna del Fuoco”, edita negli anni Venti del XX secolo, riferisce di una piccola cappella dedicata alla Beata Vergine sulle rive del Montone fin dai primi anni del XV secolo: il luogo di culto è affidato ad una confraternita di venti nobili laici forlivesi. Nel 1513 accanto alla chiesa fu edificato il convento di Santa Maria degli Eremiti.
Dopo neppure 40 anni, nel 1552, Bino Orbetelli, comandante dell’esercito di Papa Paolo IV in guerra contro gli spagnoli, dispose la distruzione dell’intero complesso: chiesa e convento si trovavano, infatti, troppo a ridosso delle mura urbane nei pressi di Porta Schiavonia e gli spagnoli avrebbero potuto nascondervi armi e munizioni. La ricostruzione avverrà nel 1570 per volontà del vescovo di Forlì monsignor Antonio Gianotti, che aveva dato credito alla “vox populi” secondo cui, fra i ruderi della chiesa distrutta si era manifestato un fatto prodigioso.
La valenza strategica della chiesetta posta sulla riva destra del fiume Montone, quattro secoli dopo sarà notata nientemeno che dalla Wehrmacht tedesca, che ne fece un avamposto militare. “L’occupazione della canonica da parte dei soldati – annota nel suo diario il parroco don Emilio Gezzi – comincia il 22 giugno 1944. Il 26 ottobre i guastatori tedeschi fanno saltare con le mine la cabina della luce elettrica situata a fianco del cimitero parrocchiale, incendiando tutto il macchinario”. La distruzione del complesso dei Romiti s’intensifica: “Il 30 ottobre alcune schegge sono entrate nella sacrestia perforando la finestra (…) il 4 novembre uno spezzone è entrato nel battistero rompendo in parte la colonna della bifora”.
La mattina del 9 novembre, il Quinto corpo dell’Ottava armata britannica, al comando del generale McCreery, fa il suo ingresso in città. Gli Alleati liberano il centro storico, ma non riescono ad oltrepassare il Montone: alle 3.30 i tedeschi, dopo aver minato le torri cittadine, avevano fatto saltare anche il ponte sul fiume. Il giorno seguente, i militari germanici cacciano l’Arciprete dalla canonica dei Romiti, col pretesto che difende i partigiani: il sacerdote si avvia per la strada di Villagrappa, “trovando riparo nella casa colonica attigua alla Celletta delle Passere”. Il 13 novembre, dopo la definitiva ritirata dei tedeschi, don Gezzi rientra ai Romiti e trova un mucchio di rovine: mobili spezzati e sovrapposti come in una barricata, i viveri, gli indumenti e i paramenti sacri saccheggiati ed asportati, la chiesa profanata.
“I tedeschi hanno compiuto le azioni più ributtanti ed incivili, degni emuli degli Unni: il loro passaggio sarà eternamente ricordato con raccapriccio e con sdegno”. La chiesa era stata trasformata in una cucina e peggio ancora in un gabinetto di decenza, usando le tovaglie dell’altare. L’Arciprete riprende l’attività parrocchiale il 19 novembre nella Celletta dei Passeri. Per poter ritornare nella chiesa di Santa Maria del Voto, ricostruita e riaperta al culto, dovrà attendere il 1948.