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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Corso Armando Diaz, problemi di prospettiva

Quanto era bello Corso Diaz ancora dominato dalla mole del primo torrione dell’acquedotto. L’antico assetto è stato fortemente turbato dal bombardamento tedesco del 10 dicembre 1944

Una foto di rara bellezza, risalente al 1929, estrapolata dal gruppo social “Forlì…Quanti forlivesi ci sono su Facebook”, ci mostra quanto era bello Corso Armando Diaz ancora dominato dalla mole del primo torrione dell’acquedotto. Fatto saltare dalla Wehrmacht in ritirata la notte fra l’8 e il 9 novembre 1944, era stato eretto appena quarant’anni prima, nel 1905, utilizzando i mattoni delle mura cittadine, demolite per “aprire la città ai commerci”. “Si può dire – scrive Gilberto Giorgetti in “Borgo Ravaldino”, pubblicato nel 2008 per Almanacco Editore - che dall’Alto Medioevo in poi l’asse viario ravaldinese, fino al 1928 intitolato ad Aurelio Saffi, sia stato protagonista indiscusso della storia di Forlì”. L’antico assetto del corso è stato fortemente turbato dal bombardamento tedesco del 10 dicembre 1944, lo stesso che annientò la quattrocentesca chiesa di San Biagio e con essa la cappella Feo “illuminata” dagli affreschi del Palmezzano su “cartoni” del Melozzo.

Scrive Antonio Mambelli nei suoi diari: “I quattro Focke-Wulf 190 F8 tedeschi, dotati ognuno di una bomba tipo Grossladungsbombe SB 1000 munita di spoletta AZ 55 A per farla esplodere prima dell'impatto col suolo, sganciano il loro carico da 2.200 chilogrammi su San Biagio e in Corso Diaz sui palazzi Prati, Dall’Aste e Merenda”. L’obiettivo era quest’ultimo, in quanto vi alloggiava il comando inglese che un mese prima aveva liberato Forlì. L’ordigno crea il vuoto dal cortile di palazzo Prati fino a via Caterina Sforza: in tutto muoiono 60 persone. Nel 1947, sulle rovine di Palazzo Dall’Aste Brandolini sorse il Cinema Teatro Astra, a sua volta sostituito nel 2000 dal Teatro Diego Fabbri.

Le bombe tedesche causarono danni tremendi anche a Palazzo Savorelli Prati, polverizzando gran parte della collezione di dipinti, cristalli, ceramiche e mobili in stile Luigi XVI custoditi all’interno. Il voluminoso condominio innalzato negli anni ‘60 all’angolo con via Merenda, andò a colmare uno dei varchi originati dagli ordigni. Nessuna giustificazione di ricostruzione post bellica va invece ascritta alla poderosa mole dell’Istituto Clelia Merloni, eretto nei primi anni 60 al civico 103 di corso Diaz, in luogo di un vecchio e fatiscente edificio, che nel 1948 era stato donato da Luigia Merloni alle Apostole del Sacro Cuore di Gesù, per realizzarvi una scuola materna.

Nata a Forlì il 10 marzo 1861, Clelia lasciò la città all’età di 4 anni in seguito alla morte della madre e per esigenze lavorative del padre. Nel 1894, dopo diverse esperienze in altri istituti religiosi, assieme a due compagne fondò a Viareggio una nuova congregazione femminile per l’assistenza a fanciulli, bisognosi ed emigranti. L’ordine è oggi diffuso in 14 paesi al mondo, con circa 1.200 membri. Suor Clelia è morta a Roma il 21 novembre 1930. Il 26 gennaio 2018 papa Francesco ha autorizzato la Congregazione per le cause dei Santi a promulgare il decreto che riconosce il miracolo avvenuto per sua intercessione nel 1957, ovvero la guarigione di un medico brasiliano. È stata proclamata beata a Roma il 3 novembre 2018. A Forlì le Apostole del Sacro Cuore di Gesù sono presenti dal 1948 nel seminario diocesano e dal 1949 in corso Diaz, dove gestiscono la scuola materna ed elementare intitolata alla fondatrice. Nel 1959 avvertono la necessità di reperire spazi didattici più sicuri ed agibili.

A quei tempi, il principio del mantenimento della memoria storica non era ancora entrato nella mentalità cittadina: questo spiega perché alle suore fu consentito di demolire l’antica struttura di corso Diaz 103, per realizzarne una nuova su progetto dell’architetto Costermanelli. L’imponente sagoma dell’istituto non ha mai legato con la scena urbanistica preesistente di Corso Diaz, urtando soprattutto con la contigua chiesa di Sant’Antonio Abate in Ravaldino, realizzata nel 1735 su progetto del prete architetto Giuseppe Merenda. Nel 2011, l’intero complesso è stato adeguato alle norme europee in materia d’impianti elettrici e di sistemi antincendio. 

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