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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

"Forlì Ieri e Oggi": c'era una volta il piazzale Orsi Mangelli con e' Manzel

Per decenni denominato Orsi Mangelli in omaggio alla grande industria de “e’ Manzel” fondata nel 1925 dai conti Raffaele e Paolo Orsi Mangelli, l’attuale piazzale del Lavoro ha cambiato nome negli anni Settanta

Siamo in piazzale del Lavoro, già Orsi Mangelli, area simbolo dell’operosità forlivese, a pochi passi dal sito che, sino al bombardamento alleato del 19 maggio 1944, era dominato dalla Barriera Mazzini, o “Pôrta ‘d San Pir” (Porta san Pietro). “Il cambio di toponimo del piazzale – si legge sul sito del Comune di Forlì, nella parte dedicata all’odonomastica - è dovuto all’influenza di un certo clima culturale e politico, che volle una sorta di rivincita nei confronti della famiglia di industriali. Nel 1996, il Sindaco (Franco Rusticali, n.d.r.) ha voluto, su richiesta delle opposizioni, che nelle tabelle che nominano la piazza fosse riportata anche la precedente denominazione. E’ opinione diffusa che la richiesta delle opposizioni sia stata di segno opposto, ma equivalente, a quella che negli anni ‘70 ha portato alla variazione”. Sullo sfondo di entrambe le foto d’epoca protagoniste di questo blog, spicca la palazzina “liberty” che fu sede direzionale della Società Anonima Orsi Mangelli, il popolare “Manzel”. Il progettista Ariodante Bazzero, lo stesso che, in piazza Saffi adattò Palazzo Albertini a Casa del Fascio provinciale, adotta uno stile neo classico molto funzionale. Al centro della costruzione, al piano terra, lascia un varco per il passaggio del raccordo ferroviario. Nelle immagini del tempo, quell’edificio funge da proscenio dell’immensa fabbrica fondata nel 1925 dai conti Raffaele e Paolo Orsi Mangelli, pionieri in Italia nella produzione di filati sintetici.

L'azienda divenne il punto di forza dell'industria locale, arrivando ad un massimo di duemila occupati. Il periodo migliore fu tra il 1926 e il 1936, quando lo stabilimento passò da 45mila metri quadrati a 6 ettari, da 800 a 1300 occupati, da 2.500 kg di seta sintetica prodotta a 9mila chili di raion, con un giro d'affari pari a 100 milioni di lire dell’epoca, un enormità. All’impianto originale per la produzione di seta artificiale dalla viscosa, si affiancò nel 1929 quello per il cellophane. La guerra provocò gravi danni, ma la fabbrica ripartì quasi subito, fino a caratterizzare olfattivamente Forlì per decenni con le sue emissioni chimiche e l’acre odore dolciastro. I problemi della Mangelli cominciano alla fine degli anni ‘60, quando il conte Paolo deve fare i conti con la diminuita competitività di mercato, a causa dei pochi investimenti operati. Il fallimento della Fortex-Sidac con l’uscita di scena della famiglia Orsi Mangelli, risale al 1977: la produzione riesce a sopravvivere, seppur altrove e fortemente ridimensionata. Se la Sidac rinasce nella zona industriale, il vecchio sito cade in abbandono, sino alla demolizione dell’impianto ed il recupero dell’area, avviata nel 2006 su progetto degli architetti Natalini di Firenze e Prococi Engineering di Como. La sede direzionale della Mangelli, dopo il restauro diretto dagli ingegneri Berlati e Scaioli, ospita Romagna Acque, in procinto di trasferirsi nel nuovo complesso realizzato nel terreno restrostante. A breve dovrebbe accogliere il corpo di Polizia Municipale dell’Unione di Comuni della Romagna forlivese.

Torniamo alle due foto di piazzale del Lavoro quando ancora era denominato Orsi Mangelli: a parte i pini, sacrificati in gran parte nel 1995 in occasione del riordino della viabilità, spiccano i binari del raccordo ferroviario, smantellati nei primi anni Ottanta: partiti dal pasaggio a livello di via Monte San Michele, proseguivano sui viali Vittorio Veneto e Matteotti, per diramarsi all’interno della stessa Mangelli e prolungarsi sino alla Fabbrica Becchi, grazie alla linea uilizzata sino al 1928 dalla tramvia Ravenna-Forlì-Meldola. Se la foto più vecchia (1940), sul lato destro esibisce l’albergo-ristorante “Il Piccolo” gestito dal popolare Alfredo, lo scatto più recente (1956) vede il palazzo bianco per le famiglie della Polizia di Stato, appena innestato nel corpo delle case popolari razionaliste, realizzate nel 1940 dall’Impresa di Costruzioni dell’ingegner Antonio Lamaro.

Piero Ghetti
 

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