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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Sono un funzionario pubblico impelagato nel diritto amministrativo, ma anche giornalista desideroso di descrivere le buone azioni (che non fanno rumore) dei tanti concittadini solidali con il prossimo. Ho una moglie poliglotta con due figlie che crescono e nel tempo libero cammino in Appennino e riesco pure a togliermi qualche soddisfazione a tennis. Appassionato di storia locale, sin da bambino sono affascinato dai cambiamenti subiti dalla mia Forlì. Mi piace scartabellare carte polverose e indagare foto e prospettive di un tempo, alla ricerca di indizi su come potesse essere in origine quel luogo o quel monumento sopravvissuti all’incedere del tempo

Forlì ieri e oggi

"Forlì Ieri e Oggi", c'era una volta la Caserma Calboli con il Distretto Militare

La Caserma aveva preso il posto della soppressa chiesa e del convento delle Domenicane. E’ andato tutto distrutto nel corso dell’ultima guerra unitamente all’ex Monastero delle Domenicane

Uno scatto d’altri tempi, probabilmente d’inizio Novecento. L’edificio in primo piano, oggi scomparso, aveva un ruolo importante nel sistema di difesa cittadino. Oltre ai binari ferroviari visibili al centro della foto, l’indizio che può condurre gli osservatori all’identificazione del sito, sta in quel muro con quattro finestre allineate posto all’estrema destra del riquadro. Volendo andare al sodo, la didascalia della foto attesta che trattasi dell’ex Distretto militare. Ettore Casadei, nella sua celeberrima “Guida di Forlì e Dintorni” al riguardo aggiunge: “La Caserma Fulceri Paulucci di Calboli e il Distretto hanno sede nei locali della soppressa chiesa e convento delle Domenicane, in cui nel 1892 fu l’Ospedale Militare”. Adesso ritorniamo a quel muro, unico relitto sopravvissuto della caserma: un attento restauro operato nel 2002 dal Comune, ha portato al suo definitivo consolidamento. I lavori furono eseguiti in sede di realizzazione del parcheggio a lunga sosta di piazzale Montegrappa, cui si accede da via Bentivoglio. Proprio in quel segmento stradale di collegamento fra viale Vittorio Veneto e via Orsini, sono visibili sia i resti dell’abside dell’antica chiesa di Santa Maria in Nives, che il singolare muro ad esedra con le due colonne laterali sormontate dai caratteristici pinnacoli, che un tempo costituiva l’accesso posteriore al monastero.

L’abside dell’ex chiesa ha resistito per quasi un trentennio, fino alla demolizione disposta nei primi anni Settanta perché ritenuta pericolante. Al suo posto è sorto un supermercato. I primi insediamenti religiosi sull’area risalgono al 1245, anno in cui, con atto del notaio Segaferri, fu concesso ad Amedeo di Zanotto di erigere nel territorio della pieve di Santa Croce un monastero di suore domenicane. Nel 1663 le religiose erano più che mai padrone del vapore: proprio a quell’anno risale, infatti, l’ampliamento della chiesa. Nulla però poterono le Domenicane contro il decreto napoleonico del 3 agosto 1798, che ne decretò la scomparsa dalla città. L’ex convento venne requisito e adibito a magazzino della milizia cisalpina. Nel 1814 fu convertito persino in lazzaretto, al seguito del diffondersi di un’epidemia di afta epizootica. Nel 1824, con la restaurazione pontificia, ritornò alla funzione originaria: papa Pio VII v’insediò però le suore Clarisse provenienti dal Monastero della Torre, le stesse che oggi dimorano a San Biagio. Nel 1860, con la seconda soppressione operata dal neonato Stato unitario italiano, l’area fu assegnata al Demanio militare che v’insediò il nuovo Distretto e, subito dopo la prima guerra mondiale, la caserma “Paulucci Fulceri de Calboli”.

L’intero complesso si è letteralmente dissolto alle 9.30 del 19 maggio 1944, allorché Forlì subì il primo disastroso bombardamento alleato: “Non meno di 150 bombe di medio calibro – scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari - sono sganciate a grappoli sulla fascia ferroviaria compresa nell’abitato e le zone industriali, per una lunghezza di 2 chilometri e una profondità di circa 600 metri”. Alla fine, i morti accertati sono 140, senza parlare dei feriti, definiti “un’infinità”. In un sol colpo sparirono anche la vicina Porta San Pietro e gran parte del quartiere omonimo, su un fronte di distruzione che arrivò fin quasi in piazza Saffi. La parte del monastero che si affacciava su via Orsini, sopravvissuta alle bombe, fu sacrificata nel 1974 per fare posto alla scuola media “Maroncelli”. L’istituto didattico potrebbe a sua volta essere passibile di demolizione, a causa degli alti costi derivanti dall’adeguamento antisismico. L’ultimo gesto riguardante l’ex monastero è stato nel 2007, l’attuazione del “Pua n. 7”, con la riqualificazione edilizia dell’area occupata per decenni dai capannoni della “Nuova Edilizia Romagnola”.

Piero Ghetti
 

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