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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Sono un funzionario pubblico impelagato nel diritto amministrativo, ma anche giornalista desideroso di descrivere le buone azioni (che non fanno rumore) dei tanti concittadini solidali con il prossimo. Ho una moglie poliglotta con due figlie che crescono e nel tempo libero cammino in Appennino e riesco pure a togliermi qualche soddisfazione a tennis. Appassionato di storia locale, sin da bambino sono affascinato dai cambiamenti subiti dalla mia Forlì. Mi piace scartabellare carte polverose e indagare foto e prospettive di un tempo, alla ricerca di indizi su come potesse essere in origine quel luogo o quel monumento sopravvissuti all’incedere del tempo

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"Forlì Ieri e Oggi", quando Bazzani rianimò palazzo Piazza Paulucci da un abbandono secolare

Quello che sembra il fondale di un edificio rinascimentale risale al 1936. Il giardino interno della Prefettura divenne una delle cartoline più frizzanti della nuova Forlì del Ventennio.

Quello che sembra il fondale di un edificio rinascimentale risale al 1936. Quando Cesare Bazzani ricevette dal Capo del Governo Benito Mussolini, l’incarico di mettere mano a Palazzo Piazza Paulucci, meglio conosciuto come la Prefettura, per farne la sede del Governo nazionale e sottrarlo ad uno stato di secolare abbandono, nessuno si sarebbe immaginato un intervento così efficace. Il possente edificio è un mix di eleganza e funzionalità: sono spariti gli antichi appartamenti cardinalizi, ma si è materializzato il razionale “pied-à-terre” per i soggiorni forlivesi di Mussolini, giunto a noi pressoché intatto con dipinti murali di Maria Biseo ispirati all’apologesi del pane. Niente da fare invece per gli affreschi inneggianti al duce, fondatore dell'impero e al re imperatore, che Francesco Olivucci aveva realizzato nel salone d’onore per un’ampiezza di ben 150 metri quadrati: ritenuti troppo enfatici del passato regime, in nome di una “damnatio memoriae” ideologica a dir poco becera, furono eliminati nell’immediato dopoguerra con la tecnica senza ritorno della “scialbatura”.

Bazzani, architetto di punta del regime, pur avendo consolidato in stile littorio la facciata del Palazzo nel rispetto delle linee originarie seicentesche, rivoltò l’interno come un calzino lasciando ben poco dell’antica disposizione. Il professionista riuscì a reinventare anche il giardino retrostante: agli occhi di coloro che si affacciano dal portone principale in piazza Ordelaffi, appare lo schema tipico delle ville cinquecentesche romane. Il fondale con fontana dominato dalla statua di Giunone di Publio Morbiducci, si disegna sull'asse dell'ingresso del palazzo.

Provatevi ad immaginare il palazzo nel 1932, all’avvio della trasformazione: l’edificio appariva imponente ed austero, ma anche fatalmente incompiuto. Voluto nel 1673 da monsignor Camillo dei Conti Piazza su ispirazione dei palazzi del Laterano e Farnese a Roma, non fu mai terminato per difficoltà finanziarie. Nel 1890, quando fu acquisito dal Comune, l’edificio era disabitato da decenni. Conclusi i lavori di riqualificazione, divenne sede dell’Archivio storico comunale e in parte del Museo Archeologico. In seguito fu destinato a pubblica scuola. Nel 1908, gli ampi seminterrati ospitarono la prima sede della Cantina Sociale Forlivese, i cui principali promotori furono Pio Manuzzi, Dante Gibertini ed Ercole Gaddi, presidente del Comizio Agrario.

Nel 1924 matura il progetto di insediarvi il Tribunale: i lavori, iniziati nel 1932 su progetto di Leonida Emilio Rosetti, furono interrotti l'anno seguente dallo stesso Benito Mussolini. Influenzato dall’urbanista Marcello Piacentini, il duce aveva infatti deciso di trovare un altro sito per il Palazzo di Giustizia, poi realizzato ex novo in piazza XX Settembre: Palazzo Piazza Paulucci si riscoprì così sede naturale del Palazzo del Governo. Il giardino, invece, divenne una delle cartoline più frizzanti della nuova Forlì del Ventennio. Nella foto panoramica d’inizio Novecento di piazza Ordelaffi, manca un elemento divenuto presupposto del mosaico odierno: la fontana artistica. Pensata con un lato assolutamente perpendicolare alla facciata dell’edificio, è comparsa nel 1958 su progetto di Ugo Savorana.

Artista abile ed estroso, fu chiamato ad elaborare progetti, sia plastici che architettonici, tanto in città che fuori. Basta citare gli incarichi per la stazione ferroviaria di Venezia e la partecipazione al concorso nazionale per le porte della Basilica di San Pietro a Roma. Ricerche d’archivio documenterebbero che l’idea della fontana di piazza Ordelaffi sia balenata nella mente del Savorana già in epoca fascista. Una volta disegnato, l’elaborato ha subito modifiche importanti, a cominciare dalle dimensioni. Il diametro originale venne, infatti, ridotto dai tecnici comunali per supplire alle necessità del crescente traffico automobilistico.

Piero Ghetti

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