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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando gli Uffici Statali persero la testa

Il Palazzo degli Uffici Statali, costruito fra il 1935 e il 1937 su progetto di Cesare Bazzani, in origine aveva una torretta alla sommità in puro stile razionalista. Il cronista Antonio Mambelli nei suoi “Diari” annota che la torretta è stata fatta saltare dai tedeschi in ritirata nella notte fra l’8 e il 9 novembre 1944

Dal Diario degli Avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945, di Antonio Mambelli: “All’1,45, senza preavviso alcuno, a distanza di dieci minuti fra l’una e l’altra esplosione, i tedeschi fanno saltare la torretta degli Uffici Statali, la Torre dell’Orologio, di cui rimane solo un mozzicone a punta, di poco elevato sopra i tetti degli edifici circostanti e il campanile del Duomo”. Il Palazzo degli Uffici Statali, eretto fra il 1935 e il 1937 su progetto di Cesare Bazzani, in origine aveva una torre alla sommità in puro stile razionalista. La cronaca precisa e puntuale degli eventi occorsi nella notte fra l’8 e il 9 novembre 1944, redatta dal Mambelli, toglie ogni dubbio sulla sorte della costruzione, confutando quanti pensano che sia andata distrutta nel tragico bombardamento aereo del 25 agosto 1944.

Il grande edificio neoclassico di piazza Saffi, disegnato con le iniziali di Benito Mussolini, era stato voluto con forza dallo stesso Capo del Governo per garantire al Cittadone una sede locale dei ministeri di finanze, lavori pubblici e foreste. Con quell’enorme costruzione “celebrativa” (65.000 metri cubi e 300 stanze disposti su di una superficie di circa 4.500 metri quadrati) inaugurata il 21 aprile 1937, arrivò a compimento anche il nuovo assetto di piazza Saffi, già stravolta dall’apparizione del nuovo Palazzo delle Poste e Telegrafi, aperto ufficialmente il 28 ottobre 1932. I quasi cinque anni di distanza fra i due edifici, nonostante la frenesia del Duce, si giustificano con l’inaspettata resistenza delle famiglie proprietarie dell’isolato da demolire. I vari Montanari, Valdesi e Pantoli, sfruttando il malcontento generato dalla distruzione dell’Isola Castellini carica di secoli e memorie, immolata sull’ara del modernismo e del funzionalismo (la nuova sede provinciale delle Poste), la tirarono per le lunghe, determinati ad ottenere il massimo risarcimento dalla perdita delle proprie dimore. Dovevano inoltre essere vinte le resistenze dei commercianti sottostanti, che rischiavano di chiudere per sempre l’attività. E pensare che il primo progetto per gli Uffici Statali, risalente al 1933, prevedeva il mantenimento dell'antico Palazzo Baratti, situato all'angolo tra Via delle Torri e via Biondini. “Fu degli Orceoli – scrive Ettore Casadei nella sua celeberrima Guida di Forlì e Dintorni – dai quali passò ad una famiglia Pantoli e quindi ad un ramo dei Baratti, estintosi con la morte del commendator Scipione (1927)”.

Alla fine (siamo nel 1933) prevalse l’idea della distruzione, al fine di consentire la completa esecuzione del progetto imposto da Mussolini. Il Duce non riusciva a darsi pace: tutte le volte che passava da Forlì sbottava vedendo Casa Baratti ancora in piedi. Nel luglio del 1934 decise di interessarsene di persona tramite il ministro dei Lavori Pubblici Di Crollalanza, suggerendo “l'assoluta necessità” dell'abbattimento del vecchio edificio per far spazio a uno nuovo con uffici, portico e negozi. Il ministro tentò invano di far capire al Capo del Governo che, per motivi artistici, era impossibile la demolizione: l’edificio poggiava, infatti, sui piloni dell’antico Ponte dei Cavalieri, riscoperto e documentato fotograficamente proprio in occasione dei lavori di posa delle fondamenta del nuovo Palazzo. Mussolini ripassò dal Cittadone a settembre di quell’anno e scrisse: “Se necessario, come sembra, rinnovate gli ordini per demolirlo senza indugi”. Il Genio Civile si rivolse al soprintendente di Bologna Carlo Calzecchi, il quale, dietro sollecitazioni altolocate, aveva provveduto ad eliminare l'edificio dall'elenco delle costruzioni storiche protette. Come d’incanto sparirono tutti i vincoli e l’antica dimora Baratti ha fatto la fine dell’Isola Castellini: tutto svanito nel nulla.

“Nella progettazione - scrive Ulisse Tramonti in “Itinerari di Architettura Moderna” – Cesare Bazzani si misura con le concezioni razionaliste, approdando attraverso l’abbandono della simmetria e della arbitraria interpretazione degli ordini, ad una sorta di mediazione tra l’architettura romana classica e quella razionalista, come dimostra il grande portico in travertino che ricorda gli antichi acquedotti”. Il grande architetto di regime prese in considerazione le istanze dei commercianti, tanto da prevedere al piano terra l’apertura di una serie di locali produttivi, ma non tenne conto della storia orografica: nell’edificazione dell’edificio si deviò, seppur di qualche metro, il corso secolare del Canale di Ravaldino. Fortemente danneggiato dai bombardamenti aerei del secondo conflitto mondiale, l’imponente Palazzo degli Uffici Statali è stato ripristinato funzionalmente nel dopoguerra, ma senza la torretta ornamentale, ritenuta superflua. 

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