rotate-mobile
Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quale futuro per la Rocca di Ravaldino?

Sono allo studio varie idee di riutilizzo dei padiglioni detentivi, una volta trasferito il carcere in località Quattro. Intanto la Rocca di Ravaldino non è più utilizzabile per eventi e manifestazioni culturali, causa inagibilità dei locali interni

Quale futuro per la Rocca di Ravaldino? Posta nel centro della città all’imbocco di corso Diaz, deve il nome all'antico “rivellino” eretto fra il 1360 e il 1371. La fortezza attuale risale al 1481 per volere di Pino III Ordelaffi e si presenta a pianta quadrangolare, con bassi torrioni di forma cilindrica e un mastio a base quadrata. Per la sua costruzione, il “Signore di Forlì” si avvalse della maestria dell’architetto Giorgio Marchesi Fiorentino. Grazie a Girolamo Riario, primo marito di Caterina Sforza, ai due lati esterni apparvero anche i rivellini di Cotogni e di Cesena. Nel 1496, con l’aggiunta del terzo rivellino, la Rocca, spavaldamente tenuta da Caterina, assunse un alone di invulnerabilità lodato persino da Niccolò Machiavelli. Il quadro idilliaco fu brutalmente deturpato da Cesare Borgia: figlio (ovviamente) illegittimo di papa Alessandro VI e da questi sostenuto e foraggiato, il Valentino espugnò la Rocca il 12 gennaio 1500, facendo prigioniera la stessa Caterina. Figlia di Galeazzo Maria Sforza e nipote di Ludovico il Moro, la “Tigre” e il marito presero possesso di Forlì il 15 luglio 1481 entrando dalla Rocchetta San Pietro. Gli Ordelaffi, per quanto nel pieno della loro potenza, erano stati costretti ad andarsene a causa dell’impopolarità generata dall’eccessivo carico fiscale. Il Riario, nipote di papa Sisto IV, aveva preso la palla al balzo promettendo l’esenzione dai dazi.

Riuscirà a mantenere la parola data sino al 1486. Il dietrofront gli costerà caro: due anni dopo, in una serata d’aprile, concluse la sua vita sul selciato di piazza Maggiore (oggi Saffi), “defenestrato” dal balcone della Sala delle Ninfe. I capi dei congiurati non potevano che essere gli Orsi, proprietari di gran parte della città, desiderosi di acquisirne anche il dominio politico. Caterina reagirà ferocemente, facendo tabula rasa del loro bellissimo palazzo sito in corso Garibaldi (al posto degli attuali Monte di Pietà e chiesa di San Filippo Neri) e decretandone l’esilio. Persino il giorno della sua capitolazione, come descrivono i cronisti del tempo, la Lady di Ferro si atteggiò con fierezza. Il suo carisma troverà degno erede in Ludovico De’ Medici, poi soprannominato Giovanni dalle Bande Nere, ultimo dei suoi otto figli (sei li aveva avuti dal Riario) e padre del primo Granduca di Toscana. La sua grandezza sta tutta nel fatto di essere riuscita ad emergere nonostante il “gap” (per l’epoca) di essere una donna. Della tenace Caterina rimane la possanza della Rocca che ne perpetua il nome. Persa la funzione di baluardo, l’edificio cadde nell’oblio e fu destinato a carcere. Alla fine dell’800 ha perso anche quel ruolo, nel momento in cui sono state costruite le attuali prigioni all'interno della Piazza d’Armi. In attesa del nuovo carcere in località Quattro, ci si pone già il problema di come riutilizzare i vecchi padiglioni detentivi. C’è chi propone di allestire un luogo d’incontro per gli universitari, o magari un contenitore per le raccolte che non trovano spazio al San Domenico. Spicca anche l’idea di realizzare una sezione specializzata della biblioteca, collegata al vicino Campus universitario. L’aspetto odierno della Rocca è frutto dei restauri operati negli anni Sessanta del Novecento: nell’occasione sono state ricostruite le coperture di due torrioni e del maschio. Da qualche tempo, causa inagibilità dei locali interni conclamata dai tecnici comunali, la fortezza non è più utilizzabile per manifestazioni ed eventi culturali, neanche temporanei. Ne sanno qualcosa gli organizzatori della Rassegna Presepi nella Rocca, che nel 2016, dopo ben ventisei anni, hanno dovuto lasciare il maniero per ripiegare all’ex Gil, in viale della Libertà. 

Si parla di

Quale futuro per la Rocca di Ravaldino?

ForlìToday è in caricamento