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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Il Palazzo della Ras è il meno appariscente degli edifici che si affacciano su Piazza Saffi

Inaugurato nel 1951, il cosiddetto Palazzo della Ras ha preso il posto del Palazzo dell’Intendenza, eretto nel Settecento come convento dell’Ordine dei Vallombrosiani

Era veramente bella Piazza Saffi quando ancora si chiamava Vittorio Emanuele II, dominata dal monumento seicentesco alla Madonna del Fuoco e dall’Isola Castellini sullo sfondo. Rimasta immutata per secoli, ha cambiato drasticamente volto nei primi decenni del ‘900, a cominciare dalla demolizione della colonna mariana per continuare con la distruzione del lato piazza oggi dominato dal Palazzo delle Poste, fino allo sventramento del chiostro vallombrosiano di San Mercuriale, sostituito dall’ibrido attuale voluto dallo stesso Benito Mussolini. Anche l’irruzione nello scenario altisonante del Campo dell’Abate di un edificio stilisticamente anonimo come il Palazzo della Ras, va ascritta al piccone demolitore d’epoca fascista: nel caso specifico, gli urbanisti di regime si accanirono sul Palazzo dell’Intendenza, eretto nel Settecento come convento dei monaci Vallombrosiani.

I religiosi a loro volta si erano insediati in un’area che in passato era stata appetita dalle più importanti signorie forlivesi. Giovanni di Mastro Pedrino annota che, nel 1432, Checco Orsi potè acquistare dagli eredi di Bignamino o Beniamino una casa che sorgeva sulla Piazza Grande, all'angolo dell'attuale via Allegretti, già via Delle Stallacce, venduta perchè danneggiata da un temporale. Dal balcone di quell’edificio, nel 1431, san Bernardino da Siena, al secolo Bernardino degli Albizzeschi, religioso e teologo francescano, aveva tenuto una memorabile predica alla piazza gremita. Non solo gli Orsi acquistarono quella casa, ma la fecero ristrutturare dalle fondamenta, arricchendola di un porticato disegnato dell'architetto Piero Negusanti, che poggiava su quattro pilastri. Anche se il cronista non indica il luogo preciso, si può desumere che quel palazzo precedette quello realizzato dai benedettini, dimoranti a San Mercuriale fino alle soppressioni napoleoniche.

Con l’Unità d’Italia, il palazzo divenne sede dell’Intendenza di Finanza. L’ultima immagine fulgida dell’edificio, tutto pavesato e imbandierato, risale alla visita del Capo del Governo Benito Mussolini a Forlì: era il 30 ottobre 1932, decennale della Marcia su Roma, e sul fronte del Palazzo spicca un eloquente striscione orizzontale “Duce a noi”. Pochi anni dopo, sul finire del 1937, partirono i lavori di demolizione. I proprietari dell’area affidarono al progettista milanese Giovanni Muzio l’idea di erigere un hotel di lusso, l’Albergo Impero, che fosse degno della città natale del Duce. Prima ancora si era pensato di sostituire il Palazzo dell’Intendenza con un teatro capace di duemila posti. Quando già badili e picconi avevano fatto il loro dovere, il progettista del “nuovo” chiostro di San Mercuriale, Gustavo Giovannoni, si oppose all’albergo, pensando con non poca presunzione che avrebbe messo in cattiva luce la sua creatura. La conseguenza di tutto ciò fu il guasto: di lì a poco, il conflitto mondiale avrebbe imposto la sua legge e per oltre un decennio, a fianco di San Mercuriale rimase solo uno scavo profondo, pericoloso teatro di giochi di tanti bimbi. Progettato da Piero Portaluppi ad uso uffici, il Palazzo della Ras (acronimo di Riunione Adriatica di Sicurtà), improntato stilisticamente su basi pseudo-razionaliste di stampo milanese, si manifestò con sembianze molto simili al vicino Palazzo Serughi, sede della Camera di Commercio. L’inaugurazione ufficiale avvenne nel 1951. Oltre alla compagnia d’assicurazione che gli ha lasciato il nome, l’edificio ha ospitato la Società di gestione della telefonia SIP (poi Telecom), la centrale dei taxi e la Banca Commerciale Italiana. Fino ad una ventina di anni fa, all’angolo con il sagrato del chiostro di San Mercuruale c’era anche un pubblico esercizio umile e pulito, denominato caffè Urbis, che ha dato ristoro per anni ai tassisti forlivesi. Il telefono di chiamata degli utenti (non c’erano ancora cellulari né smartphone) era collocato proprio sotto il loggiato del palazzo. 

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