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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

La riscoperta dell'antica chiesa di San Biagio

Seppur inutilizzato da decenni, il complesso immobiliare che si protende su via Dandolo e via Paradiso per un’estensione di circa 2.000 metri quadri, può essere ancora recuperato, a cominciare proprio dall’antica chiesa. I fratelli Strocchi proprietari del complesso, manifestano chiare intenzioni di vendita. Che sia il preludio di un improrogabile intervento di recupero?

L’antica chiesa di San Biagio, posta al civico 2 di via Dandolo, non è da confondere con quella omonima di piazzetta Garbin, risorta nel 1952 dalle ceneri della basilica melozziana annientata dal bombardamento aereo tedesco del 10 dicembre 1944. Dall’esterno, degrado ed incuria paiono sovrani: basta osservare le crepe sulla facciata della chiesa, sconsacrata nel 1810 per volere del governo napoleonico, per non parlare delle impalcature protettive tutt’attorno all’edificio di servizio (l’ex canonica), imposte dal Comune proprio per impedire cadute di calcinacci e detriti. Seppur inutilizzato da decenni, ad eccezione di due ambienti al piano terra affittati fino a pochi mesi fa ad un laboratorio di restauro, il complesso immobiliare che si protende su via Dandolo e via Paradiso per un’estensione di circa 2.000 metri quadri, può essere ancora recuperato, a cominciare proprio dall’antica chiesa. Ne parla in una pubblicazione l’indimenticabile Gilberto Giorgetti, scomparso nel 2012, che a sua volta riprende uno studio dello storico Gianluca Brusi: “La chiesa è ricordata per la prima volta in una pergamena capitolare del luglio 1110 e ritorna in una vertenza tra il vescovo Alberto ed i canonici di Santa Croce del 1212-15. Nel ‘600 e nel ‘700 è sede di diverse compagnie devozionali delle universitates artigiane e lo stesso titolo di San Biagio ricorda un santo creduto cardatore della lana, a causa degli strumenti di martirio e divenuto protettore dei cardatori, ma invocato anche contro il mal di gola: era il vescovo di Sebaste, in Cappadocia, martire sotto Diocleziano. Di fronte alla chiesa, dove è il campo da calcio parrocchiale, sorgeva l’hospitalis S.ti Blaxij, attestato il 28 novembre 1477, quando vi risiedono i Battuti Rossi, e che era confinante con l’adiacente ed omonimo ospedale. I Battuti trasferiranno la loro sede nel 1517 nell’attuale e vicina chiesa di San Michele (inclusa nel complesso del Buon Pastore attuale sede Caritas, n.d.r.). Nel 1810 la parrocchiale è soppressa, con trasferimento dei titoli alla vicina San Girolamo. La chiesa sconsacrata fu acquistata nel 1812 da Melchiorre Bertoni in nome di Luigi Belli, che la ridusse a magazzino per sementi.

Nel 1847 l’ex San Biagio passò a Cesare Belli, che nel 1875 la vendette a Luigi Bedei e Antonio Gardini. Nel 1877 entrò nella disponibilità di Giuseppe Ricci e nel 1881 dei sacerdoti Luigi e Ciro Pettini, che la passarono in eredità alla nipote Clelia. Nel 1916 giunse a Giovanni Umiltà, che nel 1922 la cedette a Natale Strocchi”. Passata in eredità al figlio Lieto, oggi appartiene all’immobiliare San Biagio dei fratelli Luciano e Natale Strocchi. Ed è proprio quest’ultimo che ci ha condotto alla scoperta dell’antica chiesa. Per raggiungerla si può passare dal magazzino di granaglie e sementi, che ha operato fino ai primi anni Settanta all’interno dell’ex chiesa e nei locali attigui. “Nel 1966 – precisa Strocchi – il Comune vietò l’accesso ai mezzi pesanti in centro storico e comunque nelle vie interessate dalla nostra attività, tanto da essere costretti di lì a poco a trasferire tutto fuori dalle mura, per la precisione in via Pelacano”. Da una porticina dell’ex chiesa si passa nel cortile interno, tuttora caratterizzato da colonne di notevole interesse artistico con capitelli tardo-medievali. Da qui si entra nell’ex canonica, in cui il tempo sembra essersi fermato a quarant’anni fa: uno dei due appartamenti è ancora arredato, con armadi e comò pieni di abiti e indumenti di foggia desueta. Dal primo piano si sale al sottotetto. Una porticina conduce alla sommità della chiesa, divisa in età napoleonica in due piani con una soletta latero-cementizia. Quello che appare è sorprendente: al netto della volta superiore parzialmente crollata, i muri laterali hanno mantenuto i colori settecenteschi bianco grigiastri. L’impianto ad una navata, chiaramente tardo-barocco e di notevoli dimensioni, è coperto da una volta a botte con tre ampie finestre rettangolari per lato. L’arco trionfale nella chiave di volta reca un grande cartiglio con un’iscrizione dipinta, al momento illeggibile. I fratelli Strocchi proprietari del complesso, manifestano chiare intenzioni di vendita. Che sia il preludio di un improrogabile intervento di recupero? 

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