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Mercoledì, 24 Aprile 2024
Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando a Forlì sorse il Cimitero Monumentale, l’altra città

Fra gli “ospiti” più illustri si annoverano i patrioti Antonio Fratti, Piero Maroncelli e Fulceri Paulucci di Calboli, il tenore Angelo Masini, l’aviatore Luigi Ridolfi e lo statista Aurelio Saffi

Fra gli “ospiti” più illustri si annoverano i patrioti Antonio Fratti, Piero Maroncelli e Fulceri Paulucci di Calboli, il tenore Angelo Masini, l’aviatore Luigi Ridolfi, lo statista Aurelio Saffi e nientedimeno che il pittore Marco Palmezzano. Al suo interno hanno lavorato artisti del calibro di Antonio Canova, Bernardino Boifava, Gaetano Lombardini e Giuseppe Casalini. Prendendo a prestito il titolo di una pubblicazione curata da Marina Foschi e Orlando Piraccini, edita nel 1985 dal Comune di Forlì, il Cimitero Monumentale di via Ravegnana, con circa 90.000 defunti accolti, è a tutti gli effetti “L’altra Città”.

“Quasi un secolo d'arte e di stili – scrive Ettore Casadei nel 1927 - si ritrova nel neoclassicheggiante cimitero monumentale di Forlì, tra marmi biancheggianti e stucchi sotto le grandi arcate attorno al Pantheon, che ospita le tombe di uomini illustri”. Sorto a partire dal 1807, in piena dominazione napoleonica, costituisce una delle più importanti architetture cimiteriali della Regione. Fino all’emanazione dell’editto di Saint Cloud, nel 1804, i defunti venivano tumulati nelle chiese o nelle loro adiacenze. Poi, per motivi sanitari, si decise di edificare siti appositi al di fuori delle mura cittadine.

Nel 1807, il governo d’occupazione napoleonico localizzò l'area del nuovo camposanto cittadino, “presso una grande fabbrica, sulla direttrice per Ravenna, in località Villa Pianta, accanto ad una fornace che disponeva di una propria cava di materiale”. Il Regno d'Italia emanò un decreto il 3 gennaio 1811, che prescriveva un cimitero (dal greco κοιμητήριον, luogo dove si va a dormire) in ogni comune. A Forlì iniziarono i lavori già il 1º luglio di quell’anno, su progetto di Luigi Gagni. Il cantiere risultò alquanto frettoloso, tanto che già nel 1818, col ritorno del governo pontificio restaurato dal Congresso di Vienna, l’ing. Ruffillo Righini rifece tutto da capo. Il cronista Giuseppe Calletti riferisce che anche il nuovo camposanto non piaceva ai forlivesi, “a causa della bassa terra su cui era stato eretto, per la mala divisione delle aree e dei viali e per il suo meschino oratorio”.

Anche la distanza dalla città, sebbene di soli 2 km dal centro, era aspramente criticata. L'amministrazione comunale aderì all’idea di rifarlo, “anche per la necessità – scrive il Casadei - di assecondare il desiderio di distinzione della parte più abbiente della popolazione, rispetto agli altri”. Il cronista elenca a tale scopo le famiglie Romagnoli e Reggiani, Albicini, Guarini e Petrucci. Nella 1854 il Consiglio Comunale deliberò che venisse costruito un più ampio cimitero sull'area del precedente. Venne approvato il progetto dell'ingegnere comunale Giacomo Santarelli, che prevedeva una spesa di 6.000 scudi, da ripartirsi in quattro rate annuali. Mancava il “placet” del delegato apostolico mons. Loschiavo, che non arrivò mai. I lavori iniziarono solo 13 anni dopo, quando già imperava il Regno d’Italia di Casa Savoia. Il disegno del nuovo complesso venne affidato all'architetto romano Pietro Camporese il Giovane, nominato nel 1863 capo dell’Ufficio Tecnico del Comune.

“Il 31 agosto 1868 – continua Ettore Casadei – fu posta la prima pietra dell'edificio e, a ricordo di ciò, venne murata una memoria dettata da Antonio Santarelli, chiusa in un tubo di piombo, augurando ai morti che qui vi riposeranno rispetto e onore e al monumento lunga vita ed onore”. Alla morte di Camporese, avvenuta nel 1873, s’insediò il nuovo ingegnere capo Gustavo Guerrini, che agì d’impeto, fino a lasciare del disegno originale di Camporese, solo la parte perimetrale. Nel 1885 progettò anche la casa del custode, posta sul lato opposto della Ravegnana. In tutto, il Monumentale di Forlì comportò ben 20 anni di lavori: la perizia conclusiva risale, infatti, al 1892.

Nel 1933, a seguito dell'ampliamento disposto nel solco delle scelte architettoniche adottate da Camporese, avvenne l'isolamento strutturale del Pantheon. La realizzazione dell’asse di arroccamento cittadino, parte integrante del progetto della Tangenziale di Forlì, ha dissolto non poco la quiete del Monumentale, mettendo allo scoperto il muro di cinta sulla Ravegnana, che risulta “tronco” (non è mai stata realizzata la recinzione lato tangenziale) e privo delle inferriate, che presumibilmente sono state asportate durante l’ultima guerra mondiale, alla disperata ricerca del ferro per la patria e mai più ripristinate.

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