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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando i Cantieri Ettore Benini di Forlì costruivano in tutt’Italia

La Soc. An. Cantieri Ettore Benini durante il Ventennio fascista divenne una delle più grandi ditte costruttrici a livello nazionale, con commesse in tutto lo Stivale e anche oltre, colonie comprese. Fra le opere più importanti spicca il viadotto che unisce tuttora Mestre a Venezia e che tolse dall’isolamento millenario la Serenissima. A Forlì ha realizzato numerosi progetti, fra cui il Palazzo delle Poste e Telegrafi in piazza Saffi

Quella scritta rossa “Ettore Benini”, riemersa nel 2010 durante il restauro della recinzione in muratura posta in viale Colombo, ad angolo con viale della Libertà, risale al 1930. Da quell’arco si accedeva alla sede operativa della Soc. An. Cantieri Ettore Benini, che durante il Ventennio fascista divenne una delle più grandi ditte costruttrici a livello nazionale, con commesse in tutto lo Stivale e anche oltre, colonie comprese: Libia, Eritrea, Abissinia, Rodi ed isole del Dodecaneso. Ettore Benini aveva iniziato la sua attività nel 1898: l’intuizione imprenditoriale che si rivelò vincente fu l’uso sistematico di una vasta gamma di prodotti in cemento armato, come tini vinari, capriate, ponti stradali e ferroviari.

“A Forlì – scrive Francesca Fauri in “Lo Sviluppo Industriale della Provincia di Forlì – Cesena” - il cemento armato trova le sue prime e semplici applicazioni in tutte quelle strutture edilizie che venivano prima eseguite in legno, come, ad esempio, gli architravi, i pali, le mattonelle e le cornici”. Nel 1905, i Cantieri Benini arrivarono ad occupare cento operai, che lievitarono a cinquecento nel 1926 (tra lavori in cantiere fisso e quelli fuori cantiere), senza dimenticare la massa fluttuante, non inferiore ai 100 addetti, per i lavori che venivano eseguiti in Provincia. Punta di diamante dell’impresa, insieme ad Ettore Benini, fu l’ingegner Vincenzo Lami, marito di una delle figlie del cavaliere. Il professionista progettò molte importanti opere realizzate dai Cantieri. “La sede forlivese – continua la Fauri – si estendeva su un'area di 20.000 mq. ed era divisa in diversi reparti destinati a carpenteria, preparazione delle armature metalliche, gettate, officina meccanica e produzione di mattonelle”.

Al 1905 risale anche la prima costruzione di rilievo eseguita a Forlì dalle maestranze del cavalier Benini: il torrione dell’acquedotto di Ravaldino. “Il Cisternone – scrive Ettore Casadei nella celeberrima “Guida di Forlì e Dintorni” - è una vera opera d’arte, che ben s’intona con lo stile severo della Rocca di Caterina Sforza e risponde perfettamente allo scopo industriale al quale è destinato”. “I muri interni, concentrici e portanti – annota Marino Mambelli in “900 forlivese anzi italiano” - furono realizzati utilizzando i mattoni recuperati dalla demolizione delle mura cittadine”. I Cantieri raggiunsero l’apice di attività fra gli anni 20 e 30: solo a Forlì hanno realizzato la sede Provinciale del Palazzo delle Poste e Telegrafi in piazza Saffi progettato dall’accademico d’Italia Cesare Bazzani, la nuova stazione ferroviaria con la Fontana Littoria posta nel piazzale antistante (andata distrutta durante la seconda guerra mondiale), lo stabilimento Orsi Mangelli, il Garage Fiat (demolito nel 1957), il cinema teatro Esperia, le palazzine dell’Istituto nazionale per le case degli impiegati statali, il Palazzo degli Uffici Statali, il monumento ai Caduti di piazzale della Vittoria e Villa Dina in viale Roma.

Al cavaliere Ettore Benini vanno ascritti anche i Palazzi Gemelli, detti anche Palazzine Bazzani, posti all’ingresso di Corso della Repubblica, stabilmente inseriti per originalità stilistica nei principali cataloghi dell’architettura razionalista. In uno dei due edifici, che sostituirono l’ottocentesca Barriera daziaria Vittorio Emanuele, l’imprenditore insediò nel 1933 la sede amministrativa della sua azienda. Fra le opere più importanti in assoluto realizzate dai Cantieri, spicca il viadotto che unisce tuttora Mestre a Venezia e che tolse dall’isolamento millenario la Serenissima. All’impresa forlivese va ascritta anche la costruzione, nel 1937, della celebre chiesa razionalista di San Giuseppe ad Aielli (AQ), progettata da Giuseppe Vincenzo Vicari. Tra i progetti dell’ing. Lami, genero di Benini, c’era anche il Palazzo di Giustizia di Forlì, la cui realizzazione iniziò solo nel 1939 (sia il Cav. Benini che l’Ing. Lami sono scomparsi nel 1934), salvo poi interrompersi a causa della guerra (il Tribunale è stato ultimato solo nel 1969). Uno degli ultimi segni lasciati a Forlì dalla Soc. An. Cantieri Ettore Benini, che ha cessato l’attività nell’immediato dopoguerra, è il Cinema Teatro Astra di corso Diaz. Realizzato nel 1946, è stato trasformato negli anni ’90 nel nuovo teatro comunale “Diego Fabbri”.

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