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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando il ghibellin fuggiasco Dante dimorò a Forlì

Alla riscoperta dei luoghi cittadini che hanno goduto dello sguardo e della riflessione del Sommo Poeta, che si fermò a lungo a Forlì almeno due volte, dal 1302 al 1308

Dante Alighieri e Forlì: una relazione che va ben oltre il mero transito o passaggio fugace. “Il Poeta – è il commento tratto dal video “Dante a Forlì, Forlì a Dante”, ideato da Alberto Casadei e Franco Palmieri - è stato più volte ospite a Forlì durante i primi anni del ‘300”. Nel corso della sua permanenza visitò le chiese che allora si trovavano in città: Santa Maria dei Servi, la Cattedrale di Santa Croce, San Francesco Grande, la SS. Trinità e ovviamente, San Mercuriale.

“Con due condanne successive, 27 gennaio e 10 marzo 1302 – si legge in emiliaromagnawelcome.com - il poeta fiorentino venne condannato al rogo e alla distruzione delle sue proprietà. Da quel momento non poté più far rientro in patria. Dante fuggiasco trovò rifugio in un primo momento a San Benedetto in Alpe, poi a Forlì”. Fra il 1302 e il 1308 ebbe, infatti, due soggiorni piuttosto lunghi nella città di San Mercuriale e San Pellegrino (suo coetaneo, essendo nato anch’egli nel 1265). Il “Ghibellin Fuggiasco” è considerato il padre della lingua italiana grazie alla Divina Commedia, la più grande opera letteraria scritta nel Bel Paese, oltre che tra i maggiori capolavori della letteratura mondiale.

Nel marzo del 1303, Dante fu accolto da Scarpetta: il “vir nobilis et ghibellinorum in Forlivio princeps”, come lo definirà il celebre storico ed umanista forlivese Flavio Biondo (è l’unica testimonianza certa della presenza di Dante a Forlì), gli mise a disposizione la “Caxa Granda”, il suo quartier generale posto sull’attuale corso Garibaldi, laddove insiste Palazzo Albicini. Quasi sicuramente, per conto della casata ospitante, il Sommo Poeta ricoprì l'incarico di “epistolarum dictator”, una sorta di consigliere politico. “Scarpetta – scrive Giuseppe Pecci in “Gli Ordelaffi” – non fu mai dominus di Forlì, come erroneamente si trova scritto in molte opere. La signoria degli Ordelaffi vera e propria incomincerà solo nel 1315 con il fratello Cecco”.

In ogni caso, l’ansia di predominio di Scarpetta si coniugò con il desiderio di Dante di rientrare a Firenze. Nello stesso 1303 ci fu la battaglia di Castel Puliciano, nel Mugello, che vide scontrarsi i due fronti opposti guidati entrambi da forlivesi. Se l’alleanza tra ghibellini e guelfi bianchi era condotta dallo stesso Scarpetta, la città di Firenze si affidò al suo podestà Fulcieri da Calboli. La vittoria dei “Neri” sancì la fine dei sogni del Poeta, che restò a Forlì e la citò più volte nella Divina Commedia. Il passo più celebre è quello contenuto nel Canto XXVII dell’Inferno, dove si ricorda la resistenza dei forlivesi all’assedio delle milizie francesi inviate nel 1282 da Papa Martino IV, per sottomettere la città ghibellina: “La terra che fé già la lunga prova e di Franceschi sanguinoso mucchio, sotto le branche verdi si ritrova…”. Forlì è menzionata pure nel Canto XVI dell’Inferno, in una similitudine che paragona la cascata dell'infernale Flegetonte a quella dell'Acquacheta: “Come quel fiume c’ha proprio cammino Prima da Monte Viso ‘nver’ levante, da la sinistra costa d’Appennino, che si chiama Acquacheta suso, avante che si divalli giù nel basso letto, e a Forlì di quel nome è vacante, rimbomba la sovra San Benedetto de l’Alpe per cadere ad una scesa ove dovea per mille esser recetto; così, giù d’una ripa discoscesa, trovammo risonar quell’acqua tinta, sì che ‘n poc’ora avria l’orecchia offesa”.

Viene spontaneo immaginare il Poeta, nel corso dell’esilio forlivese, calcare le strade dell’urbe, all’epoca ancora cinta da mura in legno (i bastioni in mattoni arriveranno solo nel 1438 per volontà di Pino III Ordelaffi, per essere completati verso il 1493 da Caterina Sforza). A cominciare da via Curte, che ha quasi la stessa conformazione dell’era dantesca, essendo l’antica via vicinale degli Orti Longobardi che costeggia il Monastero della Torre e la chiesa di Santa Maria della Ripa. “Entrambi gli edifici - scrivono Marco Viroli e Gabriele Zelli in “Sulle tracce di Dante a Forlì - sorgono sull’area denominata anticamente Contrata florentina, su cui si ergeva la Torre fiorentina, punto di riferimento per la comunità di fuoriusciti toscani”. Molto probabilmente Dante ritornò a Forlì nel 1310, quando, approfittando della discesa di Arrigo VII di Lussemburgo, imperatore del Sacro Romano Impero, si adoperò per rendere concreto il sogno di un nuovo assetto politico dell’Italia centrale.

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