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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quando le bombe cancellarono Rimini dal Palazzo della Provincia

Il bombardamento aereo su Forlì del 25 agosto 1944 danneggiò gravemente anche il ciclo pittorico di Pompeo Randi raffigurante i più importanti eventi storici dei maggiori centri della Provincia di Forlì, ossia Cesena, Rimini e la stessa Forlì. Dell’affresco relativo a Rimini non è rimasta traccia

Scrive Antonio Mambelli nei suoi Diari: “Alle 9,16, quattro formazioni di ventitrè bombardieri in complessivo hanno sganciato numerose bombe sulla città, specie sul centro, con risultato di numerosi morti e di rovine immani”. Forlì fu letteralmente colpita al cuore: in piazza Saffi subirono danni il Palazzo delle Poste e la stessa basilica di San Mercuriale. Alla fine si contarono 75 civili e 9 militari morti (di cui 3 tedeschi), oltre a centinaia di feriti.

“Grosse bombe – continua il bibliotecario comunale - sono cadute in via delle Torri, una delle quali ha colpito in pieno la sede dell’Amministrazione provinciale, con precipitazione del tetto e la rovina dei saloni del consiglio e della biblioteca”. L’ex Palazzo della Provincia, oggi acquisito al patrimonio immobiliare del Comune, è fra i pochi esempi di “architettura risorgimentale” riconoscibili in città. Frutto di varie trasformazioni e riadattamenti (ha inglobato una casa torre e persino la chiesa medievale di San Carlo, in origine intitolata a San Tommaso Apostolo), deve la veste attuale alla necessità del nuovo governo espresso dalla casa regnante dei Savoia, di dotarsi, nel 1860, di una sede di rappresentanza in loco.

Il progettista, Giulio Zambianchi, è l’architetto che una ventina di anni prima aveva vinto, contro ogni pronostico, il concorso indetto dal Capitolo della Cattedrale per la ricostruzione della chiesa madre dei forlivesi. Zambianchi dette alla facciata dell’erigendo edificio istituzionale un assetto pratico, quasi commerciale. Nel dubbio, mai smentito dagli storici, che quel 25 agosto 1944 Forlì sia stata colpita per errore, le bombe alleate sfregiarono gravemente anche il ciclo pittorico di Pompeo Randi, costituito da tre scene alle pareti della sala della biblioteca, raffiguranti i più importanti avvenimenti storici dei maggiori centri dell’allora Provincia di Forlì: Cesena, Rimini e la stessa Forlì.

“Ottenuta l’ordinazione, mercè specialmente l’influenza prefettizia – scrive Giovanni Calletti - il Randi fu felicissimo, come quello a cui in patria aprivasi mezzo di dipingere fatti storici nazionali e sortire per alcun poco dagli argomenti religiosi in genere”. Siamo nel 1869 e l’artista forlivese, profeta in patria, può finalmente cimentarsi anche su tematiche laiche, dopo la consacrazione come pittore del “sacro” sortita dai grandi affreschi eseguiti in Cattedrale e nella chiesa cappuccina di Santa Maria del Fiore. Per quanto riguarda l’opera dedicata alla sua città d’origine, il Randi rappresentò “Guido da Montefeltro che riceve dagli anziani di Forlì l'ordine di combattere l'esercito di Martino IV”.

“L’affresco – scrive Silvia Arfelli nel libro Il Palazzo Ritrovato – celebra uno degli episodi più noti della storia forlivese, cui non erano estranei collegamenti con lo spirito del Risorgimento italiano: infatti Guido, capo del partito ghibellino in Romagna e Toscana, sconfisse a Forlì nel 1282 l’esercito angioino-papale che assediava la città, ostacolando così le mire sulla Romagna del pontefice. Quello della liberazione della patria dallo straniero fu un tema che il Randi sentì fortemente in prima persona, al punto che nel 1848 combatté come volontario nelle battaglie per la prima guerra di indipendenza, partecipando alla difesa di Vicenza, dove morì il fratello diciottenne Oreste”.

Mentre Guido da Montefeltro ascolta i saggi, “dalla bifora della finestra – annota l’indimenticabile Maria Cristina Gori nel volume monografico sul Randi edito nel 2002 dalla Cassa dei Risparmi di Forlì - si vede il campanile dell’abbazia di San Mercuriale, simbolo dell’orgoglio cittadino”. Stessa dinamica anche per l’affresco di oltre sette metri riguardante Cesena, intitolato “Malatesta Novello inaugura la Biblioteca Malatestiana”, in cui appare in tutta la sua evidenza la Rocca Malatestiana. Della terza espressione del trittico romagnolo, consistente nel “La Difesa di Rimini contro l’assedio dei Goti”, riportante sullo sfondo l’Arco di Augusto, non è rimasta traccia.

“I restauri del 1949-56 curati dall’ingegnere Domenico Gambi ed eseguiti dalla ditta Benini – riporta Gianluca Brusi, sempre ne Il Palazzo Ritrovato – hanno recuperato l’edificio, salvando il più possibile dei dipinti del Randi”. Nulla da fare per l’affresco relativo a Rimini (divenuta provincia a sé stante nel 1992), che nel dopoguerra è stato sostituito da una grande tempera su tela, che raffigura anch’essa la scena di una battaglia.

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