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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando riemerse dall’oblio il Ponte dei Morattini

E’ destino che i resti del Ponte dei Morattini, visibili sotto una lastra di vetro in corso Garibaldi, a poche decine di metri dalla chiesa della SS. Trinità, facciano discutere. Fra le sue sponde la sera del 27 agosto 1495 trovò la morte Giacomo Feo, cripto-marito di Caterina Sforza

E’ destino che i resti del Ponte dei Morattini, posti sotto una lastra di vetro in corso Garibaldi, a poche decine di metri dalla chiesa della SS. Trinità, facciano discutere. “Non è tollerabile – posta un utente su facebook - che uno dei monumenti simbolo della nostra città sia ridotto in queste condizioni. Chi volesse capire cosa ci sia lì sotto, non riesce a vedere a causa della patina di sporco e dei numerosi mozziconi che lo ricoprono. Perché non lo si pulisce?”.

“Il rettilineo iniziale di Borgo Schiavonia - riporta Giuliano Missirini nella sua Guida raccontata di Forlì – inciampa contro una curva a S che si fa diapason topografico per la città antica, ostinatamente schiva di effetti prospettici: è il lascito di un ponte romano, cancellato un cent’anni fa, tanto il fiume non ci passava sotto da tanto”. Volgendo lo sguardo a sinistra avremmo visto la chiesetta di San Bernardo dei Battuti Turchini, poi divenuta di Sant’Antonio Piccolo, che si trovava prima di Palazzo Manzoni. Precedentemente chiamato “Dei Brighieri”, il ponte dei Morattini prese il nome dall’omonima famiglia che possedeva un palazzo nelle vicinanze. “A valle della confluenza del Rabbi - ipotizza Pietro Zangheri nel 1927 – il fiume Montone presentava una triplice diramazione”. Quello che scorreva lungo l’attuale via dei Battuti Verdi e Lazzarini verso la Trinità, era definito il “ramo dei Morattini”. L’abitato romano si sarebbe così sviluppato sulle sue sponde.

“Ritornando al percorso delle acque dentro la città – scrive Gilberto Giorgetti nell’opera Borgo Schiavonia, dato alle stampe da Almanacco Editore nel 2007 - in questi ultimi anni il geologo Alberto Antoniazzi finalmente fa chiarezza e determina anche la consistenza del ramo principale del fiume, ovvero quello che lo Zangheri definisce dei Morattini: in realtà non si trattava del ramo principale del Montone, ma di un’importante canalizzazione romana”. Sempre Giorgetti ha ricostruito l’aspetto del Ponte dei Morattini, seguendo alla lettera le indicazioni dello storico Giovanni Casali: “E’ di un solo arco, guidato con bella simmetria e proporzione, e composto di grandi massi di marmo ordinario, uniti fra loro con molto artificio. Le fiancate o pile sono interrate, tanto che oggi serve ad uso cantina alla famiglia Galli, che lo possiede”. Mastro Pedrino, nelle sue Cronache forlivesi, racconta della tragica fine di Giacomo Feo, colpito a morte la sera del 27 agosto 1495 nelle adiacenze del Ponte dei Morattini. L’amante-stalliere di Caterina Sforza, fratello ventenne del castellano della Rocca di Ravaldino, sposato in gran segreto per non perdere la reggenza della città, fu ucciso in un agguato proprio fra quelle arcate, da tal GianAntonio Ghetti, di ritorno da una battuta di caccia.

“Una sera d’estate – scrive ancora Missirini – Caterina tornava in carretta dalla caccia con un po’ della sua famiglia e un po’ di famigli. Le cavalcava accanto il cripto-coniuge Giacomo Feo, avvenentissimo giovinotto. Glielo uccisero malamente, appena la brigata ebbe superato il ponte”. La vendetta della Lady di Ferro fu terrificante: da un lato agì con mano pesante mettendo a morte quanti riteneva collegati ad una vera e propria congiura, dall'altro volle onorare la memoria dell'amato dandogli sepoltura nella chiesa di San Girolamo in San Biagio. Della celeberrima cappella Feo, decorata da Marco Palmezzano su cartoni di Melozzo degli Ambrogi, restano solo le foto scattate dallo Studio Alinari nel 1938 in occasione del quinto centenario della nascita del Melozzo. Tutto è andato perso nel bombardamento aereo tedesco del 10 dicembre 1944. L’ultima menzione del Ponte dei Morattini nelle cronache forlivesi risale alla seconda metà dell’800, quando si decise di livellarlo per i gravi problemi arrecati al traffico veicolare. Quello che resta del manufatto è riemerso nell’estate 1997, durante degli scavi per la posa delle nuove fognature in corso Garibaldi. E’ auspicabile che la lastra di vetro, opportunamente installata dall’Amministrazione comunale del tempo in risposta alla grande attenzione suscitata dal ritrovamento, sia ripulita in modo da restituire a forlivesi e turisti la vista del lato est del ponte sopravvissuto alla demolizione. 

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