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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Quel passaggio sotterraneo che collega il Corpus Domini all’Addolorata

Le due chiese gemelle con campanile a cupola verderamata, sono unite da un passaggio sotterraneo che attraversa la stretta ma trafficata via Maroncelli, già strada dei Cavalieri

Per tanti forlivesi di una certa età è semplicemente la chiesina di don Raggi. La fama del luogo di culto di via Piero Maroncelli, già Strada dei Cavalieri, dedicato alla Beata Vergine Addolorata, rimane ancorata a don Faliero Raggi, il sacerdote che l’ha officiata sino alla scomparsa, nel 1972. A lungo dopo la morte, nel presbiterio è rimasto allestito un grande presepe artistico, realizzato con statuine in legno fatte intagliare ad Ortisei.

Per oltre un ventennio e fino al 14 settembre 2019, giorno della Messa solenne di beatificazione di Benedetta Bianchi Porro, celebrata nel Duomo di Forlì, la chiesina è stata utilizzata dall’associazione “Amici di Benedetta” per mercatini d’oggettistica finalizzati all’autofinanziamento. Consacrata nel 1795 dal vescovo di Forlì monsignor Mercuriale Prati, la chiesa dell’Addolorata appartiene alle Clarisse del Corpus Domini, monache di clausura fedeli alla Bolla di riforma di papa Urbano V del 2 settembre 1788. Le religiose dimorano nell’attiguo monastero di piazza Ordelaffi, dominato dalla sagoma della chiesa del Corpus Domini, gemella dell’Addolorata. Sull’altare centrale dell’edificio coevo, posto in via Maroncelli, era visibile una “Deposizione” del bolognese Gaetano Gandolfi, ora conservata nel convento.

L’Addolorata custodiva un’altra opera di pregio, una tavoletta attribuita a Vitale da Bologna, oggi esposta nei Musei San Domenico. Da una chiesina all’altra, il passo è breve: i due templi, pressoché identici grazie ai rispettivi campanili a cupola verderamata, sono uniti da un passaggio sotterraneo che attraversa la stretta ma trafficata via Maroncelli. Ne parlano il Casadei nella sua Guida di Forlì e Dintorni, Giuliano Missirini nella Guida Raccontata di Forlì e infine don Franco Zaghini in La Palma dell’ex Gesuita. “Perché le monache potessero usufruire con comodo anche di quella chiesa e dei locali annessi – scrive lo storico - fu scavato, sotto la strada, un tunnel che mette in comunicazione i due fabbricati”.

Accanto all’Addolorata, al pianterreno dell’edificio, laddove oggi c’è un ristorante, operava il noviziato del monastero. “Il piano superiore – continua don Zaghini - contiene uno splendido oratorio ricco di decorazioni e di pitture di buon livello”. Quegli spazi sono concessi ai gruppi ecclesiali che ne fanno richiesta per le proprie attività e, un paio di giorni la settimana, all’esorcista diocesano padre Marco Causarano. Chiaramente, la chiesa del Corpus Domini è molto più appariscente e operativa rispetto alla “sorella” Addolorata.

Nonostante la crisi di vocazioni religiose, un presidio di sette suore clarisse continua a svolgere il suo prezioso servizio d’intercessione. Il complesso architettonico del Corpus Domini sorge sull'area un tempo occupata dalla dimora degli Ordelaffi, signori della città fino all’avvento di Girolamo Riario e Caterina Sforza, nella seconda metà del XV secolo. Nel medioevo divenne sede della congregazione dei Battuti Neri, dediti al pietoso seppellimento dei condannati a morte, degli stranieri e degli assassinati.

Nel 1571 vi si insediarono le Convertite di Santa Maria Maddalena, poi rifondate, a partire dal 1762, da padre Andrea Michelini, gesuita di grande levatura culturale e spirituale, inviato a Forlì da Bologna nel 1755. In seguito al disastroso terremoto del 1781, il più grave a memoria d’uomo nella storia della città di San Mercuriale, il religioso s’interessò a sue spese della ricostruzione del monastero, arricchendolo in perfetto stile neoclassico.

Durante l’invasione giacobina, nel 1797, padre Andrea, che non era più gesuita a causa della soppressione del suo ordine disposta da papa Clemente XIV, dimostrò “nero su bianco” ai francesi di essere il proprietario del Corpus Domini: questo gli consentì di salvare il complesso dalla spoliazione di beni e opere d’arte, come invece accaduto a quasi tutte le altre istituzioni ecclesiastiche cittadine.

Se la chiesa del Corpus Domini rimane punto di riferimento indispensabile per i fedeli del centro storico, per l’adorazione eucaristica e i numerosi momenti di preghiera proposti dalle suore, per l’Addolorata persiste l’inutilizzo. Le monache del Corpus Domini, in accordo con la Diocesi, starebbero pensando di restituirla al culto e comunque all’uso collettivo, magari dopo un adeguato restauro funzionale, che la riporti ai fasti d’un tempo. 

137_ChiesinaAddolorata2-2137_ChiesinaAddolorata3_CorpusDomini-foto PaoloMonti (1971)-2

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