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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando Palazzo Braschi ospitava l’Opera Nazionale Balilla

Sono almeno due le aste pubbliche andate in scena sinora per la vendita giudiziale di Palazzo Braschi. Neanche la diminuzione del prezzo base, pressoché dimezzato rispetto all’esordio, ha avuto effetto: entrambi gli incanti sono andati deserti. Questo significa uno slittamento ulteriore della rinascita del grande edificio di Via dei Mille, per decenni al centro della dinamica politica forlivese.

Sono almeno due le aste pubbliche andate in scena sinora per la vendita giudiziale di Palazzo Braschi, già Benzi e prima ancora Guarini, meglio conosciuto come il Palazzo della Dc. Si è partiti due anni fa dall’importo di 2 milioni 752mila e 500 euro, ma neanche la diminuzione del prezzo base, pressoché dimezzato rispetto all’esordio, ha avuto effetto: entrambi gli incanti sono andati deserti. Questo significa uno slittamento ulteriore della rinascita del grande edificio di Via dei Mille, per decenni al centro della dinamica politica forlivese.

Lo stato di inerzia perdura dal 2005, l’anno in cui la Società Soldini & Associati acquisì il palazzo dall’allora “Immobiliare Roma”, incaricata di liquidare il cospicuo patrimonio edilizio dell'ex Balena Bianca. La grave crisi economico-finanziaria che ha colpito l’Italia, ha messo al tappeto il settore del mattone e con quello l’immobiliare acquirente e il suo disegno di rivitalizzazione dell’ex Casa della Diccì. All’interno, nonostante il decennio abbondante di oblio, il gigante addormentato (ben 3mila metri quadrati di superficie destinati a uffici e terziario) pare godere buona salute. Nell’atrio d’ingresso campeggia ancora lo scudo crociato a neon “Libertas”.

Salendo lo scalone di accesso al piano nobile, si notano sulla parete di fondo i segni dell’opera di Francesco Olivucci “Il Balilla”, coperta per “damnatio memoriae” nel dopoguerra (sperando un domani di poterle recuperare). Ma è appena giunti al grande salone a doppio volume, che pare ancora di sentire le grida dei giocatori di marafone del Circolo Libertas e le musiche della leggendaria discoteca “LB 79”, che impazzò in quell’ambiente negli anni ’70. Ogni serata era a tema: i frenetici martedì danzanti, i tomboloni del venerdì sera, il cinema dei ragazzi la domenica pomeriggio, seguito dai ballerini con tanto di scuola di “liscio”. Sempre per rimanere nel salone, assolutamente integri compaiono le grottesche, i fregi e gli affreschi settecenteschi dipinti da Giovanni Marchetti sulla volta. Nelle stanze adiacenti, appesi alle pareti ci sono ancora bacheche e annunci del Cdu, ultima derivazione della scomparsa Dc. Spoglia ma intatta appare anche la palestra, sorta nel 1933 su disegno di Cesare Valle come parte integrante della nuova sede dell'Opera Nazionale Balilla. Rientrante nella logica dell’amministrazione fascista, tesa a riutilizzare le vecchie sedi nobiliari per le esigenze dei nuovi istituti, l’allora palazzo Benzi fu restaurato per essere destinato a sede del Comitato provinciale dell’ONB.

“E’ una scuola per l’educazione spirituale e culturale – si legge sul “Popolo di Romagna” del 20 ottobre 1927 - munita di due grandi sale per conferenze, di una sana e ricca biblioteca, di una macchina per proiezioni, di una sala per scrittura e doposcuola […] una scuola professionale e tecnica, munita di tutti gli attrezzi moderni per le varie lavorazioni, porterà la gioventù alla conoscenza e allo studio degli impianti telegrafici, telefonici e radiofonici […] una grande palestra scoperta, una sala per la scherma, una sala per il tiro, gli apparecchi necessari per l’allenamento al remo e tutti gli attrezzi regolamentari per la ginnastica e l’atletica”. In definitiva, il “nuovo” Palazzo Benzi si proponeva come un luogo di formazione completa della gioventù forlivese.

Il 28 ottobre 1933 fu inaugurata la palestra femminile: “Indubbiamente una delle più grandi della regione – riporta con toni di esaltazione il “Popolo di Romagna” – la struttura è costruita all’interno della corte della Casa dell’ONB […] la luce viene attraverso 18 grandiosi finestroni”. Nel secondo dopoguerra continuò ad essere punto di riferimento obbligato, accanto alla palestra di Campustrino della “Forti e Liberi”, per studenti e residenti del centro storico che volessero esercitare una qualsivoglia attività sportiva. Nell’immaginario collettivo, Palazzo Braschi, dal nome del parlamentare democristiano Giovanni che negli anni Cinquanta lo ripulì a sue spese dai segni fascisti, è stato e rimarrà indelebilmente legato all’ex “Balena Bianca” e ai suoi esponenti più importanti del territorio.

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