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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando l’Arena Melozzo proiettava film graditi al Vaticano

A Forlì ci sono luoghi carichi di storia, che devono ancora essere riscoperti come meritano: è il caso dell’Arena Melozzo

A Forlì ci sono luoghi carichi di storia, che devono ancora essere riscoperti come meritano: è il caso dell’Arena Melozzo. Ne parla incidentalmente Maria Cristina Gori nel volume “La Pittura della finzione – Architettura e decorazione a Forlì nei luoghi dello spettacolo tra ‘800 e ‘900”, edito dal Comune di Forlì. L’indimenticabile storica dell’arte, prematuramente scomparsa nel 2006, ricorda che “questa arena (dal latino ‘arena’= cosparsa di sabbia), inaugurata nel 1947, venne chiusa al pubblico nel 1978”. Le pagine del libro relativo al quartiere Schiavonia, sono ancora tutte da riempire con memorie ed emozioni di chi ha vissuto quegli anni. “Consideri – testimonia Lieto Zambelli, classe 1937, insegnante elementare in congedo e autore di numerose pubblicazioni storiche su Forlì e la Romagna, a cominciare dal celeberrimo “Usfadè’” scritto con Salvatore Gioiello – che era tipico delle parrocchie forlivesi, nell’immediato dopoguerra, ricavare luoghi per ‘ricreare’ le persone con oratori, sale per il cinema o il teatro”.

Foto storiche dell'Arena Melozzo

Dalla Santissima Trinità ai Cappuccinini e a Santa Maria del Fiore, per passare dai Romiti a San Martino in Villafranca e Vecchiazzano, senza dimenticare la celeberrima sala San Luigi, al centro dell’attenzione degli educatori cristiani c’erano chiaramente i giovani: occorreva formarli e dare loro speranza di un mondo migliore, passando, perché no?, dalla recitazione. “Sono nato e cresciuto in via Morattini a Schiavonia - ricorda Zambelli – quartiere centralissimo ma non certo di chiara fama. Molti dei coetanei con cui frequentavo la Trinità venivano da realtà abitative assai difficili, tipo le case popolari di via del Portonaccio, sorte durante il ventennio fascista e intitolate a Costanzo Ciano (padre del ministro degli esteri Galeazzo), o lo stesso Casermone di corso Garibaldi. L’allora parroco don Secondo Poni provò a coinvolgere i giovani con le proiezioni domenicali”. L’Arena Melozzo sorse nel grande spiazzo interno alla parrocchia, soppiantando nei mesi estivi il campo di calcio. “Per noi ragazzetti – continua l’ex insegnante – non fu subito accetta l’imposizione di un’arena con un centinaio di sedie al posto del nostro campetto”. Don Poni dapprima fece erigere un muro di piccole dimensioni, lato via della Ripa, su cui proiettare le pellicole, per poi predisporre una superficie più ampia con l’avvento del “cinemascope”. L’Arena funzionava nella stagione buona da maggio a settembre: “Prima ancora di posizionare le sedie, il parroco si doveva preoccupare di ripulire lo schermo per le proiezioni dalle nostre pallonate”. I film che venivano proposti alla Trinità e nei cinema-teatro parrocchiali cittadini, non erano certo da première: “Si trattava di pellicole a basso costo e che avevano superato il vaglio degli appositi censori vaticani: questa rendeva difficile l’approdo sul nostro schermo di film con interpreti di grido”.

Zambelli ricorda un paio di titoli: “Il vetturale del Moncenisio” del 1954 e “La cieca di Sorrento” del 1953 con Anna Magnani. Per poter godere della saga di don Camillo e Peppone, avviata nel 1951, Zambelli e C. dovettero andare in altri cinema del centro pagando il giusto biglietto. La parrocchia era un’ambiente altamente protetto, tipico di un periodo di grandi contrasti politico-ideologici. Alla Trinità, pressoché coeva all’arena (siamo nei primi anni Cinquanta) era sorto anche il cinema-teatro chiuso, realizzato in uno spicchio di terreno donato alla Trinità dalla famiglia Manzoni. “Per poter realizzare il teatrino - sorride Zambelli – bisognava liberare l’area dai ruderi di una serra da giardino ormai cadente. Dopo averci radunati tutti, don Poni ci sventolò davanti agli occhi una banconota da 1000 lire, con l’aggiunta che sarebbe divenuta nostra se avessimo svolto noi il lavoro di demolizione. In quattro e quattr’otto l’area fu libera”. Nel 2011 il mitico Teatrino della Trinità è divenuto Sala Melozzo, al termine dei lavori di recupero finanziati dalla Comunità parrocchiale Trinità-Schiavonia, con un contributo della Fondazione Cassa dei Risparmi di Forlì, su progetto di Roberto Angelini, titolare dello Studio di architettura ARP.

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