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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Aroldo Soffritti: la storia del pilota forlivese asso dell’aviazione, nel ricordo della figlia Ariella

Grazie alle ricerche di Ariella Soffritti riemerge la vicenda del padre Aroldo, aviatore pluridecorato nel corso del secondo conflitto mondiale. I terribili ricordi dei campi di prigionia inglesi. Aroldo Soffritti era il secondogenito di Amedeo, fondatore della Soffritti S.p.A., la società forlivese per anni ai vertici dell’autotrasporto europeo

Ai forlivesi del terzo millennio, il marchio Soffritti dice poco o nulla. Eppure, per quasi cinquant’anni e sino al 1976, la Società Soffritti S.p.A. è stata ai vertici dell’autotrasporto europeo. Fondata il 30 marzo 1931 a Forlì da Amedeo Soffritti e Marco Antolini Ossi, l’azienda ha raggiunto il culmine a metà degli anni Cinquanta, con sede amministrativa a Milano e basi in Belgio, Olanda e persino Inghilterra. Della vicenda della società forlivese con sede operativa in viale Matteotti, presso la storica Villa Gori Zattini (cancellata nel 1955 dal primo “grattacielo” cittadino), si è già scritto (https://www.forlitoday.it/blog/forli-ieri-e-oggi/forli-quando-soffritti-autotrasportava-in-tutta-europa.html). Adesso occorre approfondire la figura di Aroldo Soffritti, secondogenito di Amedeo e vero e proprio asso dell’aviazione durante il secondo conflitto mondiale.

“Papà - racconta la figlia Ariella - nasce a Bondeno il 5 aprile 1913 e fin da giovanissimo lavora nell’azienda internazionale di autotrasporti condotta dal nonno Amedeo”. Il primo approccio di Aroldo con il volo avviene alla scuola di pilotaggio di Milano - Taliedo, che il 22 novembre 1933 gli frutta il brevetto civile di 2° grado. Chiamato alle armi, consegue il “patentino” militare nel 1934 alla Scuola Centrale di Grottaglie. Dal 21 novembre al 17 dicembre 1934 frequenta la Scuola di Caccia di Aviano, dove segue anche un corso sperimentale di alta acrobazia. Dal 2 gennaio al 19 settembre 1935 è in forza alla 77° Squadriglia, XIII Gruppo, 2° Stormo C.T. di stanza all’aeroporto Torino - Mirafiori. A fine settembre si trasferisce a Bengasi, in Libia, all’epoca colonia italiana, con la 93° Squadriglia, VIII Gruppo. Congedato dal servizio, diventa agente dell’Alfa Romeo per le province di Forlì e Ravenna. Richiamato in servizio nel 1937 a Gorizia, ha occasione di volare in pattuglia col Duca Amedeo D’Aosta, comandante della Divisione Aerea “Aquila” prima di divenire viceré d’Etiopia, a novembre. Il 23 marzo 1940 il pilota forlivese parte per l’Africa Orientale Italiana (A.O.I.) e qui lo coglie la dichiarazione di guerra di Benito Mussolini (10 giugno).

Per un breve periodo resta presso la Squadriglia di Stato Maggiore del Settore Ovest (Addis Abeba, Etiopia), per poi essere trasferito nelle fila della 412° Squadriglia Autonoma Caccia Terrestre di stanza a Massaua (Eritrea), equipaggiata con biplani Fiat C.R.42 Falco: si trattava di un’unità d’élite al comando del capitano Antonio Raffi, che vedeva tra le sue file i futuri assi Mario Visintini, Luigi Baron e Carlo Canella. Consegue la sua prima vittoria il 2 gennaio 1941 a spese di un ricognitore Westland Lysander del No. 237 Squadron, abbattuto nei pressi di Tole. Nel corso della battaglia di Cheren abbatte un caccia Hurricane del No. 1 Squadron della South African Air Force il 19 marzo e un bombardiere Bristol Blenheim il giorno 25. “Secondo il suo libretto di volo - precisa Ariella - in sei mesi di guerra affronta 23 combattimenti aerei, rivendicando 8 vittorie individuali confermate, una in collaborazione, altre 6 vittorie probabili e 11 velivoli distrutti al suolo”.

Alla fine sarà decorato con 2 medaglie d’argento al valor militare, di cui la prima acquisita direttamente sul campo: “Superba espressione di eroismo italiano, cielo di Agordat, 9 febbraio 1941”, recita la motivazione. All’attivo vanta circa 600 ore di volo, quasi tutte su caccia. Il 6 aprile 1941, inseguendo un Hurricane dopo un combattimento, rimane senza carburante, ma riesce ad atterrare nel deserto della Dancalia senza danneggiare il suo C.R.32, che viene recuperato. Ricoverato nell’ospedale di Dessiè, alla caduta della città (26 aprile) viene catturato dalle truppe sudafricane. In mano ai britannici cadono anche 52 cannoni, 236 mitragliatrici e 240 camion. Durante la prigionia, l’aviatore Soffritti, recluso in vari campi in Kenya e Tanzania, contrae la malaria e l’amebiasi, che lo segneranno per il resto dell’esistenza.

Il 3 marzo 1942 sogna il Duca d’Aosta (che aveva rifiutato il rimpatrio in Italia offertogli dagli inglesi) nel giorno della sua morte: l’ex vicerè gli predice il ritorno a casa e poi svanisce per sempre. Dalle ricerche di Ariella, che ha integrato i ricordi del padre, emerge un quadro di sofferenza durante i lunghi anni di prigionia, veramente indicibile: “Dopo i transiti nei campi di Burguret, Kanuiki e Mayvasa - scrive Bruno Fini, testimone di quei fatti - giungemmo ad Andarugu in Kenya, dove c’erano circa diecimila prigionieri italiani. In quel campo non era possibile vivere per mancanza di viveri: un gavettino di caffelatte al mattino, brodo di lenticchie a mezzogiorno e brodo di ceci la sera con un piccolo panino (…) Alloggiavamo in baracche di tela di juta incatramata, sopra brandine a castello fatte con pali di bambù e rete di corda, ma durante la notte non si riusciva a dormire a causa dell’invasione di pidocchi, pulci e scarafaggi”.

Il giornalista Douglas Kiereini, sul Business Daily del 15 ottobre 2015, senza citare la fonte riporta le quantità settimanali di cibo distribuito ai prigionieri di Andarugu: “1.2 kg di carne, 0.220 kg di prosciutto, 2.3 kg di pane, 4,53 kg di margarina, più verdure, formaggio, dolci e caffè. Niente male - è il suo commento – immagino che gli incentivi per fuggire fossero piuttosto ridotti”. Al rientro in Italia il 9 aprile 1946, Soffritti trova lavoro come impiegato in una ditta di distribuzione cinematografica e come rappresentante di lubrificanti presso la British Petroleum. Continua a volare presso l’Aereo Club di Forlì, partecipando anche a delle gare (il 23 maggio 1954 vince il 1° premio assoluto) e, una volta trasferitosi a Milano, al Campo Volo di Bresso. Il maresciallo aviatore di 3° classe Aroldo Soffritti “ha spiccato il volo più alto” il 18 febbraio 1977 a Milano, dove riposa nella tomba di famiglia al Cimitero Maggiore. 

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