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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando alla Filanda Maiani nacque il primo asilo nido forlivese

Nell’avvilente scenario dell’archeologia industriale forlivese, caratterizzato da distruzioni e “tabulae rasae” sistematiche, la Filanda Maiani spicca per essere arrivata al terzo millennio cristiano praticamente intatta

Nell’avvilente scenario dell’archeologia industriale forlivese caratterizzato da distruzioni e “tabulae rasae” sistematiche, la filanda Maiani spicca per essere arrivata nel terzo millennio cristiano praticamente intatta. “Il setificio – scrive Giancarlo Gatta nella pagina Facebook “Studio di Architettura Nerodichina” - è un esempio di come sia stato possibile utilizzarlo, senza demolirlo, visto che al suo interno si sono insediate diverse attività e, dettaglio non secondario, ha anche mantenuto la sua ciminiera (giacché in pratica tutte le altre presenti nello skyline forlivese sono state abbattute o brutalmente capitozzate). A ciò si aggiunge che, anche solo esternamente, si può ancora cogliere l’interessante architettura che compositivamente è caratterizzata da particolari proporzioni essendo un edificio molto lungo e stretto, ma anche alto, con ampie finestrature ad arco che ne scandiscono ritmicamente le facciate.

Il mattone che costituisce la struttura muraria, mantenuto faccia a vista, lo caratterizza in modo particolare anche perché ottimamente conservato”. La cosiddetta Filanda “nuova” fu fondata da Giulio Panzeri nel 1898. Ai primi del ‘900, sotto l’egida dei nuovi proprietari Bonacossa di Vigevano, occupava circa 200 operai. Nel 1918 l’industriale forlivese Napoleone Maiani rilevò l’impianto fino a rinnovarlo completamente, aggiungendo macchinari e creando nuovi reparti. A metà degli anni ’20, con una superficie di 9.000 mq. di cui 3.000 mq. coperti dai fabbricati, era uno dei più grandi setifici d’Italia. Nei saloni della filatura, posta su due piani, vi erano 240 bacinelle destinate alla lavorazione dei bozzoli, in grado di dare lavoro per tutto l’anno a circa 600 persone. Maiani era molto attento alle condizioni di lavoro: ventilatori in estate e aerotermi d’inverno contribuivano ad abbattere il vapore prodotto dall’acqua in ebollizione delle numerose bacinelle, mantenendo gli ambienti della filatura salubri e arieggiati. Il vero primato della filanda Maiani è di aver creato al proprio interno, prima ancora dell’industria Orsi Mangelli, il primo asilo nido forlivese destinato ai figli degli operai, che per la quasi totalità erano donne.

L’iniziativa, riconducibile allo stesso Maiani in accordo col Fascio Femminile, è datata 1° marzo 1923: il nido permetteva alle operaie, per due volte al giorno durante l’orario di lavoro, di allattare i propri figli. “La stanza adibita allo scopo – si legge nella Monografia Industriale di Ettore Casadei, stampata nel 1926 - era ampia e con larghe finestre da cui entrano abbondantemente luce e sole, mentre d’inverno, per la generosità del proprietario Sig. Cav. Napoleone Maiani, viene convenientemente riscaldato dal termosifone. Esso contiene una ventina di culle circa, allineate alle pareti, ricoperte di lenzuolini sempre lindi e puliti: ivi i piccini riposano e dormono nell’attesa dei pasti quotidiani. Tre donne, fra cui una sorvegliante, hanno cura amorosa dei piccini, mentre quattro signore del Fascio Femminile, fungono da Ispettrici del Nido, e due medici sono pronti a curarli al più piccolo disturbo fisico (…) Il “nido” è costato finora annualmente L. 6500; è finanziato dal Cav. Maiani Napoleone, proprietario della Filanda, per L. 200 mensili, dal Comune per L. 500 annue e dalla Congregazione di Carità per L. 500. Il resto è versato in quote mensili dal Fascio Femminile stesso”. Maiani, che nel 1925 era stato insignito del titolo di Cavaliere del Lavoro, nel 1929 dovette dichiarare fallimento a causa della grave crisi internazionale in atto. Rimane la grande filanda, oggi adibita a molteplici attività e inserita nel catalogo del patrimonio culturale dell’IBC (Istituto per i beni artistici, culturali e naturali) dell’Emilia Romagna. 

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