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Forlì ieri e oggi

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A cura di Piero Ghetti

Quando l’oratorio del Melozzo era un deposito di vernici

L’Oratorio di San Sebastiano, a due passi dal complesso museale del San Domenico, è forse l’edificio forlivese che meglio esprime la cultura tecnico-artistica del genio rinascimentale, nato a Forlì nel 1438

Non c’è Melozzo che tenga dietro l’iconoclastia napoleonica. L’Oratorio di San Sebastiano, a due passi dal complesso museale del San Domenico, è forse l’edificio forlivese che meglio esprime la cultura tecnico-artistica del genio rinascimentale nato nel 1438 sotto il segno di San Mercuriale. Sorse su modello di Pace Bombace (1440-1500), architetto e “ricamadore” appartenuto alla “brigada del Melozzo”: il progettista, autore nel 1490 anche della cupola della Cappella del Santissimo Sacramento costituente la navata destra della Cattedrale di Forlì, elaborò un modello architettonico che, come rivela il cronista Novacula e conferma lo stesso testamento di Pace, cominciò a concretizzarsi nel 1500. I lavori si conclusero nell’aprile 1502, due anni dopo la scomparsa del Bombace. A testimoniarlo è un’iscrizione posta nella volta absidale: “Io Ieronimo de Ginoco fece fare adi primo d’aprilo 1502”.

“San Sebastiano – scrivono Gabriele Zelli e Marco Viroli nella prefazione del testo con la storia del restauro dell’edificio, edito dai Lions Club Forlì Host nel 1972 e ripubblicato nel 2017 - fu realizzato in laterizio con uno stile rinascimentale di tipo brunelleschiano e albertiano; presenta una pianta a croce greca, con un atrio coperto da una cupola. Il corpo centrale doveva essere coronato da una cupola, che però non fu mai realizzata. L’aspetto interno è caratterizzato dalla dicromia dell’intonaco chiaro e delle decorazioni in cotto che si sovrappongono agli elementi strutturali. La bellissima ornamentazione plastica è stata attribuita all’architetto ravennate Bernardino Guiritti. E’ qui visibile in parte la struttura gotica preesistente, che ha determinato uno sfalsamento dell’ingresso rispetto al corpo centrale, con un incastro irregolare del tamburo di coronamento. All’interno si conservano lacerti di una decorazione affrescata”. Prima della trasformazione rinascimentale del Bombace ispirato dal Melozzo, l’edificio fu sede della confraternita dei Battuti Bianchi ma anche degli ortolani.

Un manoscritto conservato nella Biblioteca Comunale, datato 1797, ci descrive in modo dettagliato l'ambiente interno prima della soppressione napoleonica, quando ancora vi si diceva messa: “Entrando in chiesa vedesi l'Apparizione di Maria dipinta dal Marchetti. Segue nella vicina Cappella il quadro rappresentante l'Apparizione di Cristo alla Maddalena. All'altare maggiore si ha il quadro del Modigliani, che rappresenta una Beata Vergine Addolorata con San Sebastiano ed altro Santo; Evvi pure un piccolo quadretto di una Beata Vergine dipinto in legno. Succedono altri due altari, in uno dei quali esiste un Crocifisso, e nell'altro un San Sebastiano Martire, ambedue di fattura di ignoti autori”. Con la Restaurazione del 1815 generata dal Congresso di Vienna, l’oratorio ritornò ad essere officiato. Il 28 marzo 1860, lo Stato italiano divenuto unitario sotto egida della casa regnante dei Savoia, gli dette il colpo di grazia chiudendolo definitivamente al culto e adattandolo a magazzino del fieno. Successivamente divenne un'officina meccanica e da ultimo (siamo già nella seconda metà del Novecento) un deposito di vernici.

Nel 1968, “per lascito ereditario di Righini Bruno o Giordano Bruno, nato a Forlì il 14 giugno 1889, residente in Corso Garibaldi 18, agricoltore”, l’oratorio giunse in proprietà dell'Amministrazione comunale di Forlì. “Il suo recupero architettonico – scrivono ancora Zelli e Viroli - fu fortemente sostenuto dal Lions Club Forlì Host quando nel 1972 ne propose il restauro, perché era in condizioni miserevoli per il prolungato abbandono. Il monumento fu inserito nei programmi triennali di restauro redatti dalla Soprintendenza per i beni ambientali e architettonici di Ravenna. Pervenuti i necessari finanziamenti dal Ministero per i beni culturali e ambientali, i lavori iniziarono nel 1978 protraendosi fino al 1982, per un costo complessivo di 45 milioni di lire”. Tra la fine del 1985 e l'inizio del 1986, grazie all’impegno di Zelli all’epoca assessore alla cultura del Comune di Forlì, San Sebastiano è stato dotato anche di un moderno impianto di riscaldamento a pavimento. Attualmente è adibito a sala per esposizioni d'arte.

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