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Forlì ieri e oggi

Forlì ieri e oggi

A cura di Piero Ghetti

Prima di divenire santo, Pellegrino era un acceso anticlericale

Alcune guarigioni miracolose per intercessione di Pellegrino Laziosi, il santo taumaturgo conosciuto in tutto il mondo, sono conclamate anche in età recente

A Forlì nel giorno di calendimaggio (1° del mese) si festeggia San Pellegrino. Alcune guarigioni miracolose per sua intercessione sono conclamate anche in età recente. E pensare che da giovane, il vivace Laziosi, nato nel 1265 circa da nobile famiglia, lungi dall’essere uno stinco di santo era addirittura anticlericale. O per dirla con aggettivi propri del suo tempo, ghibellino. Erano momenti di grande tensione e di lotta in campo aperto fra guelfi e ghibellini: la sua appartenenza a questi ultimi era convinta.

“Non un simbolo, ma un uomo ribollente di sdegno e di passione – scrive don Franco Zaghini nel 1996 – mistico e contemplativo, buono e caritatevole, sofferente e pio”. Talmente acceso contro la Chiesa nella sua dimensione temporale, che nel 1282 (l’anno del Sanguinoso Mucchio di dantesca memoria), durante la visita del frate servita San Filippo Benizi, mandato dal pontefice per riportare la pace in città, il futuro santo (unico forlivese issato sinora alla gloria degli altari) si scagliò contro il pulpito da cui l’emissario papale predicava, mollandogli pubblicamente due ceffoni. Due secondi dopo, Pellegrino, colpito dall’atteggiamento del Benizi che gli stava porgendo anche l’altra guancia perché “finisse il lavoro”, era già pentito del clamoroso gesto. Fu questo il momento di rottura nella vita del focoso ghibellino, che da quel momento iniziò un cammino di conversione, che lo condurrà a chiedere di entrare egli stesso nell’ordine dei Servi di Maria. Adottò uno stile di vita eccezionalmente austero, caratterizzato dall’isolamento e dal silenzio, nonché scandito dalla preghiera.

Tuttavia la coscienza gli rodeva ancora dentro: “I Laziosi – scrive mons. Adamo Pasini nel 1930 - non erano certo di cera santa neanche nel XV secolo, al punto che li incontriamo spesso in prigione, immischiati in sollevazioni contro il Governatore del 1433, che pure era vescovo e domenicano, e persino contro Antonio Ordelaffi nel 1436; e ne vediamo alcuni giustiziati con la pena di morte”. Al “nostro” Laziosi, che ebbe la fortuna di imbattersi in un sant’uomo come San Filippo Benizi, andò diversamente: “Si sottopone a una ferrea disciplina che lo porta di notte a dormire stando sempre in piedi o, al massimo, seduto”. A 40 anni il medico del convento servita forlivese, esistente nel sito attuale di Campostrino sin dal 1265, gli diagnostica un tumore osseo alla gamba destra e decide che bisogna procedere all'amputazione. “Di certo una vera tortura senza anestesia o calmanti del dolore! Un intervento pericolosissimo senza antibiotici! Ma il buon frate la notte prima dell'operazione si trascina davanti al crocefisso, nella sala del capitolo e trascorre lì tutta la notte in orazione. Presto cade in un sogno febbrile. E ha una visione: il Crocefisso si piega verso di lui, mette la mano sulla sua piaga e gli dice: «Alzati, sei guarito!».

Al mattino seguente Pellegrino si sveglia fresco, come rinato, senza più febbre, né tumore, né dolore alcuno. Si sente guarito. La visione notturna è divenuta realtà”. In occasione dell'esame compiuto nel 1959 delle sue ossa-reliquie, si è accertato che il tumore osseo si è a un certo punto fermato. Infatti morì ottuagenario, considerato un santo guaritore ancora in vita. La Chiesa lo venera come patrono degli ammalati di tumore e di quanti soffrono dolori cronici ai piedi e alle gambe. Alla sua Forlì, in cui visse sino al 1345, Pellegrino Laziosi non ha lasciato solo una fiera ambulante dominata dai venditori di cedri. A 714 anni dall’approvazione pontificia della regola dei Servi di Maria, è più che mai viva la fama del taumaturgo forlivese, molto conosciuto anche in Polonia, Spagna, Irlanda, Francia, Brasile, Stati Uniti, Baviera, nel sud Tirolo (Pietralba), in Austria e persino nelle Filippine. Il corpo del santo è venerato nella basilica forlivese a lui dedicata dal 1345 e dunque assai prima del 1609, l’anno in cui fu dichiarato beato da papa Paolo V.

La definitiva canonizzazione risale al 1726 per opera di un altro pontefice, Benedetto XIII. Il primo e il terzo mercoledì di ogni mese, alle 17, presso la grande chiesa di piazza Morgagni, risalente nella veste attuale ai rifacimenti operati fra il XVII e il XVIII secolo, si svolge un’intensa liturgia coinvolgente gli infermi e i rispettivi familiari. A condurla sono i tre frati filippini a cui l’Ordine dei Servi di Maria, proprietario del complesso, ha affidato l’intera chiesa di San Pellegrino: padre Roger Cabillo, superiore, padre Javier Dominador e padre Arcelo Jumen. 

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