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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

1798: la Patrona in silenzio

Dal poco conosciuto Settecento forlivese una proposta per la Madonna del Fuoco: lumini alle finestre del Municipio

Un anno fa, la festa della Madonna del Fuoco era uno degli ultimi giorni di libertà spensierata pre-pandemia. Quest'anno si prevedono inevitabili restrizioni; che almeno i forlivesi siano solerti nell'accendere i lumini alle finestre! Tornando indietro nel tempo, ci si può imbattere in un altro 4 febbraio sotto tono: era il 1798. 

“Si è celebrata la solita festa della b.a V.e del Fuoco, ma non con la medesima solennità. Poca, anzi, la sola musica della capella, eccetto, che un sol soprano di più. La sera della vigilia non vi fu la solita macchina, come ne tre giorni avanti non si videro al palazzo pubblico i lumini nelle fenestre. Oggi è stata la prima volta, che il cittadino nostro vescovo Mercuriale Prati ha fatto pontificale senza baldachino sul trono, come da Milano venne l'ordine. Non v'intervennero i membri della municipalità, ne a primi vesperi, ne alla messa, come ne ai secondi vesperi, mentre hanno tutti i corpi legislativi, e rappresentanti di non portarsi in corpo a nessuna funzione di chiesa, come ne anche dare nessun segno esterno per feste e cose spirituali. Bella cosa! Povera religione!”

La narrazione amara e sarcastica del cronista, oltre ad assecondare il pensiero dominante dando del “cittadino” al vescovo, potrebbe però suggerire un'idea per il presente: sarebbe bello vedere i lumini rossi alle finestre del Municipio! Chissà che qualcuno del Palazzo legga e ascolti. Il 4 febbraio 1798 apriva il secondo anno d'occupazione francese, le conseguenze, specialmente per il clero e per i cattolici, furono pesantissime. Solo un anno più tardi qualcuno alzerà la testa alla don Camillo. Così, infatti, si scrive per il 3 febbraio 1799:
“Secondo il solito a tutte le case di Forlì questa sera sonosi veduti i lumi accesi correndo la vigilia della b. Vergine del Fuoco, come anche sulla Torre, e campanile di S. Mercuriale, ed hanno suonato la Torre, ad onta d'una legge che vieta ogni suono pubblico, e solenne per il culto. Il nostro vescovo Prati di anni 83 ha fatto pontificale”. 

La testimonianza è del forlivese don Francesco Cortini che, in un non troppo frequentato diario, raccoglie le sue impressioni del triennio rivoluzionario (1796-1799). In quegli anni, paradossalmente, vide la luce la “chiesina del Miracolo” in via Leone Cobelli grazie al gesuita Andrea Michelini. Fu proprio il 4 febbraio (del 1797) il giorno scelto da Napoleone per entrare in città alla testa delle truppe francesi, appuntamento scelto proprio per far colpo sui cittadini e sulle autorità, ricevute nelle stanze di palazzo Gaddi in corso Garibaldi. Poco più di venti giorni dopo, Forlì si sarebbe trovata nella Repubblica Cispadana. 

Il Settecento è un secolo che, per quanto riguarda Forlì, non scalda gli animi quanto dovrebbe. Eppure è il periodo in cui “la città di sempre” cessa gradualmente di esistere e prende forma la città moderna. Verrebbe da dire, purtroppo: dal momento che è proprio quel “di sempre” che i turisti cercano, e di cui certo non troppe testimonianze, qui, sussistono. A poco a poco si mette mano alle chiese che perdono le forme gotiche e, senza troppo amore per noi posteri, si atterrano quelle più significative (Sant'Agostino, San Francesco Grande...), si spogliano altre (San Giacomo...). In Duomo (che si presenta oggi nella veste Ottocentesca) si registra uno degli ultimi atti della Forlì antica: il compimento della decorazione della cupola della Madonna del Fuoco, opera di Carlo Cignani, raffigurante con somma maestria Maria Assunta in Cielo.

A cornice dell’Immagine fu posta, nel 1725, una tribuna di bronzo dorato ordinata dal cardinale Fabrizio Paulucci e lavorata da Giacomo Giardini. Napoleone e le frenesie giacobine sono ben al di là dal venire e sono gli anni in cui si codifica la Novena alla Madonna del Fuoco e il suo culto è ancora vissuto con le “macchine” di Secentesca memoria. Fu il secolo che vide sciamare una serie di terremoti importanti: il 3 settembre 1701 si ricorse pubblicamente, per questo, alla Beata Vergine. Il 12 maggio 1704 si verificò un'istanza di triduo per ottenere la pioggia, nel 1705 una domanda per impetrare il sereno e, nel 1706, ancora, la pioggia. Decenni dopo, il 7 marzo e il 28 maggio del 1782, Pio VI si fermerà a visitare la Madonna del Fuoco, mentre il 18 dicembre 1784 approverà l'Ufficio e la messa propria della Celeste patrona. 

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