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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

1943: un ottobre nero

Dopo l’8 settembre, Forlì è tedesca: frammenti di un’occupazione dolorosa

È un periodo, questo, che porta con sé la paura del virus che non sembra mollare la presa. Se torniamo al 1943, si presenta un ottobre dove l’angoscia avrebbe perdurato per un altro anno abbondante. Dal 12 settembre di quell’anno, infatti, Forlì è tedesca, affidata al feldmaresciallo Kesserling. Circa due settimane dopo si riunirà il primo consiglio dei ministri della Repubblica Sociale Italiana all’interno della Rocca delle Caminate. Il tutto in un clima di negozi chiusi, coprifuoco, razionamenti, silenzio d’assedio, delazioni, controllo militare, vessazioni e condanne a morte, paura da guerra in casa, passaggio di carri armati e cannoni, soldati tedeschi ovunque, specialmente allocati presso il Foro Boario e l’Asilo Santarelli. 

Come se non bastasse, in quei giorni si registrava uno strano fenomeno. È del 15 ottobre, infatti, l’avviso bilingue del Standortkommandartur di Forlì (già il nome fa venire i brividi), nel quale si leggeva: “La requisizione di biciclette da parte di militari tedeschi isolati è vietata; in caso di necessità solo il Comando presidio tedesco provvederà alla requisizione rilasciando regolari buoni”. Si piomba così in “una specie di Ottocento forzato”, come spiega Antonio Mambelli nel suo “Diario degli avvenimenti in Forlì e Romagna dal 1939 al 1945”, in quanto verranno sequestrati veicoli, specialmente automezzi. Così i civili saranno costretti a “un ritorno all’antico in fatto di trasporti: giardiniere, calessi, corriere postali a cavallo di servizio fra l’uno e l’altro paese”. 

I furbi trovano spazio se il comando della milizia avverte che “continuano da parte di perturbatori dell’ordine pubblico e malintenzionati, abusivi atti di sequestro di automezzi, gomme, materiale vario. Poiché tali ruberie vengono commesse approfittando di una uniforme, che gli autori di tali furti indossano arbitrariamente, e per fare cadere discredito sulla milizia”. Pertanto “si mettono in guardia i cittadini e si invitano a collaborare segnalando tempestivamente gli atti illeciti cui vengono sottoposti”. Il 16 ottobre, si segnalano inoltre “denunce anonime” ricevute più volte dal comando tedesco di Forlì, “mediante le quali una sporca gente l’informa”. Infatti, precisa Mambelli: “Giorni fa venuto a conoscenza che il conte Ossi Antolini, proprietario di terre e di autorimesse, aveva occultato due automobili presso un suo contadino in Branzolino di nome Mazzoni, inviava colà due soldati a rilevarle. Presentatisi costoro con le pistole in pugno senza proferire una parola comprensibile, determinavano lo spavento della numerosa famiglia; abbandonatisi quindi a prepotenze finivano con cacciare a pugni e a calci gli uomini fra le alte grida delle donne e con mettere a soqquadro la casa. Rinvenute le macchine senza i copertoni montavano maggiormente in bestia e fatto ritorno in Forlì per ricercare il proprietario, in assenza di questi facevano salire con essi l’amministratore Flamigni per chiedergli spiegazioni”. Così, tornando sul posto, si udirono spari: si diffuse la paura ma erano solo colpi ai radiatori. Quindi: “Fatto risalire in macchina il Flamigni, mentre erano in corsa lo spingevano fuori nei pressi di Filetto, per cui il disgraziato finiva in un fosso. Troppo tardi era intervenuto il parroco don Livio Casadio, benché gli stessi sacerdoti nulla possano, in rumore di un’altra automobile di passaggio lungo la strada. Sporta denuncia al comandante la piazza, costui, fumandosela beatamente, risolveva tutto con un sorriso”. 

Per raccontare il clima di quel mese, si riportano alcuni stralci di qualche episodio citato dal suddetto Diario. Per il 18 ottobre, Mambelli riporta che, nel mercato del lunedì: “Una sola bancarella di cianfrusaglie ho notato, in malinconica rappresentanza delle centinaia che, nel passato, riempivano ogni angolo”. 20 ottobre: “Noto che sono ormai pochissimi ad uscire dalle case; vedo uomini affacciati alla finestra: una fumata, poi a letto”. Il giorno successivo: “Si dice che sei tedeschi sono stati fucilati alle Casermette, perché sorpresi a dir male di Hitler” e “nella camera mortuaria al Monumentale sono state viste alcune casse grezze, senza segno di sorta; l’ispettore del cimitero non riceve il nome dei giustiziati”. Inoltre: “Sono trasferiti alle nostre carceri trentun ribelli catturati dai tedeschi nel Pesarese, sembra su denuncia d’un traditore cui era stata promessa l’impunità”. Vari allarmi il 23 ottobre: “Poco prima dell’ultimo segnale s’è udito un forte rumore di apparecchi, tanto forte da sembrare un treno che scorresse sopra le case, quindi il passaggio dei velivoli si è rinnovato alcune volte mettendo sul serio spavento”. Il giorno 25: “I tedeschi accrescono le esigenze ed impongono ai contadini di ceder loro uova e pollame, sia pure pagando”. Il 30: “Due fioristi che si erano recati a ritirare alla stazione garofani e crisantemi, caricatili sul carretto si avviavano alle loro case; giunti nei pressi delle Officine di Forlì un soldato tedesco alquanto brillo, fermava i due malcapitati e gridando parole incomprensibili si distendeva sul carretto rovinando i fiori, forse pretendendo che li portassero al quartiere”. 
 

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