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Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

C'è una gondola a Schiavonia!

Una gran folla visse l'entusiasmo del primo carnevale dei ragazzi di Forlì, nel febbraio del 1954. A vincere - si può dire – fu la storia della città

“Aveva un bavero color zafferano”: risuonava questo motivetto, fresco di Sanremo, con gli strumenti della banda musicale di San Lorenzo in Venatis alle 15 di domenica 28 febbraio 1954. La Porta di Schiavonia era abbracciata da una folla euforica, scaldata da (usando un linguaggio allora in uso e oggi proibito) “un balletto di negri e negre comandati dal Re di Carnevale e dai comicissimi Stanlio e Ollio” che suscitavano “allegre e scoppiettanti risa fra tutti gli astanti”. Cosa sta capitando a Forlì? È la cronaca del primo carnevale dei ragazzi, stralciata da un paginone de “il Nuovo Momento”. La rappresentazione si scoprirà “grande e ben riuscita” ancorché “dopo decine e decine d'anni stavan per essere riprese, forti delle migliori tradizioni forlivesi, le manifestazioni pubbliche carnevalesche”. Con una clamorosa variazione: “Il Corso Mascherato dei Ragazzi”. Infatti, “Sì, erano tutti ragazzi, figli di quella immensa folla che si era addensata su tutto il percorso, quelli che sfilavano in costume e maschera, quelli che, con l'aiuto dei grandi, avevano preparato i carri allegorici, e che con le loro simpatiche trovate avevano trascorso e fatto trascorrere a tutti tre ore di vera e sana allegria!”. 

Fulcri dell'evento partecipatissimo erano corso Garibaldi, piazza Saffi, corso della Repubblica, via Giorgina Saffi e piazza XX Settembre, che si videro solcati da macchine improbabili e magnifiche (definite dal cronista “opere d'arte”) un po' come nel Seicento forlivese. E in effetti colpisce che, nella rappresentazione carnascialesca, non si sia dimenticata la gloriosa storia di Forlì, attingendo a episodi o a personaggi che ancora oggi potrebbero meritare più popolarità. Per il resto si capisce benissimo l'estetica e il semplice desiderio di divertirsi degli anni Cinquanta, tra rovine della guerra ancora ben in vista ma con tanta voglia di ricominciare a sganasciarsi. Un così grande brulicare di ragazzi chiassosi e festosi adesso è rara avis per il centro di Forlì, anzi, si direbbe che è da un pezzo che non si ripetono cose tanto calorose e rumorose, al traino di giovincelli in pantaloni corti. 

I ragazzi, aggregati per parrocchie e centri educativi, pensarono a tutto, certo, con l'aiuto degli adulti, ma il colpo d'occhio doveva essere commovente. Il carro vincente, il decimo a svelarsi, fu proposto dalla parrocchia della SS. Trinità: aveva come tema il forlivesissimo “Pestapevar”. Così lo descrive il cronista: “Un carro di grandi dimensioni, raffigurava la tradizionale scena dell'antica spezieria forlivese. Sullo sfondo di un grande arco con gli emblemi della città, un gigantesco pestatore ogni tanto agitava il suo pestello, mentre sul banco di fronte, gli speziali preparavano ricette e distribuivano con abbondanza salutari dosi di coriandoli alla popolazione”. Lo si può scorgere nell'immagine. Il primo carro ad aprire la sfilata era dedicato a “Caterina Sforza Signora di Forlì” per conto della parrocchia di Santa Maria del Fiore: “La castellana forlivese all'alto del suo maniero passava tra la sua gente e con la sua spada salutava tutti ad uno ad uno mentre preceduti da Giovanni dalle Bande Nere, i fidi soldati distribuivano dolciumi. Dall'alto una vecchia spingarda sparava ottime caramelle”. Una rivisitazione bonaria e non troppo filologica ma va benissimo così: magari adesso si vedessero cose del genere! La parrocchia di Schiavonia lanciò il suo “Carnevale di Venezia”: “Rappresentava una scena veneziana durante il classico carnevale d'altri tempi della città lagunare, completo di gondola, gondolieri, dame, cavalieri, stendardi, festoni e palloncini. Durante il percorso è stato fatto segno ripetutamente al lancio di caramelle in segno di simpatia”. Ecco, s'immagini una gondola solcare corso Garibaldi. 

Quindi fu la volta del più modesto “Paradiso dei bimbi” allestito dall'omonimo asilo infantile: “Una casetta con giardino pieni di bimbe e bimbi, assistiti amorevolmente da vigilanti maestre, mentre dall'altoparlante usciva a rallegrare la folla un allegro motivo”. Non poteva mancare l'esotismo e sarà benedetto dall'asilo dell'Istituto Santa Dorotea che “con l'allestimento del suo carro ha trasportato gli spettatori nel lontano oriente presentando un giardino caratteristico di quelle regioni, ornato di fiori, con fontane, suonatori di flauto, incantatori di serpenti e belle statue di carta”. Cosa venne in mente, invece, alla parrocchia della Pianta? “Aveva costruito un autentico cavallo di Troia di dimensioni al naturale, con tanto di corte di Priamo, bella Elena e relativo seguito di guerrieri piumati che trainavano con grosse funi il cavallo ingannatore”. Suggestioni dal Mondo Nuovo grazie all'Oratorio Salesiano che aveva puntato tutto su un carro a tema “Accampamento indiano”: “Al centro spiccava un bel totem dai vivaci colori, circondato da tanti indiani piumati e tatuati in modo da sembrare veri, intenti parte a battere il tam-tam, parte a cuocere l'uomo bianco, oppure fumando il kalumet della pace ai piedi di una tenda multicolore”. Si citano, in seguito “i carri allestiti dai Meldolesi, preceduti dal loro stendardo e scortato da paggetti e tamburini”, in particolare quello intitolato “Al paese dei balocchi”: “Trainato da sei infiorati ciuchetti autentici, un carro pieno di vocianti scolaretti, sventolanti vari cartelli a base di abbasso la gramatica e diretti al paese della cuccagna” e un altro curato dal Centro sportivo di Meldola capace di destare “il vivo interesse del pubblico che applaudiva i suoi beniamini nella coppia Gino-Fausto e nei pugili con relativo manager, sempre in movimento”. Infine, sempre dal Bidente, arrivava “Biancaneve col Principe Azzurro”, e seguito di “vispi 7 nani”. 

Dopo la già citata “macchina del Pestapevar” era la volta di una “Scena infernale” allestita dalla parrocchia di San Mercuriale: “Un rosso diavolo armato di tridente dall'alto di una scena di fumanti caverne, veramente infernali, dominava attorno a sé con lo sguardo fiero e facendo rabbrividire la folla coi suoi ululati. Ai suoi piedi uno stuolo di diavoletti attizzava le fiamme”. Il timore di qualche anima fragile sarebbe stato vinto dalla successiva “macchina della Ditta Mingozzi” con distribuzione di caramelle “Cappuccetto rosso” alla folla. L'anonimo recensore, in seguito, non omette di ricordare alcune “belle maschere presentatesi individualmente alla giuria”, come “Tarzan (D'Alesio – San Mercuriale), Cinese (Norcini – Ravaldino), Cow – boy (Bazzocchi – Santa Lucia)”, tutte premiate. Fra i numerosi gruppi camuffati furono scelti: “Il bruco (Santa Lucia), Gita turistica (San Mercuriale), Don Abbondio, Renzo e Lucia (Cappuccinini)”.

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