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Venerdì, 29 Marzo 2024
Il Foro di Livio

Il Foro di Livio

A cura di Umberto Pasqui

Dalla Liguria, una rosa giunse a Forlì

Girolamo Riario, primo marito di Caterina Sforza, fu un personaggio controverso e oggi poco conosciuto. Cos'ha fatto per meritarsi l'oblio?

Nello stemma dei Riario campeggia una rosa, una rosa che fiorirà in Romagna nella seconda metà del Quattrocento sebbene sia stata ben presto ingoiata dal biscione degli Sforza. Chi era Girolamo Riario e perché, se di lui qualche memoria è rimasta, è quasi esclusivamente per il fatto che fu il primo marito di Caterina Sforza? Certo, la sua sposa non certo timida ha oscurato la sua fama e quella della sua discendenza. Oggi, per esempio, esiste un "piazzale Riario": nome roboante per uno slargo con qualche pino tra via della Rocca e via Camillo Versari. Poca cosa. Un luogo che poteva ricordare il matrimonio troncato dalle lame della congiura era la chiesa di San Biagio, intitolata dal Quattrocento a San Girolamo e dove si svolge tutt'ora (nella sua veste postbellica) la "Fiera di Santa Caterina", onorando gli onomastici Riario-Sforza, e dove erano conservate preziose pitture di Melozzo e soci che raffiguravano esponenti della potente famiglia. Una bomba polverizzò tutto (si potrebbe tentare, come è accaduto nelle migliori città tedesche, una ricostruzione integrale della Cappella Feo, gioiello perduto per sempre a guerra ormai finita?). Quindi anche quel po' che rimaneva se n'è andato. Forse perché il savonese Girolamo non era molto simpatico ai forlivesi, e viceversa. Imparentato con i Della Rovere (suo zio era Papa Sisto IV), era nato nel 1443 per poi sposare Caterina, figlia del duca di Milano Galeazzo Maria e della sua amante Lucrezia Landriani. Se nel 1478 fu tra gli organizzatori, a Firenze, della congiura dei Pazzi, dieci anni dopo sarà vittima di una congiura in quel di Forlì. 

Che ci faceva in Romagna? Per i complessi ingranaggi della storia quattrocentesca, si trova a sostituire il governo Ordelaffi alla morte di Pino III nel 1480. Già ottenuta la signora di Imola, ebbe anche quella di Forlì. Come primo provvedimento, per accattivarsi i forlivesi più diffidenti, abolì tasse a destra e a manca. Tutto sommato (e di quel "tutto" si leggerà poi), non pare sia stato un uomo mediocre: è ricordata la sua umanità e benevolenza (da storici interessati?), si narrano i suoi tentativi di migliorare opere urbane. Ma, come detto, la sua fama è stata eclissata dalla giovane moglie che gli sopravvisse: ella divenne unica padrona della città in reggenza del giovane figlio Ottaviano Riario che di fatto, la storia non ha mai preso in seria considerazione. 

Un ritratto di Girolamo attribuito a Botticelli (nell'immagine) ci regala un di lui volto volitivo e molto vivo, intenso, ma forse intriso di paura perché sapeva che i forlivesi stavano tramando alle sue spalle. Figlio di un artigiano (calzolaio?), dovette la sua fortuna in quanto uno dei quindici nipoti di Sisto IV. Si tramanda che fosse poco colto, violento, non particolarmente intelligente. Da giovane era stato speziale, o scrivano. Tuttavia, grazie a meriti di sangue, fu nominato Capitano generale dell'esercito pontificio e Governatore di Castel Sant'Angelo. Ebbe altri incarichi presso la corte di Galeazzo Maria Sforza. Figlio del suo tempo, borioso e moralmente discutibile, fu al centro di matrimoni d'interesse: la prima candidata era Costanza Fogliani, undicenne appartenente alla schiatta dei Gonzaga. Girolamo pretendeva di consumare subito il matrimonio sicché la madre della sposina, in un moto di buon senso, ricusò l'unione. La scelta, quindi, cadde su un'altra bambina: Caterina Sforza, figlia naturale del duca di Milano, nata da una sua amante. Galeazzo Maria Sforza non si lasciò sfuggire l'occasione e regalò la decenne al Riario. Controversa è l'ipotesi se per la consumazione, il focoso trentenne Girolamo, abbia aspettato la cosiddetta "età legale" (per allora significava avere almeno quattordici anni). Nonostante la riprovevole combinazione, fu un matrimonio dove pare che l'amore fosse contemplato anche se la piccola sposa, con riservatezza, sentì affiorare più volte vergogna e disprezzo nei confronti del marito. Nel luglio del 1481 la coppia prenderà possesso di Forlì chiedendo fedeltà, permutandola con l'esenzione della tassa della pesa e della porta, Riario tolse anche dazi sul grano e su altro. In serata, balli e feste e per tutti, ma Caterina appariva come la più bella. Il nuovo signore di Forlì s'impegna a sostenere l'agricoltura, incoraggia il commercio, vuole pene più gravi contro gli usurai, ricostruisce opere difensive. Tutti i tentativi per ingraziarsi il popolo, però, non ottenero nulla: non si sentiva amato. Così un mese dopo s'insediò anche a Imola che favorì maggiormente perché fu accolto con meno diffidenza. Caterina, invece, a Imola aveva diversi nemici quindi, come la storia dimostra, preferiva Forlì. 

Lo zio Papa morì e Riario dovette ben presto rimangiarsi la parola battendo cassa. Il malcontento montò specialmente perché la sua iniziativa fiscale non risparmiava le famiglie più ricche né la nobiltà. Nel giro di pochi anni, quindi, furono orditi numerosi intrighi e congiure: nel 1487 un tentativo di rivolta fu sedato grazie a una soffiata che informò Caterina Sforza (la quale, con gli avversari politici, non era certo tenera). L'anno successivo, però, il colpo andò a segno: la trama della congiura era stata ordita dall'opulenta famiglia degli Orsi con l'appoggio degli Ordelaffi e nientemeno del Papa (Innocenzo VIII) nonché di Lorenzo de' Medici che ancora aveva il dente avvelenato per la congiura dei Pazzi. Insomma, l'uomo aveva attratto a sé gli strali dei forlivesi ricchi e poveri, e dei potenti non solo locali. 

Il 14 aprile 1488 Girolamo Riario, signore di Forlì, fu assassinato a pugnalate e defenestrato. Eppure, a quanto pare, un misterioso frate aveva consegnato a un contadino un libro di profezie: una di esse esplicitava la congiura imminente. Il Palazzo del potere (il Municipio odierno), fu messo a sacco mentre la moglie Caterina con i figli furono incarcerati. La giovane donna, astuta, riuscì a sfruttare la sua arguzia per riprendersi la Rocca di Ravaldino. Avvenne tutto così in fretta che i congiurati gioirono per due settimane: il 29 aprile (giorno di Santa Caterina da Siena), Caterina Sforza avocò a sé la reggenza della città per conto di suo figlio Ottaviano Riario. Così il vero signore fu Ottaviano Riario, allora bambino, ma la madre ingombrante seppe ben recitare il ruolo della Tigre di Forlì. La vendetta di Caterina contro i congiurati, come si sa, fu tremenda. 

Caterina, con Girolamo Riario, aveva avuto sei figli: Ottaviano (1479-1523), appunto, che esautorato da Cesare Borgia finirà la carriera come vescovo di Viterbo. Definito "grassoccio, molle e fiacco" o, in altre fonti, "straordinariamente obeso e grosso di cervello" venne iniziato con scarso successo al mestiere delle armi. Quando nacque, la madre aveva sedici anni. Quando morì il padre, il rampollo ne aveva nove. Formalmente Signore di Forlì e Imola, nonostante numerose proposte di matrimonio andate a vuoto, finì col fare il prelato altrove. Si scrive che ebbe ruolo attivo nella congiura contro il secondo marito della madre, quel Giacomo Feo che lo aveva preso pubblicamente a schiaffi. Per questo motivo, lui, signore-ragazzino di diritto, e il fratellastro Scipione furono messi in galera dalla madre Sforza. Poi nacque Cesare (1480-1540) che ricoprì l'incarico di arcivescovo di Pisa, quindi fu vescovo a Malaga. Bianca, nata nel 1481, promessa sposa a otto anni del quattrenne Astorre III Manfredi, signore di Faenza, convolerà a più giuste nozze nel 1503 con Troilo de' Rossi, marchese e conte di San Secondo. Giovanni Livio Riario, invece, morì a dodici anni nel 1496. Era nato certamente a Forlì come il fratello Galeazzo (1485-1557), il più intelligente della covata e quello che ebbe miglior carriera in varie corti italiane. Nel 1504 sposerà Maria della Rovere e la coppia ebbe quattro figli: Giulio, Giulia, Girolamo e Nicola. Risultò così l'unico a continuare la stirpe. L'ultimogenito della coppia Riario-Sforza fu Francesco, detto Sforzino, nato nel 1487 e morto nel 1546 quale vescovo di Lucca. Girolamo Riario nel 1464 aveva avuto, da donna sconosciuta, un ulteriore figlio: Scipione

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